La manovra numero 4 rischia di arrivare fuori tempo massimo

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La manovra numero 4 rischia di arrivare fuori tempo massimo

06 Settembre 2011

Non vorrei che la manovra numero quattro arrivasse fuori tempo massimo. Quando, cioè, non c’è più niente da fare. Governo al tappeto e l’Italia in default: uno scenario da brivido. Si dirà: bastava pensarci prima. Ma adesso non vale proprio la pena piangere sul latte versato, né sul tempo perduto. L’impressione, comunque, è che quando la Camera licenzierà il provvedimento finanziario, già aggravato improvvisamente da ulteriori misure, che avrebbe dovuto mettere in sicurezza il Paese, più o meno tra dieci, quindici giorni, si dovrà immediatamente procedere al varo di una nuova manovra. E allora tutti, ma proprio tutti, verseranno lacrime amare. Tasse, tasse, tasse. Come se non bastasse l’aumento dell’Iva e la gabella sui grandi patrimoni introdotte sulla spinta delle richieste europee e degli inviti pressanti del capo dello Stato. Attendiamoci ancora una stretta sulle pensioni checché ne dica la Lega. E potrebbe non essere sufficiente ancora.

Comunque chi si illudeva che con le promesse di luglio, i pasticci di agosto ed i pannicelli caldi di settembre si sarebbe fronteggiata la più grave crisi economica abbattutasi sull’Italia, è servito. L’estate è passata, ma l’aria è ancora irrespirabile. Nessuno è in grado di prevedere un autunno un po’ mite, appena fresco.

Di fronte all’inquietante prospettiva economico-finanziaria se ne spalanca un’altra: l’acutizzarsi del conflitto sociale con tutte le conseguenze che esso comporta in termini di disordini, di contrapposizioni istituzionali prevedibilmente fortissime, di degenerazione del clima generale nel Paese. Fronteggiare un’emergenza del genere non è cosa da poco. Ce la farà questo governo, sempre se riesce a superare i nuovi ostacoli che si sono presentati negli ultimi giorni, a tenere sotto controllo crisi economica e crisi sociale?

L’interrogativo è legittimo nel momento in cui la coesione della coalizione è messa a repentaglio dalle fibrillazioni interne ai partiti che la compongono e dallo scomposto agitarsi di individualità che occhieggiano alle opposizioni e che nulla finora hanno fatto per dare un apporto costruttivo. A dire la verità, i partiti di centrodestra non sono stati minimamente sentiti, al di là delle ovvie consultazioni del premier con qualche dirigente, sulla manovra e le sue conseguenze. Ma pur passando sopra ad un tale atteggiamento che certo non ha giovato alla compagine governativa, non si può certo dire che i partiti stessi abbiano fatto molto per far udire la loro voce. Se taluni aggiustamenti ci sono stati, essi vanno attribuiti a singoli esponenti politici di maggioranza che con coraggio si sono messi di traverso affinché il provvedimento finanziario non risultasse inficiato da vizi che ne avrebbero compromesso il passaggio parlamentare.

Governo e partiti, insomma, sembra non abbiano capito che in democrazia le decisioni si assumono in perfetta autonomia, ma previa discussione tra le parti interessate e, possibilmente, in casi eccezionali come quello in cui ci troviamo, con tutte le parti rappresentative di realtà socio-politiche grandi e piccole.

Non si capisce perché di fronte all’emergere di una possibile e pericolosa contrapposizione tra i soggetti più disparati nel Paese non si faccia ricorso, da parte del centrodestra, ad un confronto che coinvolga tutti i soggetti in maniera tale da sviare la propaganda di chi rilancia in queste settimane la prospettiva di un "governo di salute nazionale" fondando la pretesa proprio sulla necessità di trovare una base di coesione tale da arginare l’assalto allo Stato ed ai suoi poteri.

Non è mai troppo tardi per ripensare una strategia politica soprattutto a fronte di quel che sembra inevitabile, cioè a dire una nuova manovra più decisa, sofferta e drammatica. Che potrebbe spaccare davvero il Paese e farci comunque restare sulla soglia dell’Europa. Mi rendo conto che gli scongiuri sono d’obbligo. Anche per i nostri partner continentali che si atteggiano a primi della classe, a cominciare dalla sconfittissima signora Merkel la quale, con le sue estemporanee uscite cerca di accreditarsi per un posto di rilievo nelle istituzioni europee quando uscirà, forse con le ossa rotte, dalle elezioni politiche del 2013. Lei, Sarkozy e compagnia cantante sottovalutano il non marginale particolare che se l’Italia, con il contributo e la solidarietà di tutti, al pari degli altri Paesi, si rimette in carreggiata, l’avventura europea di tutti i membri dell’Unione potrà continuare. Diversamente, se noi dovessimo restare fuori dall’euro, come paventa qualcuno, lo stesso euro non sopravviverebbe neppure un istante. E non so davvero se sarebbe un cattivo affare viste come sono andate le cose nell’ultimo decennio.