Anche Vendola ammette che tra politica e giustizia c’è un corto circuito

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Anche Vendola ammette che tra politica e giustizia c’è un corto circuito

14 Gennaio 2011

di M. C.

Nel foyer del Teatro Petruzzelli, ieri pomeriggio, si è tenuta la presentazione dell’ultimo saggio del presidente della Corte d’Appello di Bari, Vito Marino Caferra: La giustizia e i suoi nemici (Cacucci editore, 302pp). L’incontro, che rientra nel programma di “Book Show”, l’iniziativa patrocinata dalla Commissione Cultura del Comune di Bari, è stato moderato dal professor Giuseppe Tucci, ordinario di Diritto Privato a Bari, ed ha visto la partecipazione dell’autore, del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e di Gaetano Quagliariello, Vice capogruppo del Pdl al Senato e presidente Onorario della Fondazione Magna Carta.

Stimolati dalle riflessioni del professor Tucci, che ha aperto il dibattito sottolineando “l’estrema attualità del tema”, prima Nichi Vendola e poi Gaetano Quagliariello hanno riportato le loro riflessioni scaturite dopo la lettura del saggio di Caferra.

Il presidente Vendola, tra giochi retorici e false modestie, ha ammesso la complessità e l’incandescenza del terreno giudiziario italiano e la necessità di approcciarsi a questo mondo “in punta di piedi”, ma ha subito riconosciuto i grandi pregi dell’ultimo lavoro del Presidente Caferra, che sono quelli d’aver individuato “tutti gli elementi più scabrosi della contesa politica e di offrire un punto di vista nuovo, proprio di chi sta cercando di dire che bisogna recuperare sobrietà nell’approccio alle tematiche giudiziarie”. I nemici della giustizia, i Signori del diritto in primis, richiamano alla mente del presidente della Regione quelli che Sciascia definiva, con un velo di sarcasmo, i professionisti dell’antimafia, “coloro che si ritengono depositari di una concezione fondamentalista del diritto”.

“Tra i Signori del diritto – continua Vendola – ci sono quelli che interpretano il ruolo di Pubblico Ministero con compiti salvifici: il Presidente Caferra apre una porta e ci invita ad attraversare quella soglia e vedere ciò che è successo. La spettacolarizzazione della giustizia ha reso i processi battaglie che si svolgono sotto gli occhi di un giudice che deve essere terzo: quando diventa costruzione dell’immaginario collettivo un processo si sposta in una piazza mediatica dove non c’è la percezione del dolore, ma ci si scorda che durante i processi c’è in gioco il bene maggiore dell’uomo: la libertà individuale.”

Dopo le parole di Nichi Vendola, Tucci ha ripreso alcuni degli argomenti trattati da Caferra, tra cui le leggi ad personam e “l’ineguagliabile espansionismo giudiziario – la cosiddetta ipertrofia normativa – che va al di là dei limiti tracciati durante l’età moderna”, ed ha ricordato alcune iniziative promosse dalla Regione Puglia per combattere la criminalità come l’Agenzia Regionale per la legalità. Ha sottolineato, inoltre, la necessità di “riequilibrare il rapporto con la giustizia e di renderla un servizio efficiente”, anche se si è mostrato consapevole del fatto che non possa bastare “l’intervento dei politici, ma di tutti gli operatori di giustizia” per migliorare l’intero comparto.

Secondo l’analisi del presidente Quagliariello, invece, la preoccupazione di fondo che è alla base del lavoro di Caferra non sarebbe la spettacolarizzazione della politica che, come insegna Simenon in un suo romanzo, fa parte della storia, “ma riguarda il rapporto tra i poteri dello stato e la qualità della nostra democrazia”. Quando dai Padri costituenti fu messa a punto l’impalcatura della nostra democrazia, l’autonomia del potere giudiziario “fu controbilanciata dall’articolo 68 della Costituzione, che prevedeva una sorta di immunità per chi esercitava il mestiere di rappresentante del popolo.” L’abolizione di questo articolo ha compromesso l’equilibrio democratico, ponendo la politica sotto il giogo giustizialista e minando la sovranità che il popolo esercita nel momento del voto. “Il legittimo impedimento – continua Quagliariello spostandosi sull’attualità – era uno strumento empirico ed appropriato, ma se non può essere determinato dal soggetto e viene invece gestito dal giudice, l’equilibrio raggiunto viene meno, come il principio di leale collaborazione tra organi dello stato. Il problema è la qualità della nostra democrazia: vogliamo un equilibrio dinamico tra poteri o vogliamo trovare una nuova forma di governo?”

Quando il presidente di Corte d’Appello Caferra si è chiesto che funzione avesse un libro nell’era del web 2.0 la platea, dopo aver ascoltato il dibattito tra Vendola e Quagliariello, una risposta l’avrebbe avuta: le riflessioni, distanti e profonde, hanno reso il dibattito avvincente e reso omaggio ad un tema troppo spesso “banalizzato dai media” – per usare le parole di Caferra. “Il difficile rapporto tra la politica e la giustizia – continua l’autore che chiude i lavori – nasce da una sostanziale confusione di ruoli e la tensione che esiste è figlia dall’ampliamento dell’azione penale. Questo equilibrio, necessario, è una precondizione della vita giudiziaria senza la quale non è possibile alcun tipo di futuro.”