“I principi del Pdl sono validi per credenti e non credenti”

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

“I principi del Pdl sono validi per credenti e non credenti”

“I principi del Pdl sono validi per credenti e non credenti”

05 Luglio 2011

"Il PdL è un partito di credenti e di non credenti, di cattolici e non cattolici, ma come accade in tutti i grandi partiti popolari europei, ci sono principi che nessuno può pensare di mettere in discussione e che devono valere per tutti…". Gaetano Quagliariello, il presidente vicario dei senatori del Pdl, fissa quattro punti e ribadisce una linea. "Li ha enunciati Alfano: vita, famiglia, sussidiarietà e libertà educativa sono principi non negoziabili. Su questi non si tratta e chi avesse intenzione di farlo non potrebbe far parte del PdL". È un messaggio netto. Un chiarimento che in qualche modo si lega alla ripresa del dibattito alla Camera sul fine vita. Quagliariello confessa il tormento personale. "Stiamo giocando un partita che molti avrebbero evitato. Su certi temi i parlamenti dovrebbero tacere. Bisogna però rendersi conto che in Italia ci sono lobby che hanno pianificato delle vere e proprie campagne per annullare le nostre identità e le nostre tradizioni".

Annullare?

"Già, con direttive europee, con sentenze di tribunali, con decisioni prese a livello comunale o regionale si sta provando ad aggirare la sovranità del popolo".

Alfano ha battuto sulla parola onestà e ora c’è il caso Papa…

"Non si tratta di un giudizio morale su Papa; c’è piuttosto la necessità di non scardinare delle prerogative".

Prerogative?

"A livello istituzionale il rischio di perdere ogni equilibrio nel rapporto politica-giustizia è reale. E poi non possiamo mettere in dubbio il fatto di essere un partito di garantisti. Vogliamo essere un partito di onesti, non il partito degli onesti: l’onestà è una prerogativa della persona, non una categoria collettiva".

Ma Alfano…

"Alt: Alfano non vuole trasformare il PdL in un partito giustizialista. Ha però chiamato tutti noi a dire che la persecuzione giudiziaria subita dal premier non può diventare per nessuno un alibi dietro il quale nascondere malefatte".

Si spieghi.

"La nostra scelta garantista non verrà meno, ma sia chiaro: il garantismo non è innocentismo a priori".

Ha dei casi concreti?

"No. Mi rifiuto di dare giudizi a priori; il partito dovrà fare un lavoro serio per togliere ogni spazio a chi vuole approfittare della persecuzione del premier per coprire comportamenti illeciti".

Lo ammetta: casi se ne potrebbero fare.

"In un grande partito è anche fisiologico che ci siano zone grigie. Ma è anche vero che nel PdL altri oltre Berlusconi hanno subito ingiustizie. Il Pdl ha avuto una crescita tumultuosa e per certi versi anche anarchica. Ricorda un po’ quei Paesi con un’urbanistica spontanea: escono bene nel loro centro storico, ma poi sono sfregiati da casi drammatici di abusivismo edilizio".

Come si volta pagina?

"Mettendo fine alla cooptazione dall’alto, superando la logica del 70-30, opponendosi all’idea di congressi a suon di tessere e dicendo no al correntismo. E poi bisogna mettere in chiaro un’altra cosa: il PdL è nato come un partito federativo e questo ha autorizzato troppi a mantenere una propria dependance. Costruire la casa comune significa anche pretendere che le dependance siano smantellate".

Le dependance ci sono ancora? C’è il gruppo di Baccini, quello di Rotondi-Giovanardi, quello di Miccichè…

"È stata data una linea, nessuno pensava di cambiare con la bacchetta magica. Ma la strada è segnata: se il partito è unico, partitelli non potranno più esserci. E poi le correnti. Nella democrazia dei partiti sono state utili a rendere vivo il dibattito, nella democrazia degli elettori non funzionano più. E si trasformano inevitabilmente in gruppi di potere ed essiccano la radice ideale che invece deve continuare ad alimentare il partito".

Con la Lega c’è qualcosa che non va.

"L’unico obiettivo realistico è rilanciare questa alleanza. L’asse Lega-PdL dovrà essere il perno anche nella prossima legislatura e gli sforzi affinché ciò avvenga vanno fatti oggi. Non possiamo fermarci alle piccole rivendicazioni. Farlo sarebbe folle e autolesionistico per noi e per loro".

Autolesionistico?

"Ma sì, loro che continuano a minacciare "basta o stacchiamo la spina" e noi che facciamo i duri "provateci a farlo tanto non sapete dove andare". Ecco, questo sarebbe un regalo ai nostri avversari. Oggi noi e la Lega siamo chiamati a costruire nuovi percorsi programmatici. E a capire che il federalismo da solo forse non basta più. Da dove partiamo? Bisogna pensare a politiche economiche che guardano il Paese nel suo complesso ed elaborare con la Lega una strategia per convertire la crescente dualità dell’Italia da limite a risorsa. Il federalismo è stata una prima risposta. Ora bisogna tradurre la sfida teorica in realtà concreta e andare oltre. Un’idea? Lavorare sui contratti aziendali. E ipotizzare la possibilità di differenti condizioni a seconda della situazione dell’azienda e dell’ambiente nel quale si muove".

(Tratto da Avvenire)