Afghanistan, bomba contro italiani: stanno tutti bene
04 Febbraio 2010
di redazione
In quattro se la sono cavata con ‘leggere contusioni’ e sono già tornati in servizio, un quinto resterà 24 ore sotto osservazione per ‘un sospetto trauma cranico’: ‘stanno tutti bene’ i cinque militari italiani che ieri sono stati coinvolti da un’esplosione in Afghanistan. La pattuglia viaggiava a pochi chilometri dalla base operativa avanzata (Fob, Forward operating base) di Shindand, che ospita la Task Force del Primo Reggimento Bersaglieri nella provincia occidentale di Herat, quando lo scoppio ha colpito il mezzo. Erano le 13.20 afgane, le 9.50 italiane. Ancora una volta la minaccia è arrivata da uno Ied, improvised explosive device, come sono chiamati in gergo militare gli ordigni fatti in casa, in maniera artigianale, con materiali di fortuna o contrabbando.
Non si sa ancora se quello esploso ieri sia stato azionato a distanza o sia deflagrato per pressione al passaggio del mezzo. A stabilirlo saranno gli uomini dello Iedd (Improvised explosive device disposal), specializzati nel riconoscimento e nella bonifica dei cosiddetti ordigni esplosivi improvvisati, che sono stati immediatamente inviati sul posto. Quel che è certo è che anche stavolta il blindato Lince ha retto all’urto salvaguardando i cinque a bordo che, dopo essere stati trasferiti all’ospedale da campo della base, sono riusciti a tranquillizzare i propri familiari al telefono. I militari stavano rientrando alla base da un’attività congiunta con l’esercito afgano cosiddetta di Key leaders engagement, vale a dire da uno di quegli incontri con esponenti chiave dei villaggi e dei paesi afgani – anziani o consiglieri provinciali – volti a conquistare l’appoggio della popolazione e a definirne insieme le esigenze. Una di quelle attività che i Taliban cercano di ostacolare.
E chi ricorda i razzi esplosi tre giorni fa nei pressi di Camp Arena, la base del Comando italiano della regione occidentale, o la battaglia di fine dicembre tra la Brigata Sassari e i Taliban a Bala Murghab, già parla di ‘escalation’ della violenza degli insorti. ‘I recenti attacchi altro non sono che uno degli effetti dell’incisiva presenza dell’Isaf nell’aera’, spiega da Herat – dov’è di stanza con la sua Brigata Sassari dal novembre scorso – il tenente colonnello Marco Mele, portavoce del contingente italiano in Afghanistan. Di recente, grazie a un milione di euro stanziato dal ministero della Difesa italiano, proprio nel distretto di Shindand, nella valle di Zerkoh, è stato inaugurato un ponte che a detta del colonnello Mele faciliterà la libertà di movimento di popolazione e truppe. Un risultato che i Taliban – che da questo distretto strategico, a ridosso della provincia di Farah e del confine iraniano, contrabbandano oppio e armi – non avranno visto di buon occhio.