“La visita di Benedetto XVI è stata una vera opportunità per il Regno Unito”

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“La visita di Benedetto XVI è stata una vera opportunità per il Regno Unito”

30 Ottobre 2011

Nel mese di settembre è stato celebrato il primo anniversario della storica vista di Stato di papa Benedetto XVI nel Regno Unito. Abbiamo chiesto in esclusiva al nuovo ambasciatore di Sua Maestà presso la Santa Sede, sua Eccellenza Nigel Baker, di approfondirne il significato per la società inglese e quella occidentale in generale.

A distanza di un anno, cosa resta della visita del papa in Gran Bretagna?

Non c’è dubbio che la visita papale nel Regno Unito l’anno scorso ha avuto un effetto duraturo sul nostro paese. Come prima visita ufficiale papale in Gran Bretagna (se vi ricordate, la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1982 fu puramente pastorale), la visita di Papa Benedetto XVI è stata una vera opportunità per il Regno Unito di dimostrare la sua stima per l’uomo che ha la responsabilità di condurre un’istituzione globale come è la Chiesa cattolica romana. È stata anche un’opportunità per il popolo del Regno Unito di vedere di prima mano la tranquillità e l’accattivante fascino di Papa Benedetto XVI e di superare le caricature e le critiche piuttosto ingiuste costruite da molti mezzi di comunicazione. Le immagini e il simbolismo della visita rimangono forti nella memoria della gente: il calore autentico che era evidente tra sua Maestà la regina e sua Santità, quando si sono incontrati presso il Palazzo di Holyroodhouse, l’accoglienza travolgente che è stata manifestata al Papa da parte delle persone ad Edimburgo, Glasgow, Twickenham, Londra e Birmingham e le immagini altamente simboliche – e storicamente significative – di sua Santità che parla ai rappresentanti della società civile britannica a Westminster Hall, proprio sul luogo dove Sir Thomas More fu condannato a morte a causa della sua fede nel 1535. La beatificazione della grande personalità inglese di John Henry Newman, è stato un atto che ha avuto grande risonanza non solo in Gran Bretagna ma in tutto il mondo cattolico.

E a parte il valore simbolico?

Ma oltre a queste e altre potenti immagini, penso che sia giusto dire che la visita papale, arrivando nel mezzo della crisi economica e finanziaria mondiale, ha dato alla popolazione del Regno Unito l’opportunità di riflettere e riorganizzare alcune priorità e rivalutare il posto della fede nella società moderna. Il primo ministro stesso ha detto che la visita ci aveva fatto "sedere e pensare", e che continua l’importante discussione che iniziò durante quei pochi giorni di Settembre dello scorso anno. Nel suo messaggio che ha ricordato un anno dalla visita, David Cameron ha detto che "il messaggio del Papa (di un anno fa) è significativo come oggi".

Il papa ha parlato di una "storia anticattolica in GB". Quanto questo elemento è ancora presente nella società inglese?

Il termine "storia anti-cattolica" è stato attribuito al Papa da un giornalista durante il volo nel Regno Unito l’anno scorso. La società britannica è cambiata moltissimo fin dai tempi della riforma. Infatti, la nostra storia da allora nei secoli ha fatto sì che siamo diventati una delle più variegate società del mondo, accogliendo i credenti di tutte le fedi. I cattolici inglesi, che rappresentano circa il 10 per cento della popolazione, contribuiscono pienamente alla vita della società. Mentre è vero che la Chiesa d’Inghilterra rimane la Chiesa ufficiale, il dialogo tra la Chiesa d’Inghilterra e la Chiesa cattolica è andato sempre più rafforzandosi negli ultimi decenni. Ad esempio, le immagini di Papa Benedetto XVI e l’arcivescovo Rowan Williams in piedi, vicini, nell’Abbazia di Westminster, sono state una potente dimostrazione di come potrebbe essere la vicinanza tra la sede di Roma e quella di Canterbury.

Come spiega la scelta di aver concesso per la prima volta una visita di Stato del papa cattolico alla regina d’Inghilterra?

Quando Papa Giovanni Paolo II visitò il Regno Unito nel maggio del 1982, le piene relazioni diplomatiche con la Santa sede erano appena state stabilite – il mio predecessore, Sir Mark Heath, ha presentato le sue credenziali come ambasciatore il 10 aprile di quell’anno. Così la visita di Papa Giovanni Paolo diverse settimane più tardi era essenzialmente pastorale, con eventi pastorali su larga scala che si svolsero in un certo numero di centri in Inghilterra, Galles e Scozia. Ma l’elemento dello Stato era mancante poi, così, seguendo gli inviti del primo ministro e la visita di Sua Maestà la Regina a sua Santità nel 2000, ci ha permesso, nel 2010, di riuscire a programmare una visita di Stato, pur in un’agenda molto piena. Come nuovo ambasciatore presso la Santa sede, con la responsabilità per portare avanti le nostre relazioni diplomatiche, è una questione di orgoglio e soddisfazione dire che la visita al nostro paese è stato un successo.

