La guerra ad Al Qaeda non è perduta finché ci sarà l’America

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La guerra ad Al Qaeda non è perduta finché ci sarà l’America

01 Marzo 2010

Che fine ha fatto il buon Fareed Zakaria? L’uomo di punta di Newsweek International nonché volto televisivo della CNN ci aveva abituati a interventi a gamba tesa sul nodo islam e con il suo Democrazia senza libertà in America e nel resto del mondo (trad. it., Rizzoli, Milano 2003) ci aveva quasi convinti di non essere soli soletti a ricordare che la democrazia non è un regime ma una condizione dell’esercizio del potere, quindi di per sé ‒ aristotelicamente ‒ compatibile con diverse forme di governo, se non dispotiche, fra queste, non unica, la forma istituzionale repubblicana, che di “democrazia” non è dunque né sinonimo né esaurimento (un po’ più perplessi ci aveva invece lasciato il futuro senza Occidente che egli descrive ne L’era post-americana, trad. it., Rizzoli 2008).

Ma oggi quello che con espressione forse un po’ troppo roboante è stato definito l’advisor più influente della generazione presente (consigliere di chi?) cambia registro e si spertica nell’ennesimo non richiesto peana in favore dell’“islam moderato”. Per Zakaria è infatti questo ‒ lo scrive sul Corriere della Sera del 21 febbraio nell’articolo La sconfitta globale di Osama: l’Islam moderato ha battuto Al Qaeda ‒ il vero vincitore della guerra calda in corso da quasi dieci anni tra l’Occidente e lo jihadismo. Qualcosa però in questi conti non torna.

Anzitutto l’“islam moderato” è il cosiddetto “islam moderato”. Un’astrazione discorsiva, cioè, un ente di ragione utilizzato per creare modelli di simulazione da laboratorio. Nella realtà, l’“islam moderato” non esiste. Esistono degl’islamici che si comportano in un modo che in Occidente, qualsiasi cosa quella espressione voglia dire, vengono etichettati come “moderati”, ma questa è tutta un’altra storia. Il dirlo, peraltro, va a favore dell’islam. Quello che noi sogniamo come “islam moderato” sarebbe in realtà un islam decurtato, un islam privato del suo cuore, un islam a cui si chiede di essere un po’ meno islam giusto per fare piacere alla nostra voglia di sofismi e al nostro gusto di quadrare il cerchio.

L’islam, infatti, è quello che è, e nessuno può chiedergli di essere altro, appunto perché altrimenti smetterebbe di essere islam. Lo stesso viene del resto fatto dal cotè relativista di certo Occidente quando critica la Chiesa Cattolica giacché fa la Chiesa Cattolica. Ma il punto è questo. Alla Chiesa Cattolica non si può chiedere di non essere Chiesa Cattolica, piaccia essa o meno, e dall’islam non si può esigere che non sia islam, le due cose essendo fra loro diversissime.

Inoltre, l’“islam moderato” non esiste perché semmai esiste l’islam conservatore, quell’opzione non pregiudizialmente antioccidentale che ha il merito di non mortificare lo spirito religioso dei musulmani devoti non terroristi che con faciloneria chiamiamo però spesso “fondamentalisti” onde schiacciarli, per fare meno fatica, sullo jihadismo e di spuntare così le armi del fanatismo. Arranca, stenta, viene bistrattato in primis a casa propria, ma l’islam così, conservatore, esiste.

Ora, la guerra fra Occidente e jihadismo islamico scoppiata l’Undici Settembre è una ricaduta di quella guerra civile da tempo in atto fra l’ultrafondamentalismo e i ceti politici dirigenti laicizzati e spesso laicisti al governo di numerosi Pesi arabi o musulmani. Una riconquista, cioè, dell’anima islamica da parte islamica, che solo una terza forza come l’islam conservatore può battere, l’islam tradito dai laicisti solo alimentare e la facile retorica sull’“islam moderato” solo non fare comprendere.

Al Qaeda? Con buona pace di Zakaria, l’“islam moderato” non c’entra alcunché con il pesante ridimensionamento della sua offensiva planetaria (la sconfitta è un’altra cosa), merito tutto, questo, dell’azione militare degli Stati Uniti. È stata quella a distruggere in breve tempo gran parte dell’esercito talebano e degli effettivi terroristici di cui disponeva Osama bin Laden in Afghanistan attraverso la prima fase della guerra al terrorismo scatenata subito dopo il disastro delle Torri Gemelli in quel Paese centroasiatico.

