Obama messo alle strette dalle previsioni su un debito stellare
28 Agosto 2009
Mentre Barack Obama si avvicina a chiudere il suo primo anno da presidente Usa, il New York Times lancia un allarme. Il deficit del paese, nell’arco di dieci anni, salirà da 7 a 9 trilioni di dollari. E questo, unito ai problemi che l’amministrazione Obama ha incontrato in questi primi 8 mesi di presidenza, rischiano di lasciare ai posteri un’immagine ben differente di quella proposta dal ex senatore dell’Illinois.
Partito con le migliori intenzioni, Obama sta faticando a trovare la soluzione dei problemi che ha iniziato ad affrontare dopo il suo giuramento. Primo fra tutti la crisi dei mutui subprime. E’ chiaro che il sistema deve ancora scontare buona parte del marcio delle cartolarizzazioni selvagge. Lo dimostrano le proroghe che l’amministrazione e la Federal Reserve hanno fornito ai programmi di sostegno del mercato finanziario. Ma lo dimostrano anche i fallimenti bancari che continuano a succedersi, come se non vi fossero mai state iniezioni di liquidità nel sistema. Inoltre, la riconferma di Ben Bernanke al vertice della Fed si può tradurre come una continuità coi metodi di contrasto alla crisi, non certo immuni da critiche. Si, perché i detrattori (ma anche i sostenitori, invero) hanno sempre allarmato Obama dall’utilizzo della spesa pubblica per salvare un mondo che si era autodistrutto nel più classico dei modi. E così è stato: a forza di trilioni di dollari (non milioni, non miliardi) l’America ha ridato fiducia a chi non solo non ne aveva più, ma non aveva nemmeno più le forze per andare avanti. Ma non solo i subprime sono un problema per Obama.
La riforma della sanità, uno dei suoi capisaldi durante la campagna elettorale, sta incontrando l’ostracismo delle lobby farmaceutiche, ampiamente radicate nel Congresso. Dopo un parziale accordo nello scorso aprile con Big Pharma, Obama si è però di nuovo arenato. Il presidente Usa ha sempre ricordato che «spendiamo per la sanità più di qualsiasi altra nazione sulla faccia della terra e nonostante ciò ci sono 46 milioni di americani che non hanno alcun tipo di assicurazione medica. Non è possibile continuare così». Quindi, al grido di «un’assicurazione sanitaria per tutti», Obama sta cercando di portare avanti il suo progetto. Riguardo ai costi, nessuno cita dati precisi, ma si ipotizza che tutto l’impianto di riduzione delle spese mediche possa costare circa 2 mila miliardi di dollari. E per arrivare a questo, l’amministrazione Obama sta promettendo mari e monti ai cittadini. Nonostante la bontà dell’operazione, sono in molti a chiedersi quali saranno le ripercussioni sulla spesa pubblica, gravata anche da un’altra questione.
Infatti, il fronte bellico rischia di tramutarsi nella tomba dei consensi di Obama. In Afghanistan il presidente Usa ha deciso di iniziare un’offensiva senza precedenti, inviando risorse, soldati, mezzi per la lotta al terrorismo. Ma con quali risultati? Magri, rispetto alle aspettative. E questo fattore non è andato giù ai cittadini statunitensi, dopo una campagna elettorale incentrata sul risparmio e sull’abbandono graduale dei versanti di guerra. E se dall’Iraq sono tornati molti soldati, in Afghanistan si continua a combattere e a spendere.
Il dato che più preoccupa però non è tanto il deficit, quanto il debito complessivo degli Usa, che nel 2019 sarà pari a 17,5 trilioni di dollari. Una cifra che è destinata a crescere se non si porrà un freno all’utilizzo della spesa pubblica come veicolo trainante dell’economia. I risultati di tale approccio, di stampo keynesiano, li abbiamo osservati in ogni modo possibile, riconoscendo la loro inefficacia. Eppure, sono gli stessi uffici del Tesoro di Obama che ricordano come deficit e debito dell’America saliranno a livelli mai sperimentati prima.
E nonostante le rassicurazioni fornite dal segretario al Tesoro, Timothy Geithner, gli americani cominciano a spazientirsi. Perché dopo i subprime, dopo la sanità e dopo l’Afghanistan, si stanno chiedendo quale sarà la prima mossa giusta di Obama. Parola del Washington Post.