“Per i palestinesi anche Gerusalemme è un insediamento d’Israele”

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“Per i palestinesi anche Gerusalemme è un insediamento d’Israele”

20 Novembre 2009

Una pioggia di critiche sono piovute addosso al governo israeliano, dopo l’approvazione di un piano regolatore che prevede la realizzazione di 900 appartamenti nella zona di Ghilo, a sud-ovest della Città Santa, da parte dell’amministrazione municipale di Gerusalemme. L’Onu, gli Stati Uniti, l’Autorità Palestinese e altri governi occidentali, hanno gridato alla scandalo e profetizzato la fine prematura dei negoziati, benché l’approvazione del piano preveda comunque molti altri passaggi burocratici. (Le palazzine, infatti, vedranno la luce soltanto tra diversi anni).

Il fatto è che Ghilo non è "un insediamento", visto che fa parte della Città Santa, e le cosiddette “precondizioni” poste dall’amministrazione Obama, di cui tanto si è parlato, facevano riferimento allo stop degli insediamenti fuori dalla capitale israeliana. Ma gli arabi considerano sacra quella parte di Gerusalemme in cui sarebbe passato il Profeta, così come gli israeliani reclamano il diritto inalienabile di abitare quella che considerano da sempre la “loro” capitale. E’ uno dei nodi della irrisolta questione israelo-palestinese. Abbiamo chiesto a Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, di spiegarci meglio cos’è accaduto a Ghilo.

Onorevole Nirenstein, sono in molti a credere che il governo israeliano abbia commesso un errore nel dare la sua approvazione al piano regolatore nella zona di Gilho, Lei che ne pensa? 

Che Gilho non ha affatto il carattere di un insediamento. E’ un quartiere attraversato dalla Linea Verde, da cui si vede, vicinissimo, il centro di Gerusalemme, ma è stato costruito solo dopo il 1967 su un’altura da cui i Giordani bombardavano il centro ebraico della città senza che nessuno venisse scacciato o nessuna casa venisse distrutta, a differenza di quanto ci vuole far credere il dibattito corrente, utilizzando la parola "insediamento". È un quartiere che non ha nessun carattere ideologico, non c’è nemmeno un colono come lo immaginiamo noi in Italia. Ci abita solo gente comune a cui piace la vista di Gerusalemme e perfino una funzionaria dell’ambasciata italiana tempo fa aveva la sua abitazione proprio lì.

Tanto rumore per nulla?

E’ in casi come questo che si vede l’errore dell’impostazione di George Mitchell [l’inviato speciale di Obama in Medio Oriente, ndr], che ha basato l’apertura del dialogo di pace su quest’idea sballata del blocco delle costruzioni, costringendo i palestinesi ad arrampicarsi su un albero altissimo dal quale ora non riescono più a scendere.

Ma non esistevano delle "precondizioni" al processo di pace?

Non ci sono mai state precondizioni di sorta all’idea basilare di sedersi intorno a un tavolo e trattare: è la base della risoluzione Onu 242 e della Road Map. Ma da quando Barack Obama si è inventato questa idea delle “precondizioni”, che comunque non possono e non devono riguardare Gerusalemme, i palestinesi si sono sentiti sospinti da un estremismo del tutto nuovo, persino nell’affrontare i colloqui che adesso si rifiutano di intraprendere…

Ma perché allora i palestinesi non vogliono trattare, proprio ora che è stato approvato questo piano regolatore?

Mahmoud Abbas in questo momento si trova in una posizione difficile, e quindi per lui questa nuova invenzione è come una manna dal cielo: finalmente può far vedere al mondo che sono gli Israeliani a non voler trattare. Ma come ho già spiegato, siamo di fronte a un colossale equivoco: Gerusalemme non è da considerarsi un insediamento. 

Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha dichiarato che la richiesta americana di fermare le costruzioni negli insediamenti è inaccettabile perché si basa su una questione religiosa e su un doppio standard di trattamento…

Credo che Barkat voglia esprimere un concetto molto semplice: a Gerusalemme vivono ebrei, cristiani e mussulmani, e solo agli ebrei viene impedito di costruire. Ma a un arabo che volesse ampliare la propria casa a Gerusalemme, cosa diciamo? Detto questo, fra Gerusalemme e i suoi abitanti ebrei esiste un legame di tipo storico-geografico. In questa città la maggioranza delle persone è di religione ebraica da ormai moltissimo tempo e minare l’idea basilare che ci sia un nesso fra il popolo ebraico e Gerusalemme è inaccettabile.

Allora siamo noi Occidentali ad aver impostato il problema in maniera sbagliata…

Guardi, secondo me George Mitchell ha sbagliato tutto: in realtà avrebbe dovuto promuovere questi colloqui senza porre precondizioni assurde, è stato questo l’errore di base. Poi c’è anche il fatto che è facile, e comodo, trovare un capro espiatorio per un problema di così difficile interpretazione. E provi a indovinare chi sarà accusato questa volta?

Israele…

Bravo. Gli ebrei, come è sempre accaduto. Tutti amano dare addosso a Israele ma se si guarda ai fatti concreti e si legge la risoluzione Onu 242 si vedrà che non si può venire a capo della questione israelo-palestinese se non con una trattativa. Solo che è impossibile cominciare una trattativa chiedendo a qualcuno di rinunciare ai suoi diritti fondamentali, primo fra tutti quello all’autodifesa, ma come ho già detto l’Autorità Palestinese si trova in grande difficoltà e ha colto l’occasione per evitare una difficile trattativa. Adesso Abu Mazen è assediato da Hamas: in realtà sono loro a non voler trattare, non avendo un grande margine di manovra, e si trovano in acque torbide dal punto di vista della politica interna.

Allora perché Obama si è immediatamente messo dalla parte di Abbas criticando la decisione israeliana?

Perché in realtà Obama muore dalla voglia di ottenere qualche risultato concreto da esibire con il mondo arabo in particolare. All’inizio del suo mandato, come disse nel celeberrimo discorso del Cairo, aveva individuato la questione israelo-palestinese come uno dei problemi più urgenti da risolvere, ma ancora oggi non si sono fatti molti passi avanti, come vede.

Riuscirà nel suo intento?

Il Presidente Usa vorrebbe far vedere al mondo che lui è riuscito laddove molti altri hanno fallito. Sa bene che gli arabi non avvieranno trattative sulla pace se prima non otterrano quello che vogliono: dividere Gerusalemme, che è il cuore dello Stato Ebraico, e ottenere la loro capitale proprio lì, dove gli ebrei vivono dalla notte dei tempi. Per ottenere delle garanzie in merito è necessaria una severa trattativa. Abbiamo visto tutti quello che è successo quando gli israeliani si sono ritirati da Gaza: ora la Striscia è una terra di nessuno dove i terroristi di Hamas fanno il comodo loro. Lasciargli anche una parte della Città Santa le pare una buona soluzione?