Ci pensa Karl Rove a ostacolare Obama verso le elezioni di mid-term

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Ci pensa Karl Rove a ostacolare Obama verso le elezioni di mid-term

26 Luglio 2010

A poco più di 100  giorni dalle elezioni di mid term, il primo vero esame di Barak Obama presidente, torna in campo Karl Rove indimenticato architetto delle fortune politiche di George Bush dal Texas al doppio mandato alla Casa Bianca. Oracolo carismatico del Gran Old Party che ha attraversato quasi indenne la  tanto vituperata presidenza Bush  – ha lasciato anticipatamente per il Ciagate e la vicenda di nove procuratori federali licenziati  in sostanza perché democratici – ha venduto la bella  casa di Washington piena di libri ed è tornato nel suo Texas, ma al difensore convinto dell’era Bush – "la storia gli renderà ragione", insiste a dire – non passa neanche per la testa il dubbio di tirare i remi in barca limitandosi a fare l’opinionista in tv e lo scrittore di memorie, così ha creato American Crossroad Gps una organizzazione di agitazione e propaganda per battere i candidati del partito democratico a Capitol Hill il 2 novembre.

A sentire Politico.com, uno dei siti più autorevoli di politica interna americana, spina nel fianco del Wahington Post, American Crossroad ha racimolato 6 milioni di dollari in un mese  a giugno, garantendo l’anonimato ai donatori, e Rove conta di arrivare a quota 50 milioni per andare all’offensiva in questi tre mesi che ci separano dal voto. L’ex spin doctor di Bush criticato per le sue tecniche aggressive e gli attacchi privi di scrupoli ha organizzato dei focus group con tecnici e professionisti incaricati di passare al vaglio la vita e le opere dei candidati del partito democratico a caccia di eventuali scheletri negli  armadi, errori,comportamenti poco commendevoli e gaffe per screditarli agli occhi degli elettori. Con i soldi raccolti si inonderanno le televisioni di spot, e si pagheranno campagne sui giornali per fare controinformazione su due anni di presidenza, soffiando sulla crescente insoddisfazione della gente per le maggori realizzazioni dell’agenda di Obama a cominciare dalla riforma sanitaria e fino alle devastanti conseguenze della esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico.

Con l’aria e che si è messa a tirare nel Paese in parecchi Stati la partita,almeno stando ai sondaggi, è tra candidato del Gop e  candidato dei Tea Party, e l’organizzazione di Rove – secondo cui la squadra di Obama sta imparando che è molto piu’ facile fare campagna elettorale che governare – concentrerà il suo intervento in sette Stati ritenuti chiave: il Colorado, la Florida, il Missouri, il New Hampshire, il Nevada e lo Stato di Washington. Il Presidente sa che si gioca tutto. Il momento per lui è critico, fronteggia le resistenze della politica washingtonina, quella fisiologica dell’opposizione ma anche i mal di pancia del suo partito dove numerosi deputati e senatori nel timore di non essere rieletti lo hanno costretto ad estenuanti mediazioni e compromessi al ribasso per far passare  i due fiori all’occhiello della Amministrazione: la riforma della Sanità e quella di Wall Street.

Il team di Rove promuove tra la gente la marea nera come la "Katrina di Obama" con annesse frecciate al presidente di essere stato il maggiore beneficiario dei finanziamenti di Bp  ( 77 mila dollari contro i 36.000 del senatore Mc Cain ), e di Goldman Sachs che , ad avviso dei repubblicani, spiegherebbero  il ritardo con cui il presidente si è mosso dopo l’esplosione della piattaforma nel Golfo. L’incertezza e  soprattutto l’impotenza di fronte al disastro hanno ulcerato gravemente l’immagine della Amministrazione . Obama è stato aspramente criticato. Le tv hanno accostato maliziosamente il comportamento del presidente e della sua famiglia in vacanza durante il week end nel magnifico parco naturale del Maine in riva all’Atlantico e l’invito di Barak e Michelle agli americani a visitare da turisti le zone toccate dalla marea  per sostenerne l’economia. Come riparazione Obama ha annunciato che  insieme a Michelle e alle figlie Sasha e Malia sara’ in  spiaggia  in Florida nel week end del 14 agosto senza  tuttavia spiegare dove passerà le vacanze estive solitamente spese a Martha’s Vineyard, perla per straricchi nel Massachusetts.

Su tutti gli altri fronti l’Amministrazione è in affanno.  Ci sono lo spettro del ritiro senza vittoria dall’Afghanistan ( il "Vietnam di Obama"  attaccano i repubblicani dopo l’uscita di scena  polemica del generale Mc Christal), l’incerto teatro iracheno dopo anni di sanguinoso lavoro di stabilizzazione, l’accantomanento al Senato giovedì prossimo del progetto di legge sul clima e i guai per gli immigrati con l’eplosiva legge dell’Arizona. "Abbiamo la responsabilità di raccogliere la sfida energetica, molti di noi vogliono una legge per creare posti di lavoro e ridurre la  nostra dipendenza dal petrolio" dice il capo della maggioranza al Senato Harry Reid. "Sfortunatamente adesso non abbiamo un solo repubblicano che voglia darci una mano.." E dato che i democratici non hanno abbastanza voti per far passare il progetto non hanno potuto far altro che ammettere la battuta di arresto, aspettando il voto.

Punto ancora più dolente è l’immigrazione. Il progetto di Obama trova sulla sua strada la legge  varata dall’Arizona (convinta sponsor la governatrice  repubblicana Janice Brewer). Succede che da giovedì 29 luglio la polizia avrà il potere di identificare e fermare una persona anche solo per "il ragionevole sospetto" che si tratti di un clandestino. In questo modo, tuonano le organizzazioni per diritti civili, si introduce per la prima volta negli Stati Uniti il reato di clandestinità e la Casa Bianca non ha avuto dubbi, ha portato in tribunale l’Arizona: la legge  viola la Costituzione, il principio di eguaglianza tra i cittadini.La parola  adesso è alla Corte federale di Fhoenix presieduta dal giudice distrettuale Susan Bolton. Obama liscia il pelo ai circoli liberal difensori della cittadinanza e dei diritti di 11 milioni di clandestini che  danno una grossa mano a mandare avanti l’economia del Paese. I repubblicani hanno dietro il settanta per cento della gente dell’Arizona ma anche la maggioranza degli americani per i quali entrare illegalmente negli Stati Uniti è reato.