Il primo ministro Cameron, insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, hanno definitivamente superato il "plurilinguismo" nella società moderna, quali strategie sono suggerite per una integrazione dei tanti e sempre più veloci "inserimenti" di minoranze nelle società occidentali europee?

A mio avviso, il punto chiave nel discorso del primo ministro Cameron a Monaco di Baviera nel febbraio di quest’anno – quando fu smembrato ciò che ha chiamato il "pensiero confuso" delle ideologie estremiste e i loro collegamenti al terrorismo – è stato la necessità di allontanare ciò che potrebbe essere definito un approccio "laissez-faire" alla società. Un modo che ha permesso ad alcuni gruppi delle minoranze di essere trascurati ed emarginati causando una certa loro "ghettizzazione". Invece si dovrebbe prendere un percorso più inclusivo, con l’obiettivo di instillare in tutti i cittadini un senso di essere parte sia di una propria comunità sia anche di qualcosa di più grande, chiamata "grande società". Nel suo messaggio di anniversario di Papa Benedetto XVI, il primo ministro ha aggiunto "che abbiamo bisogno più che mai di costruire una nuova cultura della responsabilità sociale e sviluppare comunità forti e potenti per affrontare le difficili sfide economiche", un messaggio pertinente per tutta l’Europa di oggi. Naturalmente, per costruire una società più coesa, dove gli individui pensano oltre i propri bisogni immediati e cercano di contribuire alla crescita della società nel suo complesso – pur essendo sensibili al patrimonio e alle culture delle minoranze -, il ruolo dell’istruzione sarà cruciale. Chiaramente, questa è un’area dove le religioni, non da ultimo la Chiesa cattolica, possono dare un contributo importante.

Quali sono gli obiettivi che Lei intende portare avanti con la Santa Sede? Quale collaborazione per la società e lo Stato inglese?

Sto valutando come il rapporto tra l’Italia e la Santa Sede si potrebbe sviluppare in futuro, basandosi sul successo della visita papale e l’ottimo lavoro del mio predecessore. Un certo numero di aree spiccava, e mi sono chiarito su alcuni di questi punti nel mio discorso a sua Santità, quando ho presentato le mie credenziali nel mese di settembre. Analogamente, Papa Benedetto XVI, nel suo discorso e poi nella nostra discussione privata, ha delineato le proprie idee su come il rapporto potrebbe progredire. Abbiamo un’agenda estremamente ampia di azione reciproche, ma spiccano alcuni settori chiave. Ad esempio, c’è molto che possiamo fare insieme nell’ambito dello sviluppo internazionale: la Chiesa cattolica ha una vasta rete di contatti e presenze in molti paesi in via di sviluppo, e queste possono essere sfruttate per fornire preventive attenzioni e richiami di allerta nelle crisi imminenti; per aiutare a orientare i programmi di aiuto e sviluppo dei donatori – siano essi i governi, le ONG o gli individui – e per fornire effettivamente aiuti alle persone che ne hanno bisogno. Allo stesso modo, una collaborazione sulle questioni ambientali può anche produrre risultati positivi, in particolare quando cerchiamo di richiamare l’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza delle Comunità; e infine una collaborazione sui flussi migratori. Anche nell’area del disarmo, la Chiesa cattolica è ben posizionata per aiutare la comunità internazionale a trovare la strada su questioni importanti come un accordo di un trattato vincolante per regolare il commercio di armi. Queste e una serie di altre questioni ci terrà occupati nel periodo futuro.

Nella società inglese, quanto pesa e quale ruolo ha oggi la religione? Esiste uno spazio pubblico aperto anche per la religione?

Come ho già detto, la Chiesa d’Inghilterra rimane la Chiesa ufficiale, almeno in una parte del Regno Unito. Così, in qualche misura la religione è dentro al tessuto della vita nazionale. Negli ultimi decenni, tuttavia, con la diversificazione della società britannica, altre religioni hanno portato il loro contributo unico e prezioso nello spazio pubblico. Quando Papa Benedetto XVI ha visitato il Regno Unito l’anno scorso, ha incontrato i capi di diverse fedi al St. Mary College di Twickenham. Solo poche settimane fa, per commemorare il primo anniversario di quell’evento importante per la politica inter-religiosa del nostro paese, il rabbino capo del Regno Unito, Lord Sacks, consegnando il discorso inaugurale di Benedetto XVI, si è concentrato sulle questioni interreligiose. Sacks ha spiegato in modo convincente come la visita papale aveva dimostrato "l’importanza che riveste la fede nella nostra società" e aveva sottolineato come "la fede in tutte le sue manifestazioni è parte integrante della Gran Bretagna del XXI secolo e che la Gran Bretagna è più forte proprio a causa di essa". Quindi io sono convinto che, ad un anno dal potente discorso di Papa Benedetto XVI alla Westminster Hall, che è la culla della democrazia, il dialogo tra fede e ragione nel Regno Unito oggi è più vivo che mai.