Il Far West della Bigelow che non piace ai governi sudamericani

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Il Far West della Bigelow che non piace ai governi sudamericani

07 Giugno 2010

La regista Kathryn Bigelow, ex-moglie del regista Cameron, fresca ancora di elogi per The Hurt Locker, il film sull’Iraq con cui ha vinto il premio Oscar, fa parlare di sé prima ancora di riprendere in mano la cinepresa: è riuscita ad unire tre paesi contro il suo nuovo film, dal titolo e il copione ancora misteriosi, ma dall’ambientazione certa: la “triplice frontiera”. Cosa è? Un far west di confine tra Paraguay, Argentina e Brasile, dove turisti affascinati dalle cascate di Iguazù e trafficanti di ogni sorta (armi e droga), condividono i tavolini degli stessi ristoranti.

La frontiera, difficilmente controllabile come ogni terra di confine, è dominata dalla comunità libanese che detiene il potere economico grazie al commercio e al turismo, ma attira anche sospetti. In America Latina si preferisce non parlare troppo, mantenere bassa l’attenzione, soprattutto da quando la lotta al terrorismo è diventata la priorità degli Stati Uniti. Sotto questo punto di vista, questo triangolo è l’unica parte davvero sotto controllo dell’America Latina, verità resa ancor più palese dai rapporti dell’intelligence nordamericana.

Sia nel 2002 che nel 2006 hanno sottolineato la presenza di “chiari prove” di finanziamenti che partono da qui verso gruppi terroristici mediorientali, tra cui Hezbollah e Al Qaeda; con il silenzioso assenso di banche statunitensi. Un problema di sicurezza internazionale di non poco conto. Nel 2005 la tensione sale. Il Paraguay del presidente Durate, con un accordo bilaterale, concede l’ immunità alle truppe statunitensi, quattrocento marines arrivati per diversi tipi di azioni: istruzione, indottrinamento, ma anche assistenza medica e sociale. Questi accordi bilaterali sono normali, ma a far sospettare i vicini è la durata: 18 mesi prorogabili, e nel pacchetto inclusa l’immunità che garantisce una certa extraterritorialità, cosa che né l’Argentina né il Brasile hanno mai concesso agli Stati Uniti.

Unendo tutti gli elementi, sembrava vi fossero “chiari prove” di un piano per piazzare una base statunitense proprio lì, e fare del Paraguay un’altra Colombia, da cui controllare il Cono Sur. Altri indizi? Per la prima volta il presidente del Paraguay veniva accolto in pompa magna alla Casa Bianca, e contemporaneamente si aumentava la quantità di zucchero che il Paraguay esportava negli Stati Uniti. Uno base militare appariva uno smacco soprattutto per il Brasile, che da sempre punta alla leadership nella regione, e per farlo deve sottrarre terreno a Chávez, ma smarcarsi anche dagli Stati Uniti.

Le pressioni dei paesi limitrofi in questo caso hanno funzionato e così nel 2006 l’accordo militare salta: il Paraguay non può dimenticare che è parte del Mercosur (Mercato comune del sud fondato da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay), condivide lo stesso passato coloniale, né può ignorare il proprio Pil: il Brasile è il primo paese fornitore e il terzo cliente del Paraguay, l’Argentina è il primo cliente e il terzo fornitore, mentre gi Stati Uniti sono decisamente indietro, in pratica contano meno di Brasile e Argentina. In cambio dell’accordo saltato nel 2006 viene creata una unità di intelligence congiunta tra i tre paesi per lottare contro la criminalità, un messaggio deciso soprattutto verso nord: siamo preoccupati anche noi, ma è affare nostro.

D’Altronde l’ America Latina il problema lo conosce da tempo, fu l’Intelligence argentina a lanciare l’allerta su questo far west latino, dopo le bombe anti israeliane che nel 1992 e nel 1994 fecero a Buenos Aires centinaia di vittime. Ma tutto questo cosa c’entra un film della Bigelow, una opera hollywoodiana in cui ci saranno spari, scoppi, auto in fuga? E’ il potere della narrativa cinematografica a spaventare?

Nessuno è felice della cattiva pubblicità che arriverà ad una zona innanzitutto turistica: le cascate sono uno delle prime destinazioni turistiche per l’ Argentina. Ad impugnare la spada di Bolívar è stata la ministra paraguaiana Liz Cramer (del governo di sinistra dell’ex vescovo cattolico Fernando Lugo). “C’è chi dice che non esista pubblicità negativa, che tutta la propaganda in fondo è buona- ha detto il ministro- Sarà valido per il gossip, per la politica, ma nel turismo non è affatto così”, ed ha rincarato la dose: “Questo film non avrà nessun appoggio pubblico, sarebbe stupido collaborare per pochi pesos con stranieri che vengono a dipingerti come la spazzatura più grande del paese”. L’omologo argentino non è stato da meno: “Siamo d’accordo anche noi. Siamo profondamente indignati verso un film che presenta negativamente tre paesi latinoamericani”.

Nessuna reazione ancora dalla Bigelow, che sull’appoggio popolare ci conta, e passerà tutte le grane al suo staff proprio mentre stanno iniziando i lavori. L’ente del turismo potrebbe rifiutarsi di concedere la liberatoria per le immagini delle cascate, ma a quel punto mancherebbe la parte migliore della frontiera, un autogol per il turismo.