La rimonta elettorale dei Repubblicani passa di nuovo dal Massachusetts

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La rimonta elettorale dei Repubblicani passa di nuovo dal Massachusetts

La rimonta elettorale dei Repubblicani passa di nuovo dal Massachusetts

08 Aprile 2010

Adesso ogni passo, ogni mossa, ogni iniziativa della politica statunitense, sia dentro il Partito Repubblicano sia fuori, cioè nel movimento conservatore at-large, guarda dritto negli occhi la data del 2 novembre prossimo allorché si celebreranno le elezioni di medio termine. Certo, non tutta la politica è solo elezioni, ma solo le elezioni politiche per il rinnovo di circa un terzo del Senato, di tutti i deputati e di un buon numero di governatori farà suonare definitivamente la campana a morto per l’Amministrazione americana in carica. Ovvio, questo solo se il Partito Democratico e il presidente Barack Hussein Obama che ne è l’ultimo grande sponsor dovessero perdere il confronto, come peraltro oggi parrebbe probabile, motivo per cui anche a sinistra, sia dentro sia fuori il partito, si guarda con trepidazione a quello stesso appuntamento. Da una sconfitta elettorale di quella portata, infatti, Obama stenterebbe a riprendersi, ed è per questo che i Repubblicani, allungando lo sguardo oltre le stesse elezioni di medio termine, pensano già alla Casa Bianca del 2012.

Sulla carta le premesse di un successo Repubblicano ci sono tutte, e, da un certo punto di vista, il Grand Old Party (GOP), l’altro nome del Partito Repubblicano, le elezioni di novembre può solo perderle per causa e per colpa proprie (cosa che peraltro non è né nuova né impensabile).  Ancora una volta il successo, così come la differenza fra una vittoria e il trionfo, correranno infatti sul filo sottile di quel rasoio affilato il cui manico sta tutto in mano alla “base”, ossia a quell’elettorato stanco, stufo e indispettito che si getterà a pesce sui Repubblicani se solo i Repubblicani sapranno cogliere la magia dell’attimo. Del resto, oltre a una buon numero di calcolatori cinici, il GOP schiera nelle proprie file anche un altrettanto nutrito parterre di persone perbene, vale a dire di gente che il rapporto con i conservatori grassroots (l’elettorato strategicamente vincente del GOP) lo vuole e lo coltiva non solo per tornaconto stretto ma anche e anzi soprattutto perché ci crede.

Ora, gli aruspici del futuro elettorale americano scrutano da tempo e da vicino quella cartina tornasole che è lo Stato del Massachusetts. Progressista fino all’esasperazione, sede degli esperimenti sociali più radicali e forte trincerato del clan Kennedy, il Massachusetts è uno di quei luoghi in cui nessuno scommetterebbe mai sulla vittoria elettorale di un Repubblicano al punto che se tale vittoria per caso viene l’establishment di sinistra inizia sul serio a sudare freddo. Per questo l’eco della vittoria del Repubblicano Scott P. Brown nelle suppletive per il seggio al Senato del Massachusetts del 19 gennaio non accenna a chetarsi, per questo qualche giorno fa Obama è corso a dare sostegno pubblico al governatore di quello Stato, Deval Patrick, suo amico di antica data. In novembre Patrick dovrà infatti reggere gli assalti di tre oppositori granitici: il Repubblicano Charles Baker, l’ex Tesoriere Democratico del Massachussetts Tim Cahill, che correrà da indipendente, e soprattutto quel 61% della popolazione dello Stato che, secondo sondaggi recentissimi riportati da Allysia Finley su The Wall Street Journal del 6 aprile, ne contesta l’operato da cima a fondo. Anche perché quel po’ di buono che in Massachusetts è stato fatto in anni recenti, per esempio un sistema di copertura sanitaria intelligente (costoso, ma intelligente), è stato fatto dal predecessore di Patrick, ovvero da Mitt Romney, il mormone Repubblicano Dio-patria-famiglia che uscì malconcio dalle primarie per la Casa Bianca del 2008, ma che ancora potrebbe tenere nascosto nella manica qualche asso importante. Don’t mess with Massachusetts, insomma.

Marco Respinti è il Direttore del Centro Studi Russell Kirk