Afghanistan, l’offensiva Usa continua e gli italiani non si tirano indietro

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Afghanistan, l’offensiva Usa continua e gli italiani non si tirano indietro

07 Luglio 2009

Dal G8 di Trieste, allargato ad Afghanistan, Pakistan e altri paesi dell’Asia centrale, è venuto un forte impegno per garantire uno svolgimento sicuro e corretto delle elezioni di agosto in Afghanistan. Tutti i convenuti si sono detti pronti a contribuire agli sforzi NATO ed ONU per non far fallire un appuntamento che Washington considera "l’evento dell’anno". Vedremo poi quello che succederà la prossima settimana all’Aquila, in quello che sarà G8 a tutti gli effetti. Per adesso, Obama è riuscito a strappare al presidente russo Medvedev un accordo sul transito di materiale e personale militare americano in Afghanistan attraverso la Russia, compresi 4.500 voli l’anno (e con un risparmio fino a 133 milioni di euro l’anno per gli americani).

Intanto la situazione sul campo vede le forze di ISAF e di Enduring Freedom all’offensiva su tutti i fronti per contrastare una guerriglia sempre più attiva, anche al di fuori dalle aree di tradizionale insediamento come l’est ed il sud. Giovedì scorso le forze americane hanno lanciato una grande offensiva nella parte meridionale della valle del fiume Hellmand, concentrata tra il capoluogo dell’omonima regione, Lashkar Gah, e il distretto caldo di Garnser, storiche roccaforti talebane. Nell’offensiva, tuttora in corso, sono coinvolti oltre 4.000 soldati americani, per la gran parte Marines, 650 uomini dell’ANA, 50 aerei ed un numero imprecisato di elicotteri. Secondo alcuni ufficiali sul terreno si tratterebbe della più grande operazione aerotrasportata mai compiuta dai Marines dopo la guerra del Vietnam.

Le manovre sono iniziate con una massiccia infiltrazione via elicottero di centinaia di colli di cuoio nel distretto di Nawa, 30 km a sud di Lashkar Gah, un’area dove finora le truppe di ISAF non si erano mai spinte. L’operazione ha il nome in codice di "Khanjar" (colpo di spada) e ciò che la rende "diversa" da quelle condotte nei mesi e negli anni scorsi, ha dichiarato sin dal suo avvio il generale Larry Nicholson, comandante del 2° MEB (Marines Expeditionary Brigade) e veterano dell’Iraq, "è la massiccia entità delle forze impiegate", ma anche "la velocità" dell’attacco ed il fatto che stavolta si punta a tenere le posizioni che verranno strappate ai talebani: "dove andremo, resteremo". Il riferimento è ad analoghe operazioni condotte in passato nella stessa area da britannici e canadesi che pur raggiungendo gli obiettivi e conquistando posizioni sotto il controllo dei talebani, non erano però in grado di assicurarne il mantenimento a causa molto spesso dell’insufficienza di truppe. Questa volta, grazie al surge deciso dal presidente Obama, che prevede lo schieramento di 8.000 soldati americani aggiuntivi proprio nella regione di Hellmand, le cose si spera possano andare diversamente. Dopo la prima facile avanzata, già dal secondo giorno hanno iniziato ad infuriare i combattimenti e si contano già i primi caduti anche tra le fila alleate. Impossibile avere un’idea delle perdite tra i ranghi della guerriglia.

Ma un altro settore dove da settimane sono in corso combattimenti su larga scala è la provincia d Baghdis, nella regione nord-occidentale dell’Afghanistan sotto comando italiano. Un’area dove la guerriglia ha aperto un nuovo fronte e nella quale dal 2007 la violenza è aumentata di ben il 263 per cento. Militari italiani della Folgore, soldati dei contingenti spagnolo e americano e soldati afgani sono impegnati da metà maggio a strappare alla guerriglia il controllo del distretto di Bala Murgab, nella provincia di Baghdis, al confine con il Turkmenistan. L’operazione si sta svolgendo in stretto coordinamento con un’offensiva portata avanti da forze del 209° Corpo afgano e militari del Regional Command North sotto comando tedesco convergente sul distretto confinante di Ghowrmach. In questi due distretti, Bala Murgahab e, appunto, Ghowrmach, la presenza talebana è fortissima e, di fatto, fino a questa primavera, erano gli stessi talebani a controllare il territorio dove avevano installato una sorta di Governatorato ombra retto dal Mullah Dastagir, ucciso poi in un raid aereo americano lo scorso febbraio, e sostituito, pare, dal suo vice Jamaloddin Mansoor.

Tra i comandanti talebani più influenti dell’area ci sono anche Abdul Rahman Haqqani, un uomo della vecchia guardia fino a poco tempo fa nascosto in Pakistan ed al tempo del Governo talebano governatore della vicina provincia di Ghor, che però pare non abbia buoni rapporti con Mansoor, esponente della fazione talebana più giovane e meno propensa a seguire le direttive della shura di Qetta. Nel solo distretto di Bala Murghab si contano oltre 74 basi talebane o riconducibili a elementi ostili. Qui è presente anche la FOB (Forward Operating Base) Colombus, dove attualmente opera la Task Force Alpha del 183° reggimento della Folgore assieme a militari americani e dell’ANA. Negli ultimi mesi la base è stata attaccata più volte dalle forze talebane, quasi ogni giorno, ma i nostri miliari hanno risposto sempre al fuoco ricorrendo in più occasioni anche ai mortai da 120 mm usati con ottimi risultati e, soprattutto, con eccellente precisione contro le postazioni nemiche.

Per gli italiani, quella attualmente in corso, è la più grande operazione militare dai tempi della Seconda Guerra mondiale. L’obiettivo è quello di riportare la sicurezza nel distretto di Bala Murghab, assicurare la libertà di movimento per le forze NATO e la sicurezza della principale via di comunicazione dell’area, denominata in codice Lithium. Anche in questo caso si punta a prendere il controllo del territorio e lasciarlo alle forze dell’ANA soltanto una volta tornate le condizioni di normalità. L’operazione, denominata operazione Murghab, vede il coinvolgimento di un battaglione di parà della Folgore, Task Force North, unità del genio e per le PSYOPS (Psycological Operations), elicotteri d’attacco Mangusta, tre in appoggio diretto alle operazioni e due in riserva, un velivolo non pilotato Predator per la ricognizione e due elicotteri da trasporto Chinook. All’offensiva prendono parte anche due battaglioni del 207° Corpo dell’ANA, guidati dai nostri OMLT (Operational Mentor and Liaison Team), uno squadrone di elicotteri Mi-17 dell’ANA, quattro compagnie della polizia afgana e due compagnie della polizia di frontiera. Il supporto dall’aria è garantito dagli aerei A-10 americani. Ma un ruolo importante in questo contesto lo svolgono anche i nostri Mangusta che mai come in questi mesi sono stati impegnati in operazioni di combattimento. I report parlano di decine e decine di missili Tow e di migliaia di colpi di cannone da 20 mm sparati contro le postazioni e gli assembramenti talebani. 

Finora nell’offensiva hanno perso la vita alcuni soldati afgani ed una decina di soldati italiani sono stati feriti ed alcuni veicoli Lince danneggiati. Di contro, le stime inducono a pensare che le perdite nelle fila degli insorti siano ben oltre le 100 unità.