Un buco nel secchio dell’Europa
24 Ottobre 2011
Se non fosse così tragica, l’attuale crisi europea sarebbe quasi divertente, però di un umorismo macabro. Mentre tutti i piani di salvataggio europei sinora messi in campo, hanno apertamente fatto fiasco, le ‘Very Serious People’ d’Europa – che sono, se possibile, addirittura più pompose e vanitose delle proprie controparti americane – continuano ad apparire sempre più ridicole.
Arriverò alla tragedia in un minuto. Prima però parliamo di quelle ‘botte sulle natiche’ che recentemente mi ha fatto venire in mente quella vecchia canzone per bambini che non smette di ronzarmi nella testa , “There’s a Hole in My Bucket” (ndt. la canzone a cui Paul Krugman si riferisce è d’origine tedesca).
Per coloro che non conoscono la canzone, dà conto di un pigro contadino che si lamenta di un buco in un secchio, la cui moglie esorta a colmare. A ogni azione che lei suggerisce al marito per colmare il buco, ci si rende conto che essa avrebbero avuto bisogno di un’azione propedeutica, e alla fine di tutta la canzone, la moglie chiede al marito di andare a prendere dell’acqua al pozzo. “Ma c’è un buco nel mio secchio, cara Liza, cara Liza”.
Ma che c’entra questo con l’Europa, si dirà? Beh, a questo punto, la Grecia, il paese da dove tutto è iniziato, è diventato nient’altro che un grigio evento minore. E’ chiaro che il reale pericolo arrivi invece da una specie di assalto agli sportelli dell’Italia, la terza più grande economia della zona euro.
Gli investitori, per paura di un possibile default italiano, stanno domandando un più alto tasso d’interesse per la remunerazione dei titoli di debito italiani. Questo innalzamento dei tassi d’interesse rende un default italiano paradossalmente più probabile.
E’ un circolo vizioso, con la paura default che finisce per diventare una profezia che si auto-realizza. Per salvare l’euro, questa minaccia deve essere eliminata. Ma come? La risposta ha certamente a che fare con la creazione di un fondo che possa, se necessario, prestare all’Italia (e alla Spagna, che è anch’essa a rischio) abbastanza denaro affinché l’Italia non abbia bisogno di prestare ai mercati con gli alti tassi d’interesse odierni.
E’ probabile che un fondo del genere non verrebbe neanche utilizzato, visto che il solo fatto d’esistere metterebbe fine al ciclo della paura sui mercati. Ma l’ipotetico ammontare per un reale prestito su larga scala – certamente per un valore di più di un trilione di euro – dovrebbe comunque essere immobilizzata là dentro.
Arriviamo ai problemi: tutte le proposte sin’ora messe in cantiere in Europa per creare un fondo del genere, alla fine richiedono il sostegno da parte dei paesi più importanti, le cui promesse per gli investitori devono essere credibili perché il piano funzioni. L’Italia esprime uno di questi governi; ovviamente non può andare verso un salvataggio prestando del denaro a se stessa.
Anche la Francia, per grandezza la seconda economia della zona euro, ha mostrato di essere un po’ traballante negli ultimi tempi; ha suscitato paure la creazione di un largo fondo di salvataggio, che avrebbe come effetto quello di far spendere di più al governo francese, una spesa che di fatto andrebbe ad aggiungersi al debito francese, il quale potrebbe semplicemente avere l’effetto di aggiungere la Francia alla lista dei paesi in crisi. Della serie, "C’è un buco nel secchio, cara Liza, cara Liza".
Capirete adesso che cosa intendessi quando dicevo che la situazione è divertente, ma in modo macabro. Ma quel che rende tutta questa storia davvero dolorosa, è che tutto ciò si sarebbe potuto evitare.
Si pensi a paesi come la Gran Bretagna, il Giappone o gli Stati Uniti, che hanno grandi deficit e grandi debiti e ciononostante sono in grado di prestare con tassi d’interesse relativamente più bassi. Qual è il loro segreto? La risposta, in maggior parte, è che i governi di quei paesi hanno mantenuto delle monete ancora in proprio controllo e gli investitori sanno che in un solo istante, tali governi possono finanziare il proprio deficit semplicemente stampando più moneta.
Se la Banca centrale europea fosse in grado di fare la sua parte nella gestione dei debiti europei, la crisi si attenuerebbe significativamente. Ma ciò non creerebbe inflazione? Probabilmente no: qualsiasi cosa pensino i seguaci di Ron Paul (ndt. Ron Paul è senatore statunitense dal Texas: libertario anti-Fed, è uno dei candidati alle primarie per la nomination Repubblicana alle presidenziali 2012), la creazione di moneta non ha effetti inflazionistici in un’economia depressa.
In più, l’Europa ha bisogno di un aumento dell’inflazione nel complesso abbastanza modesto: se le cose continuano a stare come stanno oggi, un tasso d’inflazione troppo basso continuerà a condannare l’Europa del Sud ad anni d’opprimente deflazione, la quale allo stesso tempo manterrà alta la disoccupazione e provocherà comunque una catena di default.
Ora, una soluzione del genere, ci continuano a dire, non è nemmeno sul tavolo. Lo statuto della Bce, il quale regola il funzionamento dell’istituzione, apparentemente proibisce un’azione del genere, benché non mi stupirebbe affatto che un gruppetto di astuti avvocati potrebbero sicuramente aggirare l’ostacolo giuridico.
Il problema maggiore, comunque, rimane il fatto che l’intero sistema dell’euro era stato pensato per combattere l’ultima guerra economica. Era nato per costituire una specie di linea Maginot con il fine d’impedire una riedizione della guerra economica degli anni ’70 – la quale ovviamente non servì a niente –, e per scongiurare , in fondo, una riedizione della terribile guerra economica degli anni ’30.
La piega che stanno prendendo gli eventi, come ho detto, è tragica. La storia dell’Europa del dopo-guerra è profondamente illuminante. Dalle rovine della guerra, gli Europei hanno costruito un sistema di pace e democrazia, e lungo la via hanno costruito delle società le quali, benché imperfette – quale società non lo è? – sono provatamente le più decenti nella storia dell’umanità.
Ciononostante, questo risultato è minacciato dal fatto che l’elite europea, nella sua arroganza, ha costretto il Continente in un sistema monetario che ha creato le rigidità del gold standard, e – come il gold standard negli anni ’30 – si è trasformato in una trappola mortale.
Forse i leader europei se ne usciranno con un reale e credibile piano. Me lo auguro, ma non me lo aspetto.
L’amara verità è che il sistema dell’euro appare sempre più spacciato. Ancora più amara verità, è che dato il modo in cui si è comportato tale sistema, per l’Europa starebbe meglio se quel sistema andasse al collasso. Sarebbe meglio prima che dopo.
* Paul Krugman è un economista statunitense. Attualmente professore di Economia e di Relazioni Internazionali all’Università di Princeton, ha vinto il premio Nobel per l’economia 2008.
Tratto dal New York Times
Traduzione di Edoardo Ferrazzani