I Placebo alla luce del sole

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I Placebo alla luce del sole

20 Giugno 2009





Brian Molko e Stefan Olsdal hanno frequentato tutti e due la American Internationl School in Lussemburgo, ma non si sono mai incontrati in quel posto. Invece nel 1994, mentre si trovava davanti alla stazione della metro di South Kensigton a Londra, Molko ha notato il basso sulle spalle di Olsdal e lo ha invitato nel Pub dove suonava. Evidentemente il futuro frontman dei "Placebo" deve essere stato convincente, perchè Olsdal ha deciso di fondare con lui una band.

Un cantante e un bassista, però, non sono sufficenti, allora i due si mettono a cercare un buon batterista. La scelta cade su Robert Schultzberg anche perchè Steve Hewitt, con cui registrano le prime demo, era già in parola con i Breed. In un primo momento i tre decidono di darsi come nome “Ashtray Heart” (Cuore di Posacenere) ma poi diventano i Placebo. In molti li definiscono una specie di versione glamour dei Nirvana, in realtà, oltre al gruppo di Cobain, Molko e suoi si rifanno anche a formazioni come i Pixies, i Sonic Youth, i Depeche Mode o gli Smashing Pumpkins.

Di sicuro Brian Molko, cantante e compositore nato in Belgio nel 1972, ha avuto un’infanzia alienante e difficile, come ammette lui stesso. Ma il suo essere fieramente bisessuale non lo ha portato a nascondersi, anzi. Nonostante l’ambiente serioso in cui è cresciuto (suo padre era un banchiere) è riuscito a imporre la sua volontà e a farsi un vanto del suo aspetto effeminato. Per lui smalto sulle unghie, rimmel e fondo tinta sono all’ordine del giorno. D’altronde i suoi begli occhi azzurri e l’incarnato così pallido non lo rendono certo quello che si definisce un macho latino. Anche il bassista svedese Stefan Olsdal si fa vanto del suo essere omosessuale (è sposato con uno spagnolo e lo dichiara senza vergogna). I testi dei Placebo sono spesso orientati a tematiche interpersonali con i rapporti amorosi in primo piano.

Il primo album, Placebo, risale al 1996. Vende molto in Inghilterra e include una decina di tracce tra cui “Come Home”, “Teenage Angst”, “36 Degrees”, “Nancy Boy” e “Bruise Pristine”. Sono tutte canzoni molto ben fatte, in cui rivivono echi grunge e glam-rock. L’album raggiunge la quinta posizione della chart britannica e vende tanto anche in Francia, che è un po’ la loro seconda patria. Se la prima fatica discografica può essere senz’altro definita positivamente, lo stesso non si può dire delle dinamiche interne alla band. Con Schultzberg, infatti, iniziano quasi subito gli screzi. Lo stesso Molko ammette che “perfino la mattina, io e Robert non potevano stare insieme nella stessa stanza senza diventare violenti”.

Il cambio di formazione è quindi forzato e, insieme al batterista (torna Steve Hewitt), si cambia anche casa discografica. È la Virgin che produce il secondo album: Without You I am Nothing (1998). È di nuovo un grande successo in Inghilterra e, dopo che MTV manda in onda il primo fantastico singolo “Pure Morning” e la altrettanto stupenda “Every You and Every Me”, la band sbarca anche negli States. I successivi singoli, però, non sono altrettanto orecchiabili i Placebo dovranno aspettare ancora per il successo in America. In questo album ascoltate pure, “You Don’t Care About Us”e “Burger Queen”, oltre alla traccia che dà il titolo al disco.

Con il loro terzo lavoro, Black Market Music del 2000, si aggiunge anche un pizzico di Hip-Hop e qualche spruzzata di Disco Music. L’album è dedicato alla memoria dello scomparso produttore di Duluth, Minnesota (la città natale di Bob Dylan), Scott Piering. Qui c’è da ascoltare “Taste in Men”, “Special K”, “Black-Eyed”, “Blue American”, “Slave To The Wage” e “Peeping Tom”. Poi tocca a Sleeping With Ghosts (2003) un disco sui fantasmi del passato, fatti di ex-amanti che rivivono nella mente di Molko, che dichiarerà: scrivere queste canzoni è stato come aprirsi una vena e far sgorgare via il sangue per mostrare il dolore ai fan.

Bullet Proof Cupid”, “English Summer Rain”, “This Picture”, “Sleeping With Ghosts”, “The Bitter End”, “Special Needs” e “Protège Moi”, sono tutte canzoni da ascoltare attentamente. “Il titolo dell’album parla di portare con sé i fantasmi delle relazioni passate; qualche volta un odore, una situazione o un dettaglio di un vestito che qualcuno si compra fanno rivivere queste persone dentro di te. Per me invece riguarda la relazione che si ha con le proprie memorie”.

Tre anni dopo l’uscita del loro quarto album, arriva il momento di “Meds” (2005) al quale collaborano anche Michael Stipe dei R.E.M. e la cantante americana Alison Mosshart dei The Kills. Qui vale la pena ascoltarsi la title track, “Infra-Red”, “Follow The Cops Back Home”, “Because I Want You”, “Pierrot The Clown”, “In The Cold Light Of Morning” e “Song To Say Goodbye”. Nel 2006 si cambia ancora una volta label, dalla Virgin i Placebo passano alla Astralwerks e, come qualche anno prima, anche batterista: se ne va uno Steve (Hewitt) e al suo posto ne arriva un altro: Forrest.

Secondo lo stesso Molko, “stare in una band è molto simile ad avere una relazione o a stare in una coppia, in questo caso un trio, le persone possono prendere strade differenti nel corso degli anni. Dire che non ami più il tuo partner è un’inesattezza, soprattutto considerando tutto quello che si è passato insieme e i traguardi raggiunti. È solo che a un certo punto arriva il momento in cui realizzi che vuoi cose differenti dalla stessa relazione e che, per così dire, non puoi più vivere sotto lo stesso tetto”.

Per i Placebo, invece, arriva il momento del nuovo album Battle For The Sun, il sesto in studio della band. Questo disco include tredici canzoni tra cui, “Ashtray Heart”, “Devil in the Details”, “Bright Lights”, “Speak in Tongues”, “The Never-Ending Why”, “Happy You’re Gone”, “Breathe Underwater” e “Kings of Medicine”e, ovviamente anche “Battle For The Sun”. Il disco è stato accolto con entusiasmo da molte testate specialistiche. Parla di come sia possibile uscire dal buoi e combattere per la luce, il sole. “Abbiamo fatto un disco riguardo allo scegliere la vita, uscire fuori dalle tenebre alla luce. Questo non significa che uno debba dare le spalle alle tenebre perchè loro sono lì, fanno parte della tua vita, sono essenziali; invece il disco riguarda la scelta di stare sotto alla luce del sole”, la canzone favorita di Molko è “Speak in Tongues”.

Anche i Placebo, così come le tenebre, fanno parte della nostra vita. Magari a qualcuno non piacerà la sfrontatezza del loro frontman o la sua effeminatezza. O magari qualche trentenne che si è fatto una scorpacciata di punk-rock e grunge negli anni novanta, potrà non trovarli proprio originalissimi. Le canzoni di questa band, però, vanno sentite un po’ come si leggerebbe un libro di poesie libertine francesi: lo si tiene in un angolo della libreria per tirarlo fuori nel momento del bisogno.