La Camera dice sì su Milanese ma nega l’uso delle intercettazioni per Verdini
03 Agosto 2011
di Gino Rey
Montecitorio dice sì su Milanese, no su Verdini. I pm partenopei, titolari dell’inchiesta sulla P4, potranno utilizzare i tabulati telefonici del deputato Pdl Marco Milanese, ex collaboratore del ministro Tremonti, e aprire le sue cassette di sicurezza. Respinto, invece, l’uso delle intercettazioni che riguardano il deputato Pdl Denis Verdini, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti del G8.
L’ex consigliere politico di Giulio Tremonti, poco prima del voto, ribadisce la propria innocenza parlando in aula. Dichiara che le accuse mosse contro di lui sono “false e ipocrite”. Poi aggiunge: “Quando ho preso posto per la prima volta in Parlamento, mai e poi mai mi sarei immaginato di dovermi difendere da accuse così infamanti”. E’ lui stesso a chiedere che la Camera accolga le richieste dei magistrati, poi si rivolge all’opposizione e invita Pier Luigi Bersani a riflettere su quanto sta accadendo. Queste accuse arrivano in un momento in cui il sistema partitico è evidentemente sotto attacco. Il parlamentare lascia intendere che il funzionamento dell’intero sistema democratico è a rischio. “Ignorare le mie parole e non intervenire per scoprire cosa si nasconde dietro questa macchina del fango sarebbe imperdonabile per tutti noi”. La replica del leader del Pd non si fa attendere. Bersani ricorda che da più parti si tende a mettere tutti nel mucchio. “Noi non rivendichiamo una differenza genetica, ma politica sì”. Esattamente la frase che ha usato nella lettera al Corsera per affrontare il ‘caso’ Penati.
Subito dopo il voto, Milanese chiede formalmente al pm, tramite il suo avvocato, di disporre anche l’acquisizione dei tabulati di tutti i telefoni legati al gruppo Viscione dal 2009 al 2010. Lo stesso legale chiarisce che dagli atti emergono elementi che lasciano pensare che Viscione potrebbe avere ottenuto notizie riservate da altri soggetti e non da Milanese. Il deputato Pdl è accusato di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio, associazione per delinquere nell’ambito di una indagine su una società assicurativa ed è indagato anche dalla procura Roma, per una vicenda di presunte tangenti.
Anche Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, prima del voto dell’Aula prende la parola per ricordare un aspetto della vicenda che sta affrontando: “Sono due anni che sono massacrato, che vengo travolto da questo tritacarne mediatico e giudiziario da cui voglio uscire velocemente, perché tutto questo avviene con danni enormi e irreparabili”. Il deputato rileva poi la necessità di riformare le norme sulle intercettazioni e spiega che bisogna evitare che si creino nuovi casi come il suo, sollecitando i parlamentari a riflettere su questo punto. “Da troppo tempo si sta sputtanando la gente su queste cose. A me è già avvenuto e nulla di più si può fare rispetto a quello che è stato fatto se non andare ai processi se ve ne sono le condizioni, ma queste cose toccano l’anima, il cuore e le famiglie. Non ho paura, ma non voglio perdere la mia onorabilità”.