Per il Pd le primarie rischiano di trasformarsi in una bomba a orologeria

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Per il Pd le primarie rischiano di trasformarsi in una bomba a orologeria

16 Febbraio 2012

Primarie, maledette primarie. L’imperativo delle consultazioni aperte per la scelta dei candidati sindaci del centrosinistra infligge quotidiane ferite ai dirigenti di Via del Nazareno. Una escalation che dopo lo scacco genovese vede ora il partito fronteggiare il “caso Palermo”, città che dopo il decennio di Diego Cammarata appariva a tutti come un’elezione già vinta.

E che ora rischia di diventare un altro specchio delle contraddizioni interne, una cartina di tornasole dell’incapacità di saper guidare le varie anime verso un obiettivo comune. Nel capoluogo siciliano il segretario regionale, Giuseppe Lupo, vicino a Dario Franceschini, sostiene Rita Borsellino, candidata da Vendola e Di Pietro e fortemente contraria a una alleanza con il Terzo Polo. Ma sempre dentro il Pd Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici – l’ala del Pd più vicina a Raffaele Lombardo – puntano sull’ormai ex Idv Fabrizio Ferrandelli, forte di 188 firme dei componenti dell’assemblea regionale. Come se non bastasse sul proscenio a contendersi la candidatura per la poltrona più alta di Palazzo delle Aquile, ci saranno, il prossimo 4 marzo,  il deputato regionale-rottamatore del Pd Davide Faraone e il consigliere comunale Antonella Monastra.

Se la candidatura Borsellino (che avrà accanto a sé il senatore Idv, Fabio Giambrone) sembra per il momento avere salvato il sodalizio con l’Idv è evidente il rischio di trasformare questa opzione “esterna” in una ulteriore bomba a orologeria per l’unità del partito. Per questo qualcuno nel partito medita di rinviare le primarie ed evitare di entrare in quello che si preannuncia come un labirinto di bizantinismi e di scontri fratricidi.

Sullo sfondo, il portato tagliente delle primarie del tutti contro tutti rischia di avere effetti anche a livello nazionale. E tra le ipotesi che verrebbero messe in cantiere ci sarebbe anche quella di un congresso straordinario. Una sorta di lavacro che consenta al Pd di mondarsi dai propri peccati politici e riprendere forza in vista delle Politiche del 2013. Un’idea che, ad esempio, la Velina Rossa, storico notiziario vicino a Massimo D’Alema, chiede apertamente: “E’ bene che Bersani annunci un congresso straordinario proprio per cercare di mettere punti fermi e zittire questa canea montante che non trova precedenti nemmeno nel periodo della scissione con Rifondazione”. Il segretario starebbe anche pensando, in caso di primarie nazionali di coalizione, di imporre una modifica statutaria che imponga un unico candidato del Pd. In quel caso il nome più gettonato è quello di Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, che nonostante i mille problemi che il suo territorio ha patito con la nevicata romana è riuscito miracolosamente a non finire nei gorghi delle polemiche.

In realtà, al di là delle regole, nel Pd, come ricordava Marina Sereni qualche giorno fa, convivono due idee di primarie che in realtà sottintendono due idee di partito. Per alcuni le primarie sono il partito e i gruppi dirigenti non devono avere alcuna responsabilità nella selezione di dirigenti e candidature. Per altri le primarie sono uno strumento di apertura ai cittadini ma vanno adeguate alla realtà, in pratica vanno “governate” e indirizzate dall’alto.

C’è poi la questione delle alleanze, la vera, grande incognita che pesa sul Pd come sul Pdl. La domanda che ricorre è: ora che siamo alleati a livello nazionale con Pdl e Terzo Polo ha senso fare intese a livello locale – e le primarie stesse – con partiti che non sostengono Monti e ancora non sappiamo se incroceranno la nostra strada nelle prossime elezioni nazionali? Una domanda a cui Pier Luigi Bersani non si sente certo di rispondere adesso. Ma che, con il trascorrere delle settimane, diventerà sempre più pressante e strategica.