Con le  dimissioni di Jobs finisce un’era e inizia il nuovo corso Apple

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Con le dimissioni di Jobs finisce un’era e inizia il nuovo corso Apple

25 Agosto 2011

Era il 1976 quando un giovane Steve Jobs, insieme al suo amico Steve Wozniak, fondò la Apple, lanciando l’anno dopo il primo personal computer della sua storia. Oggi sembra giunto il momento, purtroppo a causa di motivi di salute, per il definitivo cambio della guardia. Finisce un’epoca per la casa di Cupertino ma anche per il mondo informatico tutto, a prescindere da cosa si pensasse dell’iCeo.

“Ho sempre detto che se fosse arrivato il giorno in cui non avrei più potuto far fronte ai miei impegni come amministratore delegato di Apple, sarei stato il primo a dirlo. Sfortunatamente quel giorno è arrivato” ha scritto Jobs nella lettera di dimissioni. Un duro colpo per tutti i mela-maniaci, ma anche per i mercati finanziari. Perché se è vero che sul personaggio si può discutere all’infinito bisogna riconoscergli di aver ripreso la Apple (da cui era uscito nel 1985) sull’orlo del fallimento, nel 1996, e di averla portata a superare Microsoft sui volumi di vendita e nelle quote di mercato.

In un momento di crisi economica persistente la casa di Cupertino non solo continua a creare ricchezza ma soprattutto posti di lavoro. E’ più che legittimo quindi ragionare sulla fine di un lungo regno e ripartire da qui per differenziare, in qualche modo, il nuovo corso. Non si può fare la Apple di Jobs senza di lui. Alla sua immagine saranno sempre legati prodotti come il Macintosh, l’iPod, l’iPhone e l’iPad ma all’azienda servirà l’asso nella manica per creare un nuovo prodotto che non sia solo l’ultima versione di uno vecchio ma l’inizio di una storia da scrivere.

A guidare lungo il nuovo percorso sarà Tim Cook, anche se di fatto la Apple è da tempo nelle sue mani. Il nuovo Ceo conduce l’azienda da quando Jobs si è ammalato nel 2004 e – tranne le apparizioni pubbliche per presentare i nuovi prodotti – spesso il ruolo operativo è toccato a lui. Entrato in azienda nel1998 si è conquistato subito una certa credibilità, divenendo in breve tempo Chief operating officer. Le sue capacità manageriali sono note; ha rivisto completamente i settori della produzione e della distribuzione affidando ad esterni molte attività, contribuendo così ad un notevole aumento dei profitti.

Di lui si dice anche che sia piuttosto duro con i dipendenti, tanto che gira da anni una storiella: si racconta di una sfuriata nel corso di una riunione, quando, prendendo di mira un dirigente gli intimò di migrare in Cina. I presenti pensarono ad una battuta, ma poco dopo chiese al dirigente: “Perché sei ancora qui?”. Il malcapitato  andò diretto all’aeroporto di San Francisco: oggi è il responsabile di Apple per la Cina.

La pasta di Cook sembra la stessa del predecessore ma solo il pubblico decreterà il successo o meno della scelta. Un po’ come nella nostra politica, ci si sta rendendo conto che la successione di un leader carismatico non è facile. Come, per usare un termine di paragone più “basso”, è difficile assorbire il cambio di frontman in una rock band. Con l’aggravante che azionisti e borse sono più difficilii da convincere di una groupie 17enne.

Non resta che fare un grande “in bocca al lupo” alla Apple e rendere omaggio a Steve Jobs, uno che è stato definito dal Financial Times “la prima rock star dell’industria high-tech” per la sua abitudine di presentare ai suoi fan tutte le novità della casa dal palco di un teatro. Che il secondo tempo dello spettacolo abbia inizio.