È stata poi la seconda fase di quella stessa guerra a tamponare il dilagare del terrorismo, certo con grandi difficoltà, ma ciò solo perché non si è dato subito retta ai “falchi” e ai neoconservatori statunitensi che dicevano, ripetevano e imploravano d’intervenire in Iraq con un numero ben maggior di forze, di mezzi e di effettivi onde chiudere in fretta e bene una partita dolorosa. Quella seconda fase della guerra al terrorismo è stata del resto benemerita poiché scatenata (va riletto da cima a fondo il prezioso Saddam. Ascesa, intrighi e crimini del peggior amico dell’Occidente di Carlo Panella, Piemme, Casale Monferrato [Alessandria] 2003) nel preciso (e brevissimo) momento storico in cui il regime nazionalsocialista islamico laicizzato di Saddam Hussein, storicamente perdente nella disfida intramusulmana, ha cercato la propria perestrojka offrendosi sul mercato della morte come manovalanza volontaria dello jihadismo recando in dote la possanza di uno Stato di enorme ferocia e di comprovata efficienza in trame di servizi e polizia segreta, torture, repressioni, impiego di gas tossici, distruzione di minoranze, eccole qua le vere armi di distruzioni di massa nascoste sotto gli occhi della nostra distrazione di massa.

È stato il surge, è stato il generale David H. Petraeus a costringere il terrorismo internazionale ad arretrare sensibilmente. Ed è stata la geopolitica di convenienza di certi regimi regionali, per esempio il Pakistan del dopo Pervez Musharraf, doppiogiochista, a concludere che per il momento è forse meglio stare dalla parte dei buoni e non da quella dei cattivi.

Dice Zakaria sul “CorSera” che nel mondo musulmano, oltre un miliardo e mezzo di persone sparse in 150 Paesi, «i moderati hanno impugnato le armi e oggi siamo di fronte a una svolta». In realtà, il mondo musulmano attende, come sempre. E dire, come fa Zakaria, che ora, per meriti “moderati”, «non si ravvisa più il rischio che una grande nazione cada in preda all’ideologia jihadista» è vero, qualora fosse vero, solo perché la reazione, militare, sì anche militare, oltre che certamente diplomatica, degli Stati Uniti ha agito tempestivamente, ha segnato pure talvolta il passo, ma contro le facile retoriche del politicamente corretto ha proseguito sempre per la propria strada. A questo, solo a questo si deve il fatto che la guerra calda contro il terrorismo oggi non è certo vinta, ma neppure perduta.

Aggiungere infine, lo fa sempre Zakaria, che «nella maggior parte delle nazioni musulmane, i governanti sono riusciti a stabilizzare i regimi e il tessuto sociale, isolando gli estremisti» attiene alla fantascienza bella e buona, se i governati in questione sono i suddetti esponenti di un mondo laicizzato che per i veri musulmani è benzina quotidianamente gettata su un fuoco che per ora semplicemente cova sotto la cenere. Il grande mistero interno al mondo islamico (ma fino a un certo punto) resta peraltro il fatto che milioni di diseredati che gridano contro il “Satana imperialista” dell’Occidente lo fanno benedicendo quei propri aguzzini appartenenti a dinastie reali e principesche, islamiche come loro, che, fantasticamente arricchiti dai petrodollari, li tiranneggiano come non mai.

Dov’è finito dunque Fareed Zakaria? Perché da qualche parte deve pure essere l’uomo che chiude alla perfezione il suo articolo sul “CorSera” dicendo «nel campo ideologico, Al Qaeda ha già perso. Ciò che resta è la battaglia per sconfiggerla in tutti gli anfratti, fenditure e crepe dove essa si annida nel mondo reale». Chi lo ritrovasse, potrebbe ricordargli che se il 12 settembre 2001 il mondo si fosse affidato alla chimera dell’“islam moderato” oggi non saremo qui a celebrare il funerale teoretico di una ideocrazia che comunque continua a mietere vittime ma che possiamo sperare di snidare solamente grazie alla perseveranza dei servicemen americani e alla tenacia dei musulmani conservatori invisi ai ceti politici laicizzati dei Paesi arabi o islamici “moderati” quanto gli jihadisti ma meno funzionali al gioco delle parti.