Omicidio Meredith: Rudy tenta il tutto per tutto e va all’attacco di Amanda
19 Novembre 2009
“Un raccontino”, dice il procuratore generale di Perugia. No, questa è “la verità a cui nessuno ha mai voluto credere”, ribattono a fine udienza gli avvocati. In mezzo c’è lui, Rudy Hermann Guede, l’ivoriano già condannato a 30 anni per l’omicidio Meredith, ora chiamato in appello a giocarsi le ultime carte, il tutto per tutto. Ma la strategia processuale della difesa resta sempre quella, proclamare l’innocenza dell’assistito contro ogni evidenza e chiedere scusa unicamente per non aver fatto tutto il possibile per salvare la vittima.
Una strada che difficilmente porterà a qualcosa di diverso dalla conferma della condanna, già chiesta dal pg, almeno a giudicare dall’atteggiamento con cui la Corte ha accolto le domande del collegio difensivo di Rudy: pochi minuti di camera di consiglio per stabilire che non ci sarà nessuna nuova perizia sugli asciugamani sporchi di sangue e nessun nuovo testimone a discarico. Il processo si deciderà sulla base degli atti già raccolti in primo grado nel rito abbreviato, atti che hanno portato alla durissima sentenza di 30 anni di carcere. Con l’ergastolo scampato solo per via del rito, che concede uno sconto di pena all’imputato.
Ma allora vediamolo, il “raccontino”, la lunga dichiarazione spontanea di Rudy all’inizio dell’udienza, venti minuti di esposizione in cui l’ivoriano di quella sera ricostruisce ogni secondo, saltando solo i passaggi chiave. L’incontro con Meredith la sera prima, la decisione di vedersi alle 20,50, l’arrivo a casa e quella confidenza che subito comincia a instaurarsi fra i due ragazzi già al primo appuntamento. “Abbiamo cominciato a chiacchierare, poi a baciarci – spiega Rudy – ma poi ci siamo resi conto che ci stavamo spingendo troppo oltre quando lei mi ha chiesto se avevo un preservativo”. Nella sua versione, Rudy sarebbe quello dei due che si tira indietro: “Lo abbiamo fatto parlare proprio perché ognuno potesse farsi una sua opinione”, diranno più tardi gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile. Ciascuno allora può ragionare sul pudore improvviso che coglie Rudy, ciascuno può riflettere su quello che segue: spezzato l’idillio, i due ragazzi riprendono a parlare, poi lui sente il bisogno di andare in bagno, come sempre con l’ipod alle orecchie. Prima di accendere però, sente suonare alla porta, sente la voce di Amanda Knox, della quale con Meredith aveva parlato poco prima perché l’inglese accusava la coinquilina americana di averle rubato i soldi.
Rudy non segue il litigio, mette la musica ad alto volume: tre brani, poi un urlo lancinante lo spinge ad uscire dal bagno. Ma già qui è il difensore della parte civile, l’avvocato Francesco Maresca, a far notare che “lo strazio subìto dalla povera Meredith è durato ben più a lungo di tre canzoni”.
Rudy si precipita, vede Meredith a terra, affronta un uomo che non riconosce e che nomina solo come una sagoma maschile: non dice di lui se è Raffaele Sollecito, che egli allora non conosce ma che dopo tutto questo tempo, dopo il processo, ha ormai incontrato più e più volte nella fase prebattimentale e ha visto sui giornali e in tv per mesi e mesi. No, resta nel vago, Rudy; scende nel dettaglio solo quando spiega di aver tenuto la mano a Meredith moribonda, e nomina quell’Amanda di cui aveva sentito la voce. Scomparsa dalla scena del delitto, l’americana riappare nel racconto all’improvviso: dopo la fuga della “sagoma maschile” che ha cercato di accoltellarlo, Rudy corre alla finestra, e a quel punto – nel buio completo, da una distanza che si presume notevole – rivede Amanda che scappa. Il resto è la descrizione della sua paura, il resto è una frase che non spiega nulla: “Mi sono ritrovato in Germania, non so neanche io perché. Potevo scappare dovunque”.
L’unica vera novità, nella prima dichiarazione pubblica di Rudy, è la chiamata in causa dell’americana dagli occhi di ghiaccio, continuando a tenere fuori Raffaele. Già aveva avuto occasione di parlare, Rudy, proprio nel processo contro i due fidanzati, che intanto continua in primo grado. Indicato come teste dell’accusa, l’ivoriano si era avvalso della facoltà di non rispondere trincerandosi dietro un ostinato silenzio.
Ora Amanda e Raffaele tornano in aula per affrontare le fasi finali del loro giudizio. La requisitoria dei pubblici ministeri, l’arringa dei difensori, infine la decisione della Corte d’assise. Completamente diversa la loro strategia: mentre Rudy non può negare di essere stato sulla scena del delitto – troppi gli elementi che lo inchiodano – e cerca di trovare uno scenario alternativo in cui collocarsi; al contrario i due fidanzati nel dibattimento hanno tentato di tutto, fra perizie e controperizie, per smontare gli indizi cui si aggrappa l’accusa per dimostrare che nella villetta degli orrori c’erano anche loro.
Se ci siano riusciti oppure no, è dilemma destinato ormai a sciogliersi in pochi giorni.