Il giro torna sulle strade d’Italia con la stessa passione di un secolo fa

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Il giro torna sulle strade d’Italia con la stessa passione di un secolo fa

07 Maggio 2011

“Non tramonterà mai la fiaba della bicicletta”, Dino Buzzati, inviato nel 1949 dal Corriere della Sera a seguire la corsa rosa. “A costo di apparir ridicola, salpa ancora in un fresco mattino di maggio, via per le antiche strade dell’Italia. Noi viaggeremo per lo più in treno-razzo, allora, la forza atomica ci risparmierà le minime fatiche, saremo potentissimi e civili. Tu non badarci, bicicletta. Vola, tu, con le tue piccole energie, per monti e valli, suda, fatica e soffri”.

Il primo Giro d’Italia. 13 maggio 1909. Notte fonda, sono le 2.53. Si ritrovano in 115 a viale Monza di fronte all’Albergo Loreto. Biciclette da 15 chili senza cambio, vestono maglioni di lana a collo alto e tubolari a tracolla. Organizza la Gazzetta dello Sport che anticipa di poco il Corriere della Sera. L’arrivo della prima tappa è previsto a Bologna. Sono 397 chilometri, il vincitore Dario Beni ci metterà più di 14 ore. Parte di notte e arriva che è quasi notte, l’ora legale verrà introdotta nel 1916. Quell’anno in Italia girano 500mila biciclette, siamo quasi 40 milioni, il Re è Vittorio Emanuele III e il Presidente del consiglio Giovanni Giolitti. Filippo Tommaso Marinetti il 20 febbraio pubblica a Parigi su «Le Figaro» il Manifeste initial du futurisme, tre settimane prima a Roma di fronte a 33 mila pellegrini c’è la beatificazione di Giovanna D’Arco e il duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia proprio in quei giorni sta per raggiungere i 7.500 metri nella scalata del K2 (ci arriverà il 26 maggio). E’ un giro da 2.408 chilometri divisi in otto tappe: Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova, Torino e arrivo di nuovo a Milano nell’Arena civica. Tre corse la settimana, una per ogni uscita del giornale. I 115 pionieri della bicicletta vengono tutti fotografati alla partenza per essere certi che siano gli stessi al traguardo. Alla fine arrivano a Milano in 49. “Me brüsa tanto el cü!”, così il vincitore Luigi Ganna al cronista che gli chiedeva le sue impressioni. Muratore varesino, detto el Luisin, si porterà a casa 5.325 lire delle 25mila di montepremi.

Luigi Ganna, il primo vincitore del Giro

“La bicicletta è nata come anti-cavallo. Per essa l’uomo diventò somiero di se stesso e si esaltò del proprio vigore”, così Gianni Brera nella prefazione alla ristampa di Addio, bicicletta (Longanesi, 1964). Più che una corsa sportiva, una gara di resistenza fisica. Nel 1912 le tappe sono otto ma se ne aggiungerà un’altra da Milano a Bergamo due giorni dopo la fine della corsa. Nella quarta frazione da Pescara a Roma straripa un torrente, gli organizzatori allungano il percorso di 50 chilometri e i corridori per protesta se ne vanno a Roma in treno. E’ il primo sciopero dei ciclisti, la tappa viene annullata e gli organizzatori sono costretti a rimborsare 20mila biglietti di tribuna alla folla romana inferocita. Strade sterrate, percorsi poco e male segnalati, spesso i corridori sbagliano pure strada. Come nel 1913 quando devono inseguirli coi muli al galoppo per avvisarli. E’ l’anno dell’esordio di Costante Girardengo e di una delle fughe più lunghe di tutti i tempi. Nella Campobasso-Ascoli Piceno Clemente Canepari poco dopo la partenza se ne va per 238 chilometri da solo. Vincerà con soli 5 minuti su Azzini e Contesini che lo stanno sopraggiungendo. E’ l’epoca eroica del ciclismo. Toccava ai corridori procurarsi da mangiare, da bere e un posto dove dormire. Non era raro che si perdessero le loro tracce, a volte venivano ritrovati dopo giorni che dormivano in qualche casolare sperduto di campagna.

Milano-Cuneo, Lucca-Roma, Bari-L’Aquila… Come tratte di media percorrenza delle future Ferrovie dello Stato. Quello del 1914 è un Giro in clima di guerra. Sabotaggi, chiodi sulle strade, corridori squalificati o dispersi. Partiti in 81, arrivano a Milano in otto. Toccano pure il Sestriere sotto la neve, passa per primo Angelo Gremo. A piedi. E’ del 1914 la tappa più lunga mai corsa al Giro, la Lucca-Roma di 430 km, vince Girardengo, col compagno Bordin che rimane solo in avanscoperta per 350 km e 14 ore di corsa. Del ’14 anche la velocità media più bassa (23,374 km/h), il distacco più alto sul secondo (1 ora, 55 minuti e 26 secondi), il maggior tempo di percorrenza di una tappa (Bari-L’Aquila, 19 ore, 20 minuti e 47 secondi) e il minor numero di corridori al traguardo finale. Nella Bari-L’Aquila Azzini va in crisi sul Macerone e viene ritrovato il giorno dopo in un granaio a Barisciano. Per Calzolari, reo di essersi attaccato ad una macchina sulla salita delle Svolte, l’Unione Velocipedista Italiana chiede la squalifica e al traguardo di Milano proclama vincitore Pierino Albini. Solo nel febbraio del 1915 il tribunale dà ragione alla Gazzetta e conferma la vittoria di Calzolari.

Un ostacolo imprevisto nel giro del 1922

Crollato il fronte austriaco sul Grappa, il nemico in rotta ad est del Piave, si ricomincia nel 1919. Il primo Giro di Girardengo, al comando dalla prima all’ultima tappa. Costante, cogli occhialoni da metalmeccanico sopra il berretto e la gloriosa maglia della Maino. Si attraversa un’Italia martoriata dalla guerra. Strade e ponti ancora distrutti, i corridori attraversano a piedi il Tagliamento prosciugato. Sono le stesse case ciclistiche a fornire le bici ai reduci dal fronte. L’irredentismo contagia anche il Giro, la prima tappa arriva a Trento, la seconda a Trieste. E il giorno dopo si spingerà fino a Fiume tra ali di folla festante all’arrivo dei corridori. Ancora Girardengo nel ’21 vince le prime quattro tappe ma nella Chieti -Napoli cade e rompe la bici. Gli avversari lo attaccano ma lui torna in sella e insegue stremato fino all’Altopiano delle cinque miglia. Dolorante, si ferma sulla vetta e traccia una croce sulla terra: “Girardengo si ferma qui”. Il marchio Giro d’Italia nasce ufficialmente nel 1922, quando La Gazzetta dello Sport lo deposita alla Regia Prefettura di Milano. L’anno dopo vengono ripresi gli arrivi e nascono le scommesse sul Giro: nella terza tappa con arrivo a Firenze (vince sempre il Gira), la giuria è costretta ad assegnare la vittoria ex aequo anche al fiorentino Pietro Linari, minacciata dai suoi concittadini. Solo due giorni dopo, lontana dalla Toscana, conferma vincitore il solo Girardengo.

Continua…