Le amministrative stanno creando crisi di identità nel Pd abruzzese

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Le amministrative stanno creando crisi di identità nel Pd abruzzese

16 Febbraio 2011

Le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio stanno scatenando un vero e proprio putiferio all’interno del Pd regionale. E più che compattarsi in vista dell’appuntamento con le urne, nel Centrosinistra stanno emergendo con forza divisioni e conflitti interni. Di comune in comune, ciò che si registra somiglia molto, infatti, ad un bollettino di guerra.

Si comincia con il caso più emblematico. A Vasto il Pd si è spaccato in vista delle primarie e il sindaco, Luciano Lapenna, si è dimesso in aperta polemica con il partito. Poco più in là, a Roseto, sempre il Pd ha indetto le primarie per il 6 marzo prossimo, per la scelta del candidato sindaco. Una decisione che ha scatenato ire incrociate. E che non è piaciuta affatto alle potenziali forze alleate, che hanno parlato senza mezzi termini di una scelta autoritaria, che come tale rischia di compromettere in maniera insanabile la nascita della coalizione.

Dall’Italia dei Valori a Sel (Sinistra Ecologia e Libertà), il malcontento è dunque ai massimi livelli, tanto che i più critici mettono addirittura in discussione l’esistenza di una coalizione, visto che a quanto pare con il Pd non ci sarebbe “mai stato modo di parlare di politica e di programmi condivisi”. E quindi, qualsiasi candidato sarebbe solo espressione di giochi di potere in atto.

Complessa la situazione anche a Vasto, dove, stando alle parole dell’ormai ex sindaco Pd: “non era possibile continuare in un pantano”. E, affondando ancora più giù la lama, Lapenna ha denunciato la mancanza di lealtà e rispetto all’interno del partito. Per concludere con l’aperta denuncia di Rifondazione Comunista che addirittura mette in dubbio la possibilità di formare una coalizione.

Ma la guerra di tutti contro tutti in seno al Pd non si esaurisce a questi casi più eclatanti. A Manoppello il Pd ha 3 candidati sindaci, a Popoli ha 2 candidati sindaci. E a Penne, il sindaco Pd è stato sfiduciato dal suo stesso partito e non sarà ricandidato. Una geografia di crisi che conferma che il Centrosinistra, al di là dei proclami, non ha ancora trovato la sua identità e si presenta piuttosto come un affastellamento di forze lontane e inconciliabili. A unire le cui anime, alquanto varie, i sembra esserci solo la volontà di critica contro la maggioranza e non un programma di governo alternativo.

Personalismi e scarsa trasparenza nelle scelte e nelle alleanze stanno così distraendo gli amministratori locali dai loro compiti, che specie in un momento politico come questo dovrebbero essere in grado di compiere scelte importanti, dimostrando capacità politica e senso di responsabilità. Invece, ad avere la meglio, sono ancora una volta le lotte clandestine e i giochi di potere. Una scenario che si ripete identico, così al livello nazionale quanto al livello locale.

Come a Roma il Pd perde pezzi – l’ultima fuoriuscita è la senatrice Emanuela Baio Dossi, che ha deciso di passare all’Api – anche in Abruzzo il quadro delle alleanze è in continua trasformazione. E a fianco alla lamentata incapacità del Pd di rappresentare i problemi del paese, c’è anche la spasmodica ricerca di consensi nell’ala più spostata a sinistra, che sta minando la tenuta dei moderati.

Sfiora il paradosso la situazione che si è venuta a creare a Spoltore, dove Sel alle prossime elezioni con ogni probabilità affiancherà il Centrodestra. Tanto che il segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci, ha denunciato lo “sciacallaggio quotidiano” di cui si sente vittima, ad opera di forze “profondamente incoerenti”, mentre tenta di costruire una forza alternativa. Con un chiaro riferimento al partito di Niki Vendola.

Un malcontento crescente e pericoloso, che uno dopo l’altro vede sfilare un nuovo schieramento, quello dei delusi e degli insoddisfatti. Eppure il centrosinistra fa finta di niente, nascondendosi dietro la sua crociata contro Berlusconi. Un alibi, forse, per non vedere che il progetto del Pd sta fallendo prima ancora di nascere.