
Le altre vittime dell’11/9: i soccorritori intossicati dai fumi di Ground Zero

15 Settembre 2011
Dieci anni dopo, il ricordo degli attentati al World Trade Center non è niente di più che una data da segnare sul calendario istituzionale. Voci autorevoli, ma troppo spesso isolate e troppe volte in minoranza, riecheggiano in un silenzio imbarazzante per ricordare che, da quella data, il mondo occidentale deve fare i conti ed il bilancio con il proprio futuro. L’11 settembre è scivolato nell’indifferenza generale e la partecipazione emotiva degli italiani ha lasciato spazio al pregiudizio antiamericano che da cinquant’anni accomuna sinistra, destra e alcuni ambienti cattolici.
Non è un caso quindi che l’ultimo sondaggio effettuato su questo tema, nel 2008, riporti un 15% di italiani fermamente convinti che gli autori dell’attentato siano i servizi segreti americani. E non è un caso – sottolinea Stefano Magni, autore su L’Opinione di un articolo dedicato all’ipotesi del complotto – che il giornale L’Espresso scelga di commemorare il decimo anniversario uscendo in edicola con allegati i tre dvd di “Zero”, cioè il documentario complottista di Giulietto Chiesa, già record di ascolti in Russia (32 milioni di telespettatori).
E così, tra un complotto e l’altro, la commemorazione delle vittime e dei soccorritori passa in secondo piano: molto più divertente e stimolante per i complottisti fai da te pensare a quale ruolo possa aver avuto il Mossad negli attentati alle Torri Gemelle.
Purtroppo ci sarebbero aspetti molto più seri di cui si sente parlare troppo poco. Recentemente David Shukman, corrispondente e giornalista scientifico della BBC, ha aperto un capitolo sulle conseguenze fisiche che l’11 settembre ha lasciato nei soccorritori che hanno lavorato a Ground Zero. I soccorritori. Chi non ricorda, nelle tragiche immagini di quei giorni, gli eroici pompieri di New York che si facevano largo tra le macerie in cerca di superstiti?
Ebbene, stando a quanto riporta il giornalista della BBC, più di 18.000 persone che hanno prestato servizio a Ground Zero, sarebbero interessate da problemi respiratori in seguito all’inalazione dei fumi tossici sviluppatisi dall’incendio. Una nube tossica formata da particelle alcaline, dall’eternit presente nelle costruzioni e dalle grandi quantità di piombo e mercurio contenuti nei calcolatori e nei sistemi di illuminazione.
Il Governo degli Stati Uniti ha stimato in una cifra che tocca le 60.000 persone i possibili interessati dagli effetti nocivi della nube tossica di Ground Zero: quella che i giorni dopo l’attacco è stata definita ‘World Trade Center cough’ si appresta a diventare una catastrofe umanitaria sconosciuta ai più.
Il caso James Zadroga ha segnato una svolta in questa vicenda. Zadroga era un detective della polizia di New York morto nel 2006 in seguito a una lunga malattia polmonare legata, a quanto pare, alla polvere del WTC. Il suo caso ha fatto scalpore perché medici e scienziati si sono confrontati e divisi sulle cause della morte rendendo pubbliche autopsie, testimonianze scientifiche e pareri legali. Nel dicembre 2010 è stato comunque varato lo Zadroga Act che stanzia 4.7 miliardi di dollari per il monitoraggio e il trattamento delle persone colpite, a seguito del quale molte persone che si ritengono danneggiate dalla nube tossica hanno iniziato a muoversi per vie legali.
Come Alex Sanchez, operaio in una industria del settore degli impianti di areazione, che è stato chiamato a lavorare nei pressi di Ground Zero il 12 settembre 2001. Egli ricorda la presenza di fumi tossici presenti nei condotti di ventilazione che andavano dalle tonalità del giallo a quelle del verde e la presenza di particelle di polvere luccicanti che venivano inalate e ingerite dagli operai che lavoravano senza maschera protettiva. Oggi Sanchez soffre di emicranie, problemi gastrici e respiratori e non può più lavorare. Abbiamo parlato recentemente in una intervista su l’Occidentale del caso dell’architetto italoamericano Enzo Ardovini, e dei suoi problemi legati alla memoria. Troy Rosasco, l’avvocato che cura gli interessi di Ardovini, sentenzia che dovranno passare ancora venti anni perché sia fatto un bilancio certo delle conseguenze che l’11 settembre ha lasciato sui soccorritori e su tutte le persone che hanno lavorato a Ground Zero.
A dieci anni da quella che sembra una grave catastrofe umanitaria, senza poi considerare i risvolti culturali che interessano il mondo occidentale, ciò che in Italia tiene ancora acceso il dibattito su l’11 settembre è l’ipotesi complottista. Non una parola sugli eroici pompieri, non una menzione sui valorosi soccorritori che hanno pagato un prezzo salato, e spesso mortale, per il loro altruismo. Ma non ridono neppure negli States, dove la battaglia riguardo lo Zadroga Act si è trasferita nelle aule dei tribunali ed è divenuta una mera questione economica più che una battaglia culturale e di memoria. Di quello che è stato l’11 settembre non rimane forse altro, se non il pianto di chi ha capito che da quel giorno il mondo non sarebbe stato più lo stesso.