Mostrare il corpo di Osama farebbe gioco alla propaganda antioccidentale
05 Maggio 2011
La solita incapacità di troppi osservatori di andare più in là del commento di giornata ha fatto criticare aspramente la scelta del presidente degli Stati Uniti di non pubblicare le fotografie di Osama Bin Laden ucciso dai reparti speciali americani.
In realtà le cose stanno in modo assai diverso, almeno a parere di chi scrive. E ciò per almeno tre ragioni, che spero buone e convincenti. La prima è che le foto del corpo straziato di Osama sono prova documentale di una violenza da lui subita, ancorché per una causa giusta. E quindi diventano immediatamente materiale di propaganda anti-americana, anti-occidentale e anti-cristiana.
Una banale dimostrazione di questo fatto l’abbiamo avuta nelle primissime ore dopo l’irruzione, quando le tv pakistane hanno subito dato vasta diffusione a un modesto fotomontaggio, realizzato a tempo di record proprio per montare immediatamente l’onda emotiva dell’Islam radicale. Il tema è già caldo di suo, non c’è motivo di eccitare gli animi con foto di teste sfondate da proiettili.
La seconda ragione attiene al rapporto che lega un evento, la sua documentazione e la nostra memoria. Un fatto documentato e cristallizzato nella fotografia emblematica diventa "dipendente" da quella foto. Cioè l’aspetto iconografico finisce per prendere il sopravvento sul merito della vicenda. Per chi ha dei dubbi facciamo due esempi.
La foto di Che Guevara morto ha finito per farne definitivamente un martire in nome della Rivoluzione, quella con la R maiuscola. E la foto (o meglio le foto) di Mussolini a piazzale Loreto hanno ampiamente contribuito a fornire elementi di ragione per i critici di quella incivile conclusione del ventennio fascista, peraltro assolutamente inscrivibile nel contesto di devastante e selvaggia violenza di quelle convulse settimane. Voglio essere chiaro su questo punto, onde evitare fraintendimenti.
Non mi interessa qui stabilire se e quanto piazzale Loreto è stato un momento di disumana ferocia o di comprensibile vendetta. Voglio soltanto dire che le fotografie ne sono state testimonianza decisiva per la costruzione del ricordo e l’elaborazione delle opinioni. Naturalmente, da giornalista quale sono, auspico sempre e comunque la più vasta documentazione di quanto accade in luogo pubblico, quindi difendo la pubblicazione di quelle foto oggi come ieri.
Vengo infine al terzo e più politico dei motivi. L’operazione di intelligence che ha portato all’eliminazione di Osama non è messa in discussione da nessun serio osservatore su scala mondiale. In più il presidente degli Stati Uniti ne ha dato conferma ufficiale. Se il capo della più grande democrazia del mondo ha bisogno delle foto a riprova di quello che dice vuole dire che la sua parola conta poco o nulla. Quindi Obama fa benissimo a tenere quelle foto nel cassetto. E farebbe benissimo a non farsi convincere a cambiare idea.