Tra Bassolino e De Luca qual è il vero volto del Pd in Campania?
04 Febbraio 2010
di Enzo Sara
La maschera e il volto. Ha un vago sapore teatrale la sfida che si profila in Campania per l’elezione del prossimo presidente della Regione. Il Pdl punta su Stefano Caldoro, volto nuovo (cinquant’anni non ancora compiuti, nella politica italiana, sono da considerare a pieno titolo un’età verde), pulito e coerente per una proposta di rinnovamento autentico. Sull’altro versante, invece, il Pd si è trovato nell’assoluta impossibilità di presentarsi con le sembianze del governatore uscente, quell’Antonio Bassolino sulla cui gestione si è detto e scritto anche troppo: iniziata tra le fanfare mediatiche di un presunto Rinascimento napoletano, è finita nell’immondizia che ha invaso le strade del capoluogo partenopeo e delle altre province, offrendo in campo nazionale e internazionale la peggiore immagine possibile di quello che dovrebbe essere il cuore pulsante del Mezzogiorno d’Italia.
Improponibile, per ovvie ragioni, è apparsa anche l’idea di schierare un politico che rappresentasse l’emanazione di Bassolino sul territorio: di qui la decisione di gettare la spugna a priori e di rinunciare alle primarie. Ecco allora, la necessità per il Partito Democratico di indossare una "maschera" per sottoporsi al giudizio dei cittadini, fidando nella loro memoria corta o nella loro fatale ingenuità, con l’obiettivo di limitare i danni se non proprio con il sogno (illusione?) di cambiare le carte in tavola fino al punto di ribaltare quello che sembra – e dovrebbe essere – un ineluttabile responso delle urne.
In tutta franchezza, non si può negare che la scelta della maschera sia per certi versi azzeccata. Vincenzo De Luca si presenta alla competizione con il biglietto da visita costituito dall’immagine che è riuscito a ritagliarsi nella sua Salerno: quella di un sindaco decisionista ed efficientista, eretico e populista, antipolitico e trasversale. Il nodo delle vicende giudiziarie in cui è rimasto coinvolto interessa relativamente: il compito di scioglierlo spetta esclusivamente ai dipietristi e più in generale all’ala forcaiola-giustizialista del centrosinistra.
Il cuore del problema è un altro: è credibile il De Luca che predica rivoluzioni, azzeramenti e alternative su tutta la linea? La risposta negativa al quesito appare, per la verità, fin troppo ovvia e scontata. L’orizzonte della Campania è molto più vasto rispetto a quello di Salerno. E non si vede come si possa invertire la rotta se si scende in campo per lo stesso partito e con l’appoggio delle stesse forze politiche che hanno guidato la Regione negli ultimi quindici anni portandola ai minimi storici. Uno schieramento che trova ancora, malgrado tutto, il suo principale punto di riferimento nel vicerè Antonio Bassolino. Il quale, non a caso, sta inviando segnali precisi, sostenendo che il Pd avrebbe dovuto cercare la candidatura giusta all’interno della società civile e non catapultarsi sul nome di De Luca. Si tratta, in realtà, di un gioco delle parti abbastanza palese per non dire smaccato.
Il vero obiettivo attuale di Bassolino è quello di alzare il prezzo, di porre paletti fermi e precisi, di far capire chi è che realmente comanda il gioco, di mettere insomma una pesante ipoteca sulla candidatura di De Luca. E quest’ultimo, dal canto suo, è troppo intelligente e navigato per non sapere che in nessun caso potrà prescindere dal sostanziale appoggio di Bassolino e del suo regno clientelare a Napoli. I primi ammiccamenti e compromessi, occultati da roboanti dichiarazioni all’insegna del "tutto sbagliato, tutto da rifare" ci sono già stati. E alla lunga diventeranno sempre più frequenti, evidenti, inevitabili. Tanto che De Luca, sinistrorso periferico-irregolare-nuovista, appare fin da ora ostaggio del vecchio bassolinismo napolicentrico.
Per la Campania, in definitiva, la sfida è soprattutto con se stessa. E’ un bivio tra passato e futuro, tra rassegnazione e tentativo di recuperare la dignità perduta, tra cambiamento di facciata e svolta concreta. E appare chiaro che, in tal senso, va smascherato alla radice il falso mito secondo cui si può cercare un’alternativa alla sinistra votando a sinistra. In una democrazia matura (e in una regione che abbia realmente a cuore il proprio futuro) esiste un solo tipo di autentica discontinuità: l’alternanza tra diversi schieramenti politici. Non c’è spazio per forme anomale di "rupture" alla pummarola.