Come il G8 ha condiviso “l’utopia” delle regole mondiali scritte daTremonti
10 Luglio 2009
Aldilà delle polemiche di questi ultimi giorni, lo scenario sobrio di una città sofferente come l’Aquila, dove si è tenuto il Summit del G-8, forse aiuterà ad avvicinare un po’ di più i grandi e potenti della terra alle moltitudini del mondo. Quelle moltitudini che grandi e potenti non sono e che in questa difficile fase della storia hanno un gran bisogno di essere ascoltate e messe al centro dell’attenzione. Anche i simboli sono importanti, ed ogni tanto la storia ci regala sorprese inaspettate.
Riguardo alla sostanza, mi pare che anche la centralità che è stata data al percorso che dovrebbe portare ad una serie di nuove Regole Globali da tutti condivise – su cui fondare un nuovo modello di sviluppo sostenibile per le generazioni future – sia un fatto importante. Non si tratta ovviamente dell’ultima puntata, ma di un’ulteriore “passaggio di boa” di un percorso che, dopo il Seminario di Villa Madama del 11-12 Giugno e del G-8 finanziario di Lecce, si avvia (con un sorprendente consenso generale) verso il G-20 di Pittsburgh, che avrà come tema centrale proprio quello dello “sviluppo sostenibile”. Aldilà dei diversi orientamenti politici di ciascuno di noi, come italiani, non possiamo non vivere con un certo orgoglio il fatto che una proposta tanto ambiziosa, quasi un “sogno ragionevolmente utopico”, sia nata da una iniziativa del Ministro del tesoro del nostro Paese. E non si tratta solo di parole, ma di un tentativo ben più profondo ed importante di ripensare e rifondare un nuovo mondo ed una nuova società globale dopo la crisi.
Qualche breve riflessione dunque – sul metodo e sulla sostanza – dei Global Legal Standards.
Riguardo al metodo vanno segnalati, in molta sintesi, i seguenti punti:
(1) Riportare il primato del “diritto” su quello del “economia”. Negli ultimi due decenni, infatti, anche in seguito al successo del paradigma teorico anglosassone della “law & economics”, si è andato via via privilegiando ciò che è “efficiente” su ciò che è “giusto”. L’esempio tipico – contenuto in un seminale saggio degli anni Cinquanta ad opera del giurista americano della Yale University Guido Calabresi – è il seguente. La premazia dell’economia dice: posteggio la mia automobile in divieto di sosta perché per me è più efficiente pagare la multa invece di perdere tempo per cercare un posteggio legale. La premazia del diritto dice invece: non posteggio in divieto di sosta semplicemente perché è vietato. Restituire egemonia al diritto (il giusto) sull’economia (l’efficiente) – e quindi il concetto che il diritto non è una tecnologia ma un sistema di valori – ci porta al secondo punto, ovvero,
(2) il diritto è lo strumento della politica, quindi la politica (che significa la sovranità dei popoli) fa le leggi che l’economia deve rispettare. Una inversione concettuale di non poco conto.
(3) E ancora, i grandi principi “costituzionali” possono possono essere globali ma il diritto è intimamente locale, un prodotto dei popoli. Tuttavia, i problemi della crisi sono globali e quindi hanno bisogno di soluzioni globali. La sfida è perciò quella di trovare soluzioni globali in grado di rispettare le differenti realtà (ed interessi) locali. L’indirizzo è rawlsiano e ricorda il “velo di ignoranza”: definiamo una serie di principi da tutti condivisi disegnati facendo tutti un passo indietro rispetto ai propri interessi particolari e lasciamo che ciascuno nel proprio ambito mantenga le proprie regole e culture locali (sempre a patto che vengano sempre e comunque rispettati i principi generali). Solo così riusciremo a realizzare un modello di società globale in grado di durare molto oltre la generazione nostra e dei nostri figli. Questo significa anche l’accettazione che la diversità e la pluralità è possibile, se inserite in un mondo di regole generali da tutti condivise. Anche perché dovrebbe ormai essere evidente a tutti che il futuro dovrà necessariamente essere plurale o sarà difficile che vi sarà un futuro.
Riguardo alla sostanza vanno invece sottolineati, sempre in sintesi, alcuni punti:
(1) L’uomo al centro (“People First”); quindi, l’economia (il mercato) al servizio della persona e non la persona al servizio dell’economia (e del mercato). Si apre così la strada per una concezione neo-umanista (etica) dell’economia, della società e del mondo che, oltretutto, trova importanti punti di incontro tra la concezione sociale dell’Enciclica del Papa (Caritas in Veritate) e le più avanzate concezioni secolari e progressiste del mondo laico, sia liberali che socialiste.
(2) La persona al centro implica una forte attenzione all’aspetto sociale e al sostegno dei più deboli. Si riconosce, quindi, che lo Stato Sociale (la solidarietà e la “carità”) è forse tra le più grandi invenzioni della nostra civiltà; esso va rafforzato e esportato nel resto del mondo. Secondo l’Enciclica del Papa chi esercita la carità è nella verità; per un laico, si potrebbe sostenere che chi esercita la solidarietà è nella verità (non perché è utile ma perché è giusto in senso kantiano).
(3) Riportare il baricentro sulla persona significa riportare al centro anche il rapporto tra “l’uomo e la natura”. Quindi la consapevolezza che se non imprimiamo una fortissima accelerazione alla questione ambientale tra un paio di generazioni non ci sarà più un pianeta vivibile per i nostri nipoti.
(4) Infine, la consapevolezza che viviamo tutti nello stesso pianeta. Non c’è altro posto dove andare, siano tutti interconnessi e interdipendenti, e quindi dobbiamo trovare un accordo su come mantenerlo in vita. Come in un condominio, senza regole generali fortemente condivise e da tutti rispettate, il rischio (quasi una certezza) è la distruzione prossima futura del condominio-mondo.
Questi, in breve solo alcuni dei molti spunti che si colgono dalla lettura dei documenti dei Global Legal Standards. Ovviamente a questi si affiancano le nuove regole per i mercati finanziari che sono fondamentali e accessorie alle nuove regole per lo sviluppo globale. Quello dei Legal Global Standards, tuttavia, non è solo un tentativo di affrontare la crisi mondiale con nuove e giuste regole per la finanza. É qualcosa di più. É un progetto culturale per il futuro del mondo, un tentativo di ripensare le relazioni umane, i nostri affanni, i valori, il nostro rapporto con il prossimo vicino e con il prossimo lontano, con il nostro prossimo uguale e con quello diverso, ma soprattuto il nostro rapporto con la natura. L’uomo è artefice del rischio di una catastrofe ambientale. Solo l’uomo può evitarla. Ciò significa un importante cambiamento culturale, negli stili di vita di ciascuno di noi e, insieme, un grande impegno comune scientifico, tecnologico ed etico a favore di un sviluppo sostenibile e di lungo periodo.
In questa luce, credo, che la riflessione culturale e politica contenuta in questa iniziativa abbia anche un valore didattico. Di questi temi si dovrebbe incominciare a riflettere nelle scuole, nelle università, nei circoli culturali e sul posto di lavoro. Per facilitare questo percorso vorrei segnalare tre documento da cui cominciare: il Rapporto OCSE-MEF (base documentale del G-8); il Rapporto indipendente dell’International University College di Torino (preparato per l’incontro di Villa Madama e ora disponibile sul sito del Global Jurist dell’Università di Berkeley), e l’Enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate. Buona lettura!