La proposta sulla cittadinanza a punti apre un fronte alternativo ai finiani
24 Novembre 2009
Riprendendo un’idea elaborata dalla Fondazione Magna Carta, Maurizio Sacconi propone la cittadinanza a punti, Pierferdinando Casini la accoglie con favore, Francesco Rutelli ne condivide i criteri qualitativi e dalla Lega Manuela Dal Lago la definisce interessante. Quello che si va delineando è un fronte ampio e trasversale su uno dei temi caldi del dibattito politico, specie nel Pdl dopo le mosse dei finiani che su cittadinanza e voto agli immigrati hanno firmato due proposte di legge insieme ad esponenti dell’opposizione suscitando critiche e prese di distanza della maggioranza del partito. Compresi molti degli ex An, come dimostra l’analisi di Altero Matteoli per il quale “le questioni culturali e politiche” sollevate da Fini (cita il biotestamento e l’immigrazione) “non appartengono alla storia di An”.
Il ministro del Welfare traccia la via: il punto di partenza, dice, sono i nostri valori, le nostre identità che devono essere rispettate per poi poter praticare l’incontro con culture diverse. La premessa è altrettanto chiara: integrazione e cittadinanza viaggiano su due binari paralleli; sovrapporli o mescolarli sarebbe un errore sostanziale e di prospettiva. Nel primo caso, Sacconi annuncia il “patto per l’integrazione” che ogni immigrato dovrà sottoscrivere con lo Stato italiano, fondato su crediti che diminuiranno di fronte a violazioni fino ad annullare lo stesso patto e quindi la premessa per restare in Italia.
Nel secondo caso, il concetto di fondo è quello di un percorso graduale che riguarda solo chi vuole entrare pienamente a far parte della nostra comunità. Sacconi parla di “conquista faticosa” che richiede un percorso coerente fatto di “comportamenti inequivoci nella direzione dell’appartenenza”. Il punto, insomma è un iter basato su criteri qualitativi più che quantitativi, al termine del quale la cittadinanza potrà essere riconosciuta “a una parte di immigrati che vogliono avere un progetto di vita nel nostro paese”. Se il meccanismo è quello della gradualità e del monitoraggio (con verifica su requisiti e comportamenti) , la cittadinanza non può essere il punto di partenza per l’integrazione, bensì quello di arrivo. Sacconi respinge l’idea di un multiculturalismo indifferente teorizzato ad esempio in Inghilterra, in Olanda e non rinuncia ad una sottolineatura anche sul tema del voto agli immigrati (l’iniziativa di legge parlamentare Perina-Veltroni introduce il diritto di voto alle comunali per gli stranieri regolari che vivono in Italia da almeno cinque anni): “Chi parla di diritti politici sembra dimenticare come essi spettino a chi si sente parte di una comunità. Tale appartenenza va maturata e deve essere adeguatamente testata”.
Casini apre a Sacconi, dice che l’idea della cittadinanza a punti “non è sbagliata” e condivide il fatto che l’extracomunitario “maturi come noi il senso di appartenenza alla comunità nazionale”. Un certo interesse lo mostra anche Francesco Rutelli leader di Alleanza per l’Italia convinto del fatto che per una nuova legge sulla cittadinanza sia necessario introdurre “anche criteri qualitativi” e l’obbligo di una dichiarazione-giuramento che “coinvolga anche la separazione tra religione e Stato”.
Disponibilità al confronto dalla Lega che, invece, considera "irricevibili" le proposte dei finiani su cittadinanza e voto agli immigrati come ribadisce il capogruppo a Montecitorio Roberto Cota convinto che la linea del presidente della Camera non è quella di tutto l’ex partito di An tantomeno del Pdl e che da persona "corretta si atterrà alla posizione del suo partito". Per la vicepresidente dei deputati Manuela Dal Lago l’idea del ministro del Welfare contiene elementi sui quali si può “discutere, ragionare, approfondire” anche se va “capito bene come si intende applicarla perché per noi resta fondamentale partire dai dieci anni, non certo di meno, fatti salvi alcuni casi e a determinate condizioni, come ad esempio chi nasce in Italia”. Il punto per il Carroccio è fissare bene i termini della questione, specie sul piano applicativo perché – è la perplessità – “se un immigrato vive in Italia da dieci anni ma non parla bene l’italiano e dunque non conosce appieno le nostre regole perché non è in grado di leggerle e comprenderle, come può essere cittadino italiano?". E ancora: "Quando parliamo del rispetto della Costituzione cosa si intende veramente? Se un immigrato è musulmano e poligamo cosa facciamo, gli manteniamo la doppia cittadinanza? Per questo è necessario approfondire dal punto di vista applicativo, anche se in termini generali sull’idea di Magna Carta rispetto alla quale rilevo molte aspetti condivisibili e sulla proposta del ministro Sacconi credo sia possibile trovare un punto di congiunzione".
E conoscendo bene le posizioni in campo nella Commissione Affari Costituzionali l’esponente leghista non eslcude che una proposta del genere potrebbe essere apprezzata anche da parlamentari del Pd che non nascondono perplessità rispetto al testo Granata-Sarubbi. Da parte sua, il deputato democrat sottolinea che "tutto ciò che favorisce l’integrazione è positivo ma non vorrei che poi alla fine fosse come l’idea del soggiorno a punti lanciata dalla Lega". Sarubbi si dice disponibile a ragionare quando "avrò letto nel dettaglio la proposta" e se Sacconi "vorrà invitarmi ad un tavolo per discuterne senza schematismi ideologici sono pronto a farlo, ma il fatto di non essere contrario a priori non significa essere favorevole, anche perché rilevo come nella maggioranza un tema così delicato finisca per essere strumentalizzato nello scontro Berlusconi-Fini. Purtroppo ciò avviene a discapito di un testo che, invece, per la prima volta, può rappresentare un terreno comune di confronto. E la cosa che mi fa più male è che spesso tutto venga ridotto a una questione di tattica politica che nulla ha a che spartire con una realtà oggettiva della quale la politica deve farsi carico".
Il finano doc Granata difende le posizioni del presidente della Camera che definisce "espressione della migliore tradizione culturale italiana. Un’identità dinamica e plurale che ha reso possibile il Rinascimento e il made in Italy". Segue la stoccata all’indirizzo di quanti in An come nel Pdl l’hanno intesa come "totale abbandono di questa nobile tradizione, rimossa in nome di un moderatismo privo di visione strategica e di futuro, o di una moderna forma di tribalismo".
Dai ranghi della maggioranza si registra con favore l’interesse dei centristi ma anche di "ambienti ecclesiali" come sottolinea il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello. Un’apertura che segnala la possibilità di costruire attorno alla proposta Sacconi un "fronte culturale, politico e infine anche parlamentare", perché il vero spartiacque non è tra buoni e cattivi ma tra chi ritiene che l’acquisizione della cittadinanza possa discendere dal trascorrere del tempo, di un tempo sempre più breve (il riferimento è al testo Granata-Sarubbi), e quanti intendono legarla a comportamenti attivi che dimostrino la volontà di appartenere a una comunità nazionale.
Il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto invita a riflettere su un altro aspetto rilevato anche da studi statistici in base ai quali solo un numero limitato di immigrati è veramente interessato alla cittadinanza dal momento che la maggiorparte di chi vive e lavora in Italia dopo quindici-venti anni decide di tornare nel paese di origine o di trasferirsi altrove. Ragion per cui, è giusto il combinato disposto di una valutazione qualitativa fondata su criteri precisi (lingua, storia, cultura, fondamenti della democrazia) e dei tempi che servono per raggiungerli. Tempi che non possono essere contingentati "nei cinque anni proposti in un disegno di legge". Della serie: ogni riferimento alle proposte dei finiani è puramente voluto.