L’Italia deve essere fiera del premio che ‘Camera’ offrirà a Fiamma Nirenstein

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L’Italia deve essere fiera del premio che ‘Camera’ offrirà a Fiamma Nirenstein

08 Aprile 2011

di E.F.

Uno dei meriti del governo Berlusconi e dell’attuale maggioranza è quello di aver promosso la creazione di degne e floride relazioni bilaterali tra l’Italia e Israele. Uno sforzo che segna la fine dell’equivicinanza (o equidistanza da prima repubblica) sulla questione mediorientale e che ha sancito il tramonto della politica filo-palestinese italiana.

Un’inversione di rotta diplomatica nelle relazioni tra l’Italia e lo Stato ebraico fatta di sforzi diplomatici e di buona politica. Un’azione impossibile senza l’impegno di uomini e donne che negli anni hanno fatto le ore piccole, sudato e cercato, con i loro mezzi, di arginare la marea del conformismo italico filo-palestinese.

E’ per questa ragione che l’Emet Award che il Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America – Camera rimetterà al Friends of Israel Initiative, insignendo il vice-presidente della commissione affari esteri della Camera, Fiamma Nirenstein, l’ex-primo ministro di sua Maestà spagnola, Josè Maria Aznar e l’ex ambasciatore statunitense all’Onu, John Bolton, assume un valore di straordinaria importanza.

Queste tre grandi personalità, infatti, sono accomunate dall’essere tre dei fondatori della Friends of Israel Initiative, una coalizione internazionale nata nel 2010 con lo scopo di rispondere alla delegittimazione di Israele e affermare il suo diritto alla pace entro confini sicuri e difendibili.

Fiamma Nirenstein, in particolare, ha apportato nel Parlamento italiano – e nella maggioranza attuale – la propria cultura di promozione delle democrazia nelle società mediorientali. Ma soprattutto la perseverante promozione della verità su Israele e la sua meravigliosa – e talvolta tragica – condizione esistenziale. Un’azione culturale che spinge chi incroci la via delle sue attività parlamentari e letterario-giornalisitiche, al riconoscimento dell’indispensabilità della sua opera.

Si tratta di "un riconoscimento non solo a me ma anche alla politica delle istituzioni italiane. Ognuno di noi tre nel proprio campo – ha detto Fiamma Nirenstein – ha operato per ripristinare la verità su Israele che è un paese come tutti gli altri e che invece, a differenza degli altri, è attaccato ingiustamente. La prova più evidente di questi giorni è la ritrattazione da parte del giudice Onu Richard Goldstone del suo rapporto su ‘Piombo Fuso’ e le presunte responsabilità israeliane durante l’operazione".

"Vorrei ricordare – ha continuato Nirenstein – che l’Italia votò contro, in sede Onu, le conclusioni di quel rapporto e questo dimostra la serietà della politica estera italiana. Io, come Aznar e Bolton, ho lottato a lungo contro i pregiudizi che hanno impedito una giusta idea di Israele. Sono molto fiera del premio e vorrei che venisse vissuto non solo come un riconoscimento alla mia persona ma appunto anche alla politica complessiva dell’Italia".

Un tributo che rende omaggio allo sforzo di decenni di mobilitazione fisica e intellettuale e di analisi della realtà politica mediorientale. L’incontro con Camera sembra un perfect match, un incontro perfetto. Camera è un’organizzazione newyorkese – con finalità non dissimili da quelle del sito italiano Informazione Corretta – che persegue il difficile obiettivo di offirire al pubblico statunitense un contro canto equilibrato e accurato che si faccia argine alla dilagante tendenza manipolativa dell’informazione liberal e terzomondista euro-statunitense quando si parla di Israele e Medio Oriente.

Un premio, l’Emet Award, che negli anni è stato offerto a grandi sostenitori delle relazioni israelo-statunitensi e maestri della cultura occidentale in genere. E visto che non piace tirarci indietro, faremo un po’ di name-dropping. L’anno scorso il premio Emet fu offerto allo scrittore e premio nobel per la pace, Elie Wiesel. L’anno prima era stato il turno del senatore democratico del Connecticut, Joe Lieberman, lui che fu anche running mate di Al Gore alle presidenziali Usa del 2000. E ancora, Alan Dershowitz e il noto  dissidente, già ministro di Israele, Natan Sharansky.

Una wall of fame piena di coraggio nella quale da domenica potremmo vantare anche un bel pezzo di Italia.