Gorbaciov pensava di salvare l’URSS con una vodka in meno

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Gorbaciov pensava di salvare l’URSS con una vodka in meno

24 Giugno 2011

Anziché abolire la pianificazione centralizzata o promuovere una riforma dei prezzi, annunciò una drastica campagna contro l’alcol: pensava che se i lavoratori avessero bevuto meno avrebbero forse prodotto di più. Due mesi dopo essersi insediato al potere, impose restrizioni sulla vendita di alcolici, innalzò l’età minima per poter bere, e ordinò tagli alla produzione. Il risultato: enormi perdite al budget statale e drammatiche carenze di prodotti come lo zucchero, effetti che fecero si che gente cominciasse a prendere l’abitudine di produrre vodka illegalmente a casa propria. 

Solo dopo il fallimento di questa campagna – e solo dopo che il disastro nucleare di Chernobyl portò in casa propria i pericoli reali della segretezza in una società industriale avanzata – Gorbaciov intraprese il suo secondo tentativo di riforma. Tanto quanto la campagna contro l’alcol, la “glasnost”, o “apertura”, aveva originariamente l’obiettivo di promuovere l’efficienza economica. Una discussione aperta sui problemi dell’Unione Sovietica, nelle intenzioni di Gorbaciov, avrebbe rafforzato il comunismo. Il Segretario del PCUS non voleva certamente che la sua politica cambiasse il sistema economico dell’URSS in profondità.

Al contrario, non molto dopo aver preso il potere, disse a un gruppo di economisti del partito: “Molti di voi vedono la soluzione ai vostri problemi nel ricorrere ai meccanismi del mercato al posto della pianificazione diretta. Eppure, compagni, non dovreste pensare alle scialuppe di salvataggio, bensì alla nave, e la nave è il socialismo”. Naturalmente Gorbaciov finì per cambiare idea, tanto in economia quanto su tante altre questioni.  Uno schema che si sarebbe ripetuto molte volte nel suo mandato. Determinato a salvare la pianificazione centralizzata, disse al popolo di parlarne apertamente: il risultato fu che la gente concluse che non funzionasse. Determinato a salvare il comunismo, lasciò che il popolo lo criticasse – e il risultato fu che la gente si decise a volere piuttosto il capitalismo.

Determinato a salvare l’impero sovietico, diede agli europei dell’Est più libertà – che usarono per sfuggire dalla morsa dell’impero il più velocemente possibile. Non comprese mai quanto corrotte fossero diventate le burocrazie centrali o quanto immorali fossero gli stessi burocrati. Sembrò sempre sorpreso dalle conseguenze delle proprie azioni. Alla fine si trovò a correre dietro alla storia, anziché scriverla di suo pugno. 

In realtà, tutte le decisioni più significative e radicali di Gorbaciov furono quelle che non prese. Non ordinò ai tedeschi dell’Est di sparare alle persone che scavalcavano il Muro di Berlino. Non iniziò una guerra per evitare la secessione degli Stati baltici. Non fermò l’implosione dell’Unione Sovietica né evitò l’ascesa al potere di Eltsin. La fine del comunismo avrebbe potuto essere sicuramente più cruenta, e se qualcun altro fosse stato al potere probabilmente lo sarebbe stata. Per il suo rifiuto a usare la violenza, Gorbaciov merita senza dubbio la serenata sdolcinata di Paul Anka.  Fine della terza puntata. Continua…

Tratto dalla rivista Foreign Policy

Traduzione di Davide Tentori