Bossi e il Cav. vanno avanti ma sulle tasse da Tremonti solo uno sconticino
06 Giugno 2011
Governo e Pdl. Berlusconi e Bossi fanno il punto dopo la batosta elettorale; nel Pdl si ragiona sulle primarie dopo l’apertura del Cav. La strategia del centrodestra si muove su un doppio binario ma la direzione è unica: portare a termine la legislatura. Due anni per fare le riforme e sul piano più strettamente politico, creare le condizioni o almeno preparare il terreno per un’alleanza con l’Udc. Se l’asse Pdl-Lega resta “saldo” come conferma Alfano, l’attenzione resta concentrata sulla riforma fiscale e su come avviare l’iter che porterà all’abbattimento delle tasse.
Dal vertice di Arcore il segretario del Pdl esce con una dichiarazione: “E’ stato un incontro tra due leader e una squadra collaudata che ha governato bene il paese e che intende completare il programma arrivando alla conclusione della legislatura nel 2013”. E’ il segnale che il Senatur, nonostante i maldipancia del corpaccione padano che vorrebbe staccare la spina al Cav., non intende compiere passi falsi che potrebbero costargli caro specie sul versante delle riforme – dal federalismo, al Senato federale, al decentramento di alcuni dipartimenti dello Stato al nord – realizzabili solo con questo governo. La miglior cura ai maldipancia della base è dunque portare a casa ciò al quale si è lavorato finora pur con una tabella di marcia rallentata.
Ma è sulla riforma fiscale che da Arcore non è arrivata la ‘scossa’. Alfano aggiunge una frase laconica che pare ridimensionare le aspettative sul dossier dell’imposizione fiscale: “E’ stato riconfermato l’obiettivo, il pareggio di bilancio nel 2014 e il fatto che tutto questo dovrà avvenire secondo i tempi previsti e secondo i vincoli che l’Unione europea ci assegna”. Quanto basta per far pensare che nonostante le “pressioni” della Lega e le sollecitazioni del Pdl a misure finalizzate non solo al contenimento della spesa pubblica (una delle ragioni della sconfitta elettorale, secondo la maggioranza), Tremonti (presente al summit) non abbia concesso granchèmantenendo ferma la barra sul rigore dei conti pubblici. Le uniche indiscrezioni che escono dal summit riguardano l’orientamento a ridurre di un punto percentuale le cinque aliquote fiscali in vigore e tuttavia sono in molti a pensare che se questo sarà confermato, alla fine potrebbe rivelarsi “un pannicello caldo”.
Del resto, Berlusconi è consapevole che senza una ‘scossa’ che ridia fiato alle imprese e sostenga le famiglie, la maggioranza rischia di perdere consenso e perfino di giocarsi la partita delle politiche tra due anni. Ed è proprio su questo che negli ultimi mesi il rapporto con Tremonti si sarebbe raffreddato. Che ci sia bisogno di un segnale concreto per allentare la morsa fiscale era stato sottolineato la settimana scorsa durante l’ufficio di presidenza del Pdl negli interventi di alcuni ministri e dirigenti di partito: ora bisognerà capire come sciogliere il nodo riuscendo a coniugare rigore dei conti e crescita. Un bel dilemma, almeno in questa fase. Da parte sua Berlusconi smentisce attriti col titolare del Tesoro e a chi gli chiede se sul fisco c’è accordo con Tremonti risponde secco: “Assolutamente sì”. Un modo per stoppare sul nascere nuove fibrillazioni e rinserrare i ranghi ma certo, la linea rigorista difesa dal Professore di Sondrio non è stata digerita neppure dal Carroccio che comunque pare abbia strappato al Cav. l’impegno a trasferire al Nord alcuni uffici ministeriali con funzioni operative. Un risultato da esibire a Pontida (tra quindici giorni) per placare l’insofferenza della base leghista.
Nel faccia a faccia di Arcore non si è parlato del successore di Alfano alla Giustizia, né dell’ipotesi di due vicepremier, taglia corto il Guardasigilli, ma pure questi sono temi che restano sul tavolo della coalizione con la Lega interessata al dicastero di Via Arenula (come ha fatto già intendere il ministro Maroni) e che nei prossimi giorni dovranno essere affrontati nel contesto del rilancio dell’azione di governo. Nel totonomine che in queste ore tiene banco nei palazzi della politica si aggiungono new entry, come il ministro Mariastella Gelmini che potrebbe passare il testimone dell’Istruzione all’attuale vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, o come si vocifera negli ambienti padani ad un esponente del Carroccio, ad esempio Roberto Castelli che il Guardasigilli lo ha già fatto nel precedente governo Berlusconi.
