Il bunga-bunga mediatico giudiziario contro il Nemico

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Il bunga-bunga mediatico giudiziario contro il Nemico

14 Aprile 2011

Abbiamo da tempo rinunciato a chiosare le valanghe di intercettazioni-interrogatori-confessioni di cui ormai sono fatti la più parte dei quotidiani italiani. Sarebbe un lavoro a tempo pieno degno di miglior causa e qui abbiamo spesso cose più importanti di cui occuparci. La pubblicazione su Repubblica di mercoledì dell’interrogatorio di due nuove “testimoni” del bunga-bunga arcoriano ci costringe però a fare un’eccezione perché si tratta di un nuovo salto di qualità nel più che decennale scontro tra politica e circuito mediatico-giudiziario.

Nel giorno in cui il Parlamento deve esprimere il voto finale sulla legge sul processo breve, Repubblica titola “Scontro finale”. Ma lo scontro di cui parla non è tanto quello interno al Parlamento di cui Asor Rosa e tanti come lui farebbero volentieri a meno (non dello scontro ma del Parlamento), piuttosto quello tra la Repubblica della Procura e il Nemico.

Attenti alle date: lo scontro finale del 13 aprile si compie con due pagine intere di Repubblica, la 2 e la 3, in cui si riporta riga per riga il verbale di un interrogatorio avvenuto l’11 aprile a seguito di una memoria inviata il 4 aprile ai pm di Milano in cui Ambra e Chiara raccontano della loro “notte da incubo” del 22 agosto 2010. Così l’incubo di fine agosto, dopo essere stato rivisto e corretto dall’avvocato delle ragazze e senatrice dipietrista, Patrizia Bugnano, verbalizzato e depositato dai pm Pietro Forno e Antonio Sangermano, arriva cotto a puntino sulla Repubblica del 13 aprile, pronto per lo scontro finale. Due pagine fitte di seni nudi, glutei ondeggianti, palpatine furtive, simboli fallici, ambizioni e pentimenti, finite dritte sugli scranni dei parlamentari al momento del voto. Così mentre i deputati dell’opposizione salmodiavano gli articoli della Costituzione, i difensori del Nemico sarebbero rimasti soli con le cronache del bunga bunga e la loro coscienza. Il colpo è fallito per pochi voti ma ha avuto il suo effetto scenico.

Il meccanismo era così scoperto che i tre autori tre (D’Avanzo, Colaprico e Randacio) nelle pochissime righe rimaste a loro disposizione oltre lo spazio dedicato al verbale si affannano per spiegare la strana coincidenza temporale: “Bisogna subito raccontare – scrivono – perché solo ora e dopo otto mesi Ambra e Chiara decidano di uscire allo scoperto”. In effetti bisognerebbe raccontarlo “subito”: peccato che lo facciano poco e male. Dice Chiara: “Non avevo alcuna intenzione di parlare: mi sono sentita costretta dal clamore che ha assunto il caso. Non riesco a trovare posto come commessa”. Dice Ambra: “Oggi se digito il mio nome su google sono associata al bunga-bunga anche se sono stata solo una volta ad Arcore. Per strada mi insultano e ho seri problemi a scuola”. In realtà se si digita il nome delle ragazze su google, a parte la valanga di notizie, blog e articoli legati alla loro recentissima confessione, esce poco o niente. Di Chiara Danese c’è giusto qualche cenno alla sua partecipazione a Miss Italia; qualcosa di più esce di Ambra Battilana, vincitrice di Miss Piemonte. Più un articoletto del 21 gennaio apparso su CronacaQui di Torino dove già si raccontava della notte da incubo del 22 agosto, ma in questi termini: “C’è stato un invito a cena, sono andata e poi me ne sono tornata a casa, tutto lì. Ho la coscienza a posto e ne posso parlare tranquillamente”. Diverso il racconto offerto ai pm ad aprile: “Eravamo scioccate, terrorizzate – si legge nella memoria delle ragazze – Mentre camminavamo Berlusconi ci toccava i glutei, ci palpeggiava il sedere (caso mai non si fosse capito). Né io né Chiara lo abbiamo invitato a desistere, ma ci siano irrigidite…Chiara chiede a Fede una camomilla perché si sente male. Vogliamo soltanto andarcene ma non sappiamo come fare. Ci facciamo coraggio e andiamo da Fede che dice: se volete andare via va bene ma non pensate di poter fare le meteorine”.

Regge poco la motivazione del ritardo con cui le ragazze confessano la loro notte da incubo: parlano di insulti, telefonate anonime, marchio da prostitute nei loro paesi, difficoltà a trovare a lavoro o ad andare a scuola. E secondo Repubblica avrebbero parlato per mettere a tacere tutto questo. In realtà se si parla di loro è quasi soltanto dallo scoop di Repubblica in poi che le ha trasformate nelle giovanissime depositarie della “verità sul bunga-bunga”, con Silvio che le chiama “le bimbe” e Fede i “due bignè”.

Ma lo “scontro finale” del 13 aprile aveva bisogno di loro, poco importa se ne escono malconce. Forse peggio di come uscirono quella notte da Arcore. La legge sul processo breve può non piacere ed è certamente pensata anche nell’interesse del Nemico: ma se lo scontro finale è fatto di queste cose allora non si tratta tanto di legge ad personam, quanto piuttosto di legittima difesa.