Da Bagnasco a Cofferati in azione la stessa morsa ideologica

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Da Bagnasco a Cofferati in azione la stessa morsa ideologica

21 Maggio 2007

Contrariamente a quanto sostenuto dal diritto processuale, secondo il quale molti indizi non fanno mai una prova, nell’ambito del nuovo movimento ideologico internazionale, che intendo brevemente trattare, molti indizi fanno una prova. Eccome. La prova che siamo di fronte ad un movimento ideologico internazionale che ha due origini: una paraterroristica (per ora), certamente sovversiva, e l’altra radical-laicista e insieme giacobina-statolatrica, di fatto totalitaria.

Ci sono indizi a non finire che documentano la compresenza di questi due filoni ideologici. A voler indulgere nella citazione dòtta, si dovrebbe impugnare la categoria inventata dallo storico Carlo Ginzburg: siamo di fronte ad un “paradigma indiziario”.

Il quotidiano di Rifondazione comunista, diretto da Sansonetti, Liberazione, ha sciolto gli ormeggi e ha infine dedicato una decina di supplementi, numero più, numero meno, agli anni Settanta. Tutti sappiamo che per il noto giornalista amico di Castro, Gianni Minà ad essere, per natura, “favolosi” erano gli anni Sessanta, invece, per i compagni di Bertinotti è il decennio successivo a meritare appellativi roboanti: fine della dialettica di Hegel, inizio della rivoluzione degli individui; rivoluzione permanente (secondo Scalzone); lotte operaie decisive; femminismo libertario che apre le porte ai nuovi diritti civili, etc. Insomma, la palingenesi del Settantasette, in soldoni, il fatto poi che, nel 1978, venisse rapito e assassinato Aldo Moro, che facessero irruzione nella vita pubblica italiana le Br e che nascesse un’epoca da molti definita “anni di piombo”, sono particolari che non turbano gli entusiasti apologeti settantasettini di Liberazione. Dunque, nel 2007, abbiamo una pattuglia non proprio irrilevante di apologeti degli “anni di piombo”, con tutti i distinguo usuali: lotte operaie, conflitti avanzati, non mitra, ma “gatto selvaggio”, etc.). E uno. Andiamo avanti.

Un paio di mesi fa, più o meno, mons. Bagnasco ha cominciato a dire Messa con la scorta, perché a Genova, la sua città, Milano, Napoli, Bologna, sono state trovate scritte simpatiche che, forti di una consolidata tradizione voltairiana di libero pensiero, decretavano la morte prossima ventura del prelato, magari con qualche azione militare ben mirata e possibilmente efficace. E due. Ancora: il sindaco diessino di Terni, Paolo Raffaelli, si è visto recapitare martedì 15 maggio tre pallottole, calibro nove, presumibilmente del tipo utilizzato nel mondo militare. Una lettera scritta a mano con caratteri celtici conteneva minacce per tre distinti motivi: i campi nomadi, le licenze commerciali ai cinesi e le licenze edilizie relative, presunte tangenti. Il sindaco si è così ritrovato nel mirino del “Nap”, così si firma infatti l’autore della lettera minatoria accompagnata dai proiettili. E tre. Dopodiché è toccata la medesima sorte al sindaco di Bologna Cofferati, già bastonato dai suoi compagni comunisti per aver scelto la strada delle “ruspe democratiche”, come scrisse un anno fa Merlo de La Repubblica. Un esponente del mondo sindacale, oggi sindaco, che viene a contatto con le minacce eversive. Di chi? Ecco il punto. Potrebbero essere i sostenitori del sito legato al “Soccorso rosso internazionale”, di cui sempre più si sta scrivendo in questo periodo. Ma potrebbe anche essere il bersaglio di gruppi provenienti dalla grande marea montante delle moltitudini di cui toni Negri, Paolo Virno e Augusto Illuminati, per nominare alcuni degli ideologi più seguiti, sono i tenaci sostenitori. Una nuova forma di militanza violenta e sovversiva, non soggetta alla categorizzazione classica del comunismo leninista brigatistico.

Cambiamo scenario e ci troviamo di fronte ad un’altra realtà tipicamente postmoderna: un mix corrosivamente ideologico di radical-libertarismo e statolatria a sfondo giacobino-laicista. Un mostro ideologico che non avrebbe mai trovato cittadinanza e legittimazione nel Novecento, neppure negli anni Settanta, ma anche invece oggi è diventato il cavallo di Troia delle mutazioni violentemente anti-laiche e anti-razionali. Irrazionalmente cavalcate anche da canali televisivi coma La7. Con un certo spirito di rivincita, che si può facilmente saggiare. Luigi Amicone, il combattivo (per fortuna) direttore del settimanale Tempi, viene invitato da Enrico Vaime il conduttore soporifero e tuttologo de La7, viene intervistato da Milano, mentre dagli studi di Roma abbiamo una combutta patente fra due giornaliste, di cui una di Liberazione (già, proprio del gruppo pro-Settantasette), e l’editore Castelvecchi, romano, già noto per aver ristampato i cosiddetti “libri del rogo” di Toni Negri, fatti sparire dalla circolazione in seguito al processo “7 aprile” ed alla successiva fuga dell’ideologo di Autonomia operaia a Parigi. Tema all’ordine del giorno: la morte del ragazzino in classe, dopo aver fumato uno spinello, con le conseguenti boutade anti-proibizioniste e con il solito predicozzo sulle famiglie consumiste, incapaci di dialogo con i figli, moralmente degeneri, dedite a far soldi e ad inculcare il rampantismo ai propri eredi. Poi oggi ci sono anche i blog di mezzo (beata virtualità azzerante la realtà!), e dunque la solita esperta di giovani-e-blog ti racconta che loro si sfogano, fanno outing, fumano spinelli perché infelici, e via di questo passo. Amicone ha tenuto botta fino a definire la giornalista di Liberazione una “mite stalinista” e poi una miscela di stalinismo e fascismo insieme, ma è stato fatto passare per intollerante e invasato. Attenzione, perché questa è lo schema comunicativo che Santoro utilizzerà tra poco nella sua trasmissione dedicata alla pedofilia dei preti, avendo fatto acquistare il video con testimonianze e reperti vari.

Un accerchiamento non solo della Chiesa, ma anche della libertà e della razionalità occidentali. Usciamo pure dalla sindrome dell’accerchiamento, comunque, rimane in ogni caso il fatto che, nonostante la sconfitta in merito al referendum sulla legge 40, e nonostante l’evento di popolo del Family Day, segno di una rivolta cattolica e laica che ha sapori drammatici, niente edulcorazioni o “pappa del cuore” (una Chiesa che si mobilita così è segno di un dramma in atto), l’ideologia libertaria-laicista-statolatrica non solo non molla, ma sta sferrando l’attacco frontale alla nostra civiltà. Rimanere fuori da questo drammatico confronto equivale semplicemente a rimuovere la realtà, che, alla fine, rispunta dalle ceneri e ti scaraventa nell’agone storico. Questi sono fatti, una filiera di fatti, un paradigma indiziario che non tarderà ad arricchirsi. E’ stata finalmente smascherata la retorica sulla fine delle ideologie e sulla cosiddetta età post-ideologica. Il postmoderno è determinato da questi fattori e sono tutti ideologici. Dimentichiamo le sciocchezze sulla “fine delle grandi narrazioni” di Lyotard e concentriamoci sui fatti testardi. Le ideologie vestono questi panni.