Certo è che al di là delle quotazioni che salgono e scendono a seconda dell’ora e del giorno, la questione resta al centro del dibattito interno alla coalizione e non sarà sciolta prima della fine del mese, cioè dopochè il Consiglio nazionale del Pdl avrà ratificato la designazione (unanime) del ‘parlamentino’ su Alfano e la ratifica della modifica dello statuto. Con in mezzo, il delicato passaggio della verifica parlamentare sulla maggioranza chiesta da Napolitano dopo l’ingresso dei Responsabili nella compagine di governo.
Primarie nell’agenda del Pdl. Al netto delle dichiarazioni che da una settimana rimbalzano tra le agenzie di stampa e i quotidiani e nelle quali ciascuno dice la sua pur di mettersi in mostra arrivando a proporre primarie perfino sulla scelta dei candidati alle politiche, cosa c’è di concreto?
C’è un disegno di legge al quale sta lavorando Gaetano Quagliariello. Il concetto di fondo è semplice: no a primarie fai da te. I paletti altrettanto chiari: regole certe e di facile applicazione, da un lato per evitare ‘l’effetto cinesi’ (come accaduto al Pd a Napoli), dall’altro per rendere più ampia possibile la partecipazione di iscritti e sostenitori alla selezione dei candidati eletti a cariche monocratiche (sindaco, presidente di Provincia e di Regione). L’obiettivo è anche quello di archiviare definitivamente il rischio di un compromesso al ribasso sulle candidature (come accaduto a livello locale e poi certificato dalle urne) che porti dritti alla sconfitta.
Sì, ma come? Il vicepresidente dei senatori Pdl propone l’istituzionalizzazione dello strumento, ovvero una norma ad hoc che tuttavia non ha carattere di obbligatorietà, nel senso che i partiti possono decidere se fare o no le primarie ma nel momento in cui vi aderiscono, devono rispettare ciò che fissa la legge. Le garanzie. Quagliariello individua il meccanismo di un registro al quale avranno accesso iscritti e sostenitori che dovrà essere vidimato dal partito e attivato tre mesi prima della data in cui si terranno le primarie. Non solo: l’ufficio centrale elettorale dovrà controllare che non vi siano doppie iscrizioni su altrettanti registri e verificare l’autenticità dell’iscrizione.
Passaggi specifici per evitare che infiltrati di turno possano alterare e quindi falsare l’esito della consultazione. Più complesso applicare le primarie anche per la scelta del premier come ad esempio Roberto Formigoni vorrebbe. Ipotesi che Quagliariello non esclude a priori anche se preferisce ragionare sull’estensione dello strumento partecipativo nel contesto di una nuova architettura costituzionale che preveda l’elezione diretta del premier. Un tema, oltretutto, non all’ordine del giorno nell’agenda del Pdl e sul quale ci saranno tempi e modi di valutazione che non possono di certo monopolizzare il dibattito attuale su come rilanciare l’azione del partito, tantomeno essere affrontati in una prospettiva di medio termine.
Sul punto specifico, il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri, all’Occidentale spiega che le primarie per la premiership hanno senso solo in un’ottica di coalizione perché “non si può selezionare il premier e poi ragionare di alleanze con le altre forze politiche”. D’accordo sulla bozza Quagliariello e sul fatto di partire dalle cariche monocratiche “individuando modalità di facile consultazione e rendendo più ampia possibile la partecipazione. Insomma, sulle primarie non dobbiamo fare ammuina, come dicevano i borboni”. Messaggio per gli scettici o per quanti nel partito predicano bene esaltando le primarie e razzolano male lavorando dietro le quinte per affossarle.
Netto, invece, il giudizio di Quagliariello sull’ipotesi di usare le primarie addirittura per ‘regolare’ la democrazia interna ai partiti che, rimarca, hanno luoghi di confronto democratico dove si possono esprimere tutte le opinioni. Messaggio agli euforici delle primarie solo per aprire rese dei conti interne. L’esatto opposto di ciò che si deve fare e che ora il Pdl vuole fare.