Simoncelli e Pantani, le due anime dell’Italia migliore
26 Ottobre 2011
Nel suo caso di sicuro non si può parlare di “club dei 27", e cioè della triste lista di musicisti che se ne sono andati prematuramente a 27 anni, e che quest’estate Amy Winehouse ha purtroppo contribuito a infoltire. Prima di tutto perché lui, Marco Simoncelli, conosciuto anche come “Super Sic”, di anni ne aveva solo 24. E poi perché lui non era un artista. Era “solo” uno sportivo. Uno di quegli sportivi che però sanno far emozionare, proprio come farebbe una canzone.
Non c’e nemmeno un italiano, nel “club dei 27”. Marco entra a far parte di un club più ristretto, se così si può dire. Un club che è tutto nostrano, o meglio ancora di una specifica parte dell’Italia. Di quella Romagna fatta di mare, di vino, di divertimenti e di belle donne, ma anche di colline e di duro lavoro.
Domenica scorsa “Super Sic” ha infatti raggiunto un altro grande sportivo, uno che è cresciuto nei suoi stessi luoghi, non a Coriano ma qualche chilometro più in su, a Cesenatico. Un altro campione col quale condivideva anche il nome, Marco. Solo che quest’altro di cognome faceva Pantani. Stesso mare, stesso nome, ma soprattutto stessa passione, quella per le due ruote. Uno amava quelle più pesanti, con cui sfrecciava in pista a 300 chilometri all’ora. L’altro invece viveva per quelle più leggere, ma che per essere spinte hanno bisogno di pedali, muscoli e sudore.
Entrambi all’apice. Marco Pantani, morto tristemente solo, in un motel, in un giorno di San Valentino che ha segnato il culmine della sua depressione, che lo ha consegnato alla storia come uno dei campioni italiani dal passato più glorioso e dalle vicende umane più travagliate. Marco Simoncelli, che se n’è andato invece al culmine della sua carriera, nel massimo dello splendore, con un futuro radioso e una straordinaria voglia di vivere. Una voglia che sapeva trasmettere come pochi sanno fare, tanto che sarà ricordato non certo soltanto per aver gareggiato insieme ai piloti più forti del mondo e per aver vinto un mondiale nella classe 250, ma per il personaggio che si era creato, semplice e autentico com’era lui nella realtà di tutti i giorni.
I due Marco. Cresciuti entrambi in una terra che oltre al divertimento vacanziero a cui siamo abituati ad associarla è un esempio nazionale di dedizione al lavoro, alla fatica, ma anche alla solidarietà. Quel sentimento che nasce solo fra chi conosce il valore del sacrificio e impara a condividere tutto, dalla goliardia ai drammi più profondi.
I due Marco, le due anime della Romagna. E un motivo ci sarà se poi, per entrambi, il risultato è stato lo stesso. Non la morte, ma la vita. Non un addio precoce, non le lacrime del mondo che li rimpiange. Ma la grandezza, la consapevolezza di essere riusciti a tagliare comunque il traguardo, sempre fra i primi. In una sola espressione: l’essere campioni.