Il dibattito contro le Dat dimostra che nessuno ha letto il testo della legge
05 Agosto 2011
E’ oramai con rassegnazione che mi imbarco nella lettura dei commenti sulla legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (dat) – il cosiddetto biotestamento – appena approvata alla Camera. Chiunque si sente pronto a scriverci su, anche chi non si è mai occupato dell’argomento, o addirittura chi, evidentemente, non ha neanche letto il testo di legge, con risultati per un certo verso comici ma, alla fin fine, drammatici, se si pensa alla confusione in cui cadono inevitabilmente i malcapitati lettori.
Comincio dall’ultima: Isabella Bossi Fedrigotti, giovedì scorso sul Corriere della Sera, commentando il caso della donna di Treviso che ha rifiutato alcuni trattamenti sanitari, rimpiange il bel tempo che fu, quando “il medico di famiglia accompagnava il paziente fin dove gli pareva sensato, lasciandolo poi andare senza costringerlo a bere o mangiare quando si faceva inappetente”.
Poiché “inappetente” significa “che ha poco appetito”, la Bossi Fedrigotti, letteralmente, ci spiega che i medici una volta, a loro discrezione, lasciavano morire di fame e di sete i malati a cui difettava l’appetito. In altre parole, una strage senza precedenti, che avrebbe mietuto più vittime della spagnola e della peste del trecento messe insieme, considerando che dall’influenza di stagione al morbillo, dalla depressione ai tumori, difficilmente le malattie fanno venir voglia di mangiare. Per non parlare dell’anoressia, il massimo della “inappetenza”. Sicuramente la Bossi Fedrigotti voleva dire qualcos’altro, e poiché è un’ottima scrittrice abbiamo buone possibilità che la prossima volta usi termini più appropriati.
Preoccupa di più, invece, quanto scrive il Prof. Vittorio Possenti, stimato collega al Comitato Nazionale di Bioetica, dal quale ci aspettavamo francamente un maggior rigore. Il 23 febbraio scorso, in un intervento sul Corriere della Sera, il Prof. Possenti si rallegrava di un cambiamento del testo di legge, allora in esame alla Camera, rispetto a quello approvato in Senato che “si riferiva solo alle persone in stato vegetativo (caso Englaro), e trascurava i ben più numerosi casi di pazienti in stato di incoscienza, incapaci cioè di intendere e di volere. Questa grave omissione è stata ora sanata nel ddl Di Virgilio“. Ma il 21 luglio 2011, Possenti sorprendentemente commenta sul Messaggero: “soluzione migliore sarebbe stata quella di una legge succinta, che considerando solo i malati in coma persistente, allontanasse nuovi casi Englaro, proibendo ogni intervento eutanasico nei loro confronti e introducendo aiuti per i pazienti e le loro famiglie”.
Escludendo un caso di omonimia fra Vittorio Possenti e Possenti Vittorio, e fermo restando che cambiare idea non è reato, sarebbe interessante che ne fosse spiegato il perché, visto che dal testo non è dato capire. “Possenti due” pare non essersi fra l’altro accorto che il testo approvato definitivamente alla Camera è già cambiato e si riferisce, per quanto riguarda le dat, solo alle persone in stato vegetativo, esattamente come lui auspica.
Va quindi nella direzione indicata dal prof., che però, evidentemente, non se ne è ancora accorto. Per ironia della sorte, il Prof. aggiunge che una legge siffatta “avrebbe avuto una maggioranza ampia”: e infatti questo testo è stato uno dei più condivisi della legislatura, con quasi tutte le votazioni segrete. Ma anche di questo il Prof. sembra ignaro. Nello stesso pezzo, c’è poi una gran confusione fra consenso informato e dat: il Prof. scrive “il ddl rimane silente sulla differenza tra rifiuto e rinuncia. Si riconosce che “nessun trattamento sanitario può essere attivato a prescindere dall’espressione del consenso informato”. Ma una cosa è attivare e un’altra è proseguire: sarebbe stato necessario far intervenire le Dat anche nel caso di proseguire mettendo in conto non solo il rifiuto ma anche la rinuncia”. “
La legge approvata dice tutt’altro: all’art.2 tratta il consenso informato, quindi il consenso attuale per persone capaci di esprimerlo, e all’art.3 le dat, separatamente. Nell’art.2 viene detto esplicitamente che il consenso informato può sempre essere revocato, e quindi rifiuto e rinuncia sono entrambe compresi mentre nel 3 si affrontano le dat che parlano d’altro.
Non solo: il sottosegretario Roccella glielo fa notare, il 29 luglio scorso sul Messaggero, ma il Prof., in evidente difficoltà, cerca di avere l’ultima parola e ribatte in una lettera successiva, il 3 agosto, cercando di – come si dice a Roma – buttarla in caciara. Sulla questione del consenso, che comprende rifiuto e rinuncia, non riconosce l’errore commesso e commenta “ma questo vale per i malati coscienti. E ci mancherebbe altro”. Prima però non l’aveva capito e aveva confuso art. 2 e 3 (non è stato l’unico, in verità).
Ma il punto, secondo Possenti, è che con il testo approvato alla Camera “le possibilità del malato non cosciente di far valere la propria volontà sono ingiustamente ridotte a zero”. La legge, però, non ignora affatto le volontà dei malati, semplicemente non le rende vincolanti per i medici, in linea con la Convenzione di Oviedo e soprattutto con un parere del 2003 del Comitato Nazionale di Bioetica, di cui Possenti faceva parte: un parere approvato all’unanimità, e quindi anche dal prof. che, ancora una volta, può legittimamente cambiare idea, ma sarebbe bene che ne desse spiegazioni pubblicamente, se pubblicamente decide di intervenire. Ancora Possenti, nella lettera ultima, protesta che la legge approvata “nulla dice di concreto sull’accanimento terapeutico”, che invece viene trattato all’art.3, quando si parla di trattamenti “sproporzionati”, e più in generale al 7, quando si cita il concetto di “proporzionalità”.
Come se non bastasse, il Prof. ribadisce di nuovo la necessità di una legge sullo stato vegetativo e con provvidenze verso le persone e le famiglie coinvolte, sorvolando il fatto che è proprio questa la legge approvata. Insomma: è forte il dubbio che approssimazioni e contraddizioni siano dovute più che altro a posizioni pregiudizialmente ostili a questa legge, e se ne parla contro a prescindere. Forse un dibattito pubblico, con il testo sotto mano, almeno con il prof. Possenti potrebbe essere utile.