Il Pd spaccato tra la linea di Prodi e quella di Veltroni

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Il Pd spaccato tra la linea di Prodi e quella di Veltroni

10 Luglio 2007

Già litigano. Veltroniani (asse D’Alema-Marini) contro Prodiani (asse Prodi-Parisi). Il partito democratico non è ancora nato ma quelli che dovrebbero costituirne la futura classe dirigente sono già al braccio di ferro.

L’ultimo in ordine di tempo, l’outing del ministro della Difesa, Arturo Parisi, sulla decisione di Walter Veltroni di sostenere i quesiti referendari senza firmali. Una reazione, quella del ministro da sempre vicino a Romano Prodi, che senza troppi giri di parole ha inchiodato