Gli Errani fanno i paladini delle tasse fino a quando gli arriva una multa
19 Agosto 2010
Questa mattina, in piena emicrania per il perdurare del molesto vicinato d’ombrellone, ho fatto un giro nel paese. Il richiamo del mercato ortofrutticolo è stato irresistibile. Non è certo il luogo adatto a sconfiggere il mal di testa, ma vi assicuro che in confronto a quella turbolenta famiglia le voci dei fruttaroli sembravano musica ambient.
Ma gli Errani sono così tanti che è impossibile starci lontano, a meno di non emigrare in Papuasia. Ed infatti la protesi femminea e più acidula della famiglia, la signora Errani, era in giro tra le angurie e le prime casse d’uva, una starlette a tutti gli effetti. Ha un pareo consistenza velo nuziale e tacchi altissimi che la fanno storta come un’antenna televisiva post-uragano. Giuliano Ferrara al confronto è l’etoile della scala. La signora intanto ha il fiatone e un attacco d’ansia. La spesa è la scelta di vita più ardua. Vivere da salutista o da risparmiatrice? This is the question. Ma sappiamo anche che lei è presa da amore fortissimo per l’etica e soprattutto per la giustizia. Senza dimenticare il fanatismo per i cibi biologici, la soia ed ogni tipo di semino sommati all’odio più volte ribadito per i cibi precotti. È il classico tipo che non lava le verdure, imbastendo campagne pro-vitamine, per non disperderne la genuinità, e solo quando è depressa cede alla nutella.
Ho appena avuto il tempo di immaginare la triste fine che avrebbe fatto il fruttivendolo prescelto dalle femmine furie, che si è scatenato il putiferio. Quel piccolo uomo, difeso solo dalla ferraglia della sua Ape Car, è stato travolto dalla verecondia erraniana e giustiziera. La nostra moderna Sailor Moon, animata da buoni principi, ha urlato come una lupa nelle notti di luna piena. L’ignaro canuto aveva commesso un errore per il quale la signora avrebbe chiesto la lapidazione: nel momento del pagamento aveva preso in mano il sacchetto e con molta familiarità e sicurezza, dopo averci sbirciato dentro per meno di un secondo, lo aveva richiuso e aveva sentenziato il prezzo. Non lo aveva pesato, e non si dimostrava intenzionato a battere nessuno scontrino.
La signora aveva avuto un mancamento. Trovarsi di fronte a tale brigante l’aveva stesa. E in più si era anche accorta che l’aglio era di importazione cinese. Con un polso sulla fronte, nel tentativo di sollevarsi, e l’altro braccio allungato come quello dell’ispettore Gadget, indicava l’uomo a tutto il popolo dei fruttaroli. Gli teneva il dito contro, a un millimetro dalla cornea, e lo appellava ladro ed evasore. Una eroica crociata sull’evasione fiscale e sulla frode ai concittadini. “Le tasse bisogna pagarle, il mondo va male per i furfanti come lei” continuava a volume maggiore con l’indice rivolto ora al vecchio, ora al sacchetto e talvolta all’aglio.
L’uomo dal canto suo cercava di difendersi sostenendo che la sua non era una condotta sistematica e abituale. Quella povera animucola era stata distratta dall’idea di togliersi le due furie dalle scatole nel minor tempo possibile, dopo che per un’ora e più avevano tastato pesche, assaggiato chicchi d’uva, bussato sulle scorze di tutte le angurie e agitato persino l’ultima noce di cocco.
Ma lei, la nostra paladina, oramai aveva in cuore la missione anti-evasione e non si sarebbe zittita facilmente. Anzi accentuò ulteriormente la persecuzione uditiva, paragonando il malcapitato fruttarolo a celebri fedifraghi come Pavarotti e Valentino Rossi, e ora anche Vasco Rossi. Ne aveva letto su Gente. Gianna nel frattempo aveva raccolto da terra il sacchetto con la frutta e lo aveva lasciato cadere rapidamente nella borsa. Nessuna delle due aveva tirato fuori il portafoglio.
La signora, sempre più infervorata come la più contemporanea delle Giovanna D’Arco, era decisa a lottare per il bene del Paese. E richiedeva l’aiuto degli organi governativi, nella persona dell’ausiliario del traffico all’angolo. Il tipo, con un osceno smanicato arancione, si era avvicinato cedendo allo sguardo languido di Gianna. Aveva già notato da lontano la signorina svestita e la teneva d’occhio da dieci minuti. Ci stava facendo dei pensierini poco ecumenici e attendeva l’occasione per attaccar bottone.
Solo l’intervento del prode Smanicato aveva placato l’ira della signora. L’uomo, con l’eleganza di un generale plurigraduato, aveva ripreso verbalmente il vecchietto, e aveva promesso alla signora che avrebbe avvisato gli organi di competenza affinché si vigilasse più attentamente sulle frodi al cittadino. Poi aveva voltato le spalle allo sventurato, non prima di essersi riempito le tasche della divisa di mandorle tostate. Immediatamente aveva cercato l’avvicinamento con la nostra starlette. Se non avesse avuto il berretto e il libretto delle multe nella tasca, chiunque lo avrebbe scambiato per il radiologo della ragazza. C’era da prendere esempio.
La ragazza gli dava corda. La ex signora lo aveva eletto a paladino della giustizia. Dopo di lei naturalmente. Tutti e tre si erano diretti al parcheggio dopo aver lanciato un’ultima occhiata bieca al povero vecchio, che intanto si era tutto fuso con la ferraglia per la vergogna. Davanti all’auto un altro urlo della donna. Sul cruscotto svolazzava un foglio rosa, fermato dal tergicristallo. Una multa. La signora aveva scordato il grattino e Smanicato, senza sapere che l’auto apparteneva alla matrigna della sua nuova dea, non c’era andato leggero col verbale.
La iena adulta inizia subito con il mea culpa per la dimenticanza: “per via dei troppi impegni, e il caldo, lo stress estivo e il parchimetro poco visibile”. La iena giovane sbatteva le ciglia con la forza dell’uragano Katrina. Smanicato, totalmente rintontito, aveva accolto senza sforzo le loro ragioni. Due donne così a modo andavano tenute su un palmo della mano, oltre che tra i palmi pensava. E senza esitare aveva strappato la multa sorridendo. Poi aveva avvicinato la guancia sudaticcia a Gianna per un bacino che non gli fu negato.
La ex signora aveva messo in moto l’auto. Quella donna era maestra nel prendere multe, così come lo era nel farsele strappare. Proprio l’altra mattina aveva raccontato inorgoglita al suo amore professorino di non averne pagata mai una in vita sua.