L’America al voto: tempo di bilanci per Obama e il GOP
03 Novembre 2009
È tempo di scelte difficili per gli elettori americani che devono votare i nuovi governatori di Virginia e New Jersey, il sindaco di New York e il sostituto di John McHugh (recentemente promosso da Obama “Secretary of the Army”) nel ventitreesimo distretto dello Stato di NY. Sono tempi difficili soprattutto per il Presidente perché il sostegno popolare potrebbe venirgli a mancare proprio nel momento in cui ne avrebbe più bisogno. Non solo: anche all’interno del GOP si gioca una partita importante sul terreno delle scelte politiche future.
Visto che la rielezione di Michael Bloomberg è quasi scontata e la Virginia saldamente in mano al Repubblicano Robert McDonnel, l’attenzione dei media Usa è puntata soprattutto sul New Jersey, roccaforte dei “Donkeys”, e sulla disputa del distretto ventitrè, quello in cui il Democratico Bill Owens e il Repubblicano Doug Hoffman sono il lizza per il seggio lasciato vacante da McHugh. Qui il confronto è stato reso ancora più interessante dall’abbandono in extremis della Repubblicana moderata di origini italiane Dierdre “Dede” Scozzafava, che ha causato un vuoto politico attorno al quale i sondaggisti stanno ancora accapigliandosi. E sempre qui si "parrà la nobilitate" di Obama a un anno dalla sua romantica elezione, visto che i sondaggi lo danno in caduta libera e questo ballottaggio è definito da molti analisti come la cartina di tornasole in vista delle elezioni di medio termine del prossimo anno. Una sconfitta Democrat equivarrebbe a una prima bocciattura politica per l’Illinois Boy.
Vero è che il Presidente si è speso molto a favore del suo pupillo John S.Corzine e ha passato la giornata di domenica nel New Jersey a tentare di riprendersi un po’ dei voti che sembrano essere recentemente scivolati via a favore del corpulento rivale GOP, Christopher J.Christie. Questo perché gli elettori del “Garden State”, ultimamente, si sono espressi più a favore dei Democratici che dei Repubblicani. Una debacle della “sinistra” significherebbe quindi anche qui la conferma del calo di popolarità di Obama. Altrettanto vero è che Bloomberg (che ha fatto approvare una legge “ad personam” per fare in modo di essere rieletto per la terza volta consecutiva come sindaco) sembra avanti anni luce rispetto al suo rivale William Thompson: almeno dodici punti percentuale, secondo gli ultimi sondaggi. Qui la partita è meno politica è più tecnica ma per forza di cose anche meno interessante.
Tornando alle elezioni speciali del ventitreesimo distretto di New York, un sondaggio indipendente del Daily Kos uscito giovedì scorso dimostra che la tenzone elettorale tra Hoffman e Owens è di quelle all’ultimo voto. Il forfait della Repubblicana Scozzafava (che poi ha pubblicamente dichiarato il suo endorsment per il Democratico attirandosi gli odi dei colleghi di partito), ha dato il la a un dibattito da appasionati di statistiche elettorali. Resta da vedere chi tra Hoffman (leggermente in vantaggio) e Owens sarà in grado di risucchiare quanti più voti possibili.
In questo senso il candidato Repubblicano ha puntato forte su una campagna di tipo popolare, dichiarando di averne le tasche piene degli intrallazzi di Washington e di tasse esorbitanti: non a caso Hoffman si autoproclama un “politico non di professione”. Il suo rivale Bill Owens, un avvocato cattolico nato a Brooklyn e asceso al rango di Capitano della US Air Force, è più propenso a una retorica post-bushiana e solidale con il ceto medio.
Per quanto riguarda il terreno di gioco, il ventitreesimo è un distretto molto importante che copre gran parte dell’”Empire State” settentrionale e include la riserva forestale delle montagne Adirondacks, il lago di Ontario e Madison County. All’inizio del diciannovesimo secolo si credeva addirittura che questi stessi territori (che avevano visto battaglie della rivoluzione americana e della guerra contro la Gran Bretagna) fossero “la terra del futuro”. Al giorno d’oggi la contesa sarà magari meno epica e violenta, ma la posta in gioco è comunque molto alta e le elezioni di medio termine del prossimo novembre preoccupano non poco i democratici.
La sfida del New Jersey è senz’altro la più serrata delle tre anche perché oramai quasi tutti i Democrats considerano quella di Creigh Deeds e della Virginia una causa persa. Come detto, qui Obama si gioca molto del suo credito e lo fa in un momento in cui avrebbe assoluto bisogno del supporto dei suoi elettori, visto che il dibattito sulla sanità e quello sul riscaldamento globale gli stanno costando molto in termini di popolarità.
Sono in tanti quelli che considerano queste elezioni una prima, chiara indicazione sull’operato di Obama nel suo primo anno di vita all’interno della Casa Bianca. Molti altri (soprattutto democratici), sdrammatizzano spiegando che c’è ancora tanto tempo prima delle mid-term elections del prossimo novembre e che gli eventuali risultati negativi di questa tornata elettorale non devono mettere troppa paura.
Oggi, però, i rischi li corrono anche i Repubblicani. L’abbandono di Scozzafava non deve essere interpretato come l’atto anarchico di una parlamentare impazzita. La “Repubblicana strana”, infatti, è a favore dei matrimoni gay e dell’aborto, proprio come Bill Owens. Ma la quarantanovenne metodista si dichiara anche contro il “gun control” (la legge che limita la vendita di armi), scelta che fa a cazzotti con le prime due ma si sposa perfettamente con il contesto sociale del suo distretto, fatto di cacciatori e persone che vivono in ville isolate. Poi, come fa notare Michael Barone, la Scozzafava è da sempre vicina a organizzazioni “di sinistra” e sindacati o associazioni come la ACORN (Association of Community Organizations for Reform Now).
Il dissidi interiori di Dede Scozzafava riflettono curiosamente quelli interni al Grand Old Party, tra l’ala moderata e quella coservatrice. I repubblicani moderati, infatti, vorrebbero abbracciare alcuni dei valori tradizionalmente democratici proprio come ha fatto lei. Ecco perché una sconfitta degli “Elephants” in New Jersey o nell’Upstate New York significherebbe un cambio di rotta di molti dei loro elettori ed ecco spiegato anche il perché di tanto rumore attorno a queste elezioni (apparentemente) minori.
In mezzo a tutti questi interrogativi, gli analisti americani staranno molto attenti a diversi aspetti della vicenda: affluenza alle urne, margine di vittoria e “surge voters”. La prima sembra destinata a rimanere bassa, come da tradizione, ma il margine di vittoria sarà molto indicativo, lo scarto a favore di uno o dell’altro candidato sarà soppesato attentamente dagli analisti. Poi ci sono i “surge voters”: lo scorso anno la percentuale di elettori al di sotto dei trent’anni e quella degli elettori “di colore” (o latino americani) era molto alta e favorì l’elezione di Obama. Si tratta degli stessi elettori che molto probabilmente diserteranno i ballottaggi odierni.
Soprattutto, pare che stavolta ci sarà una grande affluenza di elettori arrabbiati, scontenti per lo stato dell’economia, disoccupati, e stufi di sentirsi parlare di “ripresa”. Gli americani finiranno di votare quando qui la gente sarà già a letto da un pezzo ma nella mattinata di domani, accendendo la tv o controllando qualche giornale, anche gli italiani potranno avere una prima interessante indicazione di come “tira il vento” Negli Usa. A favore di Obama, o contro il conservatorismo sociale del Grand Old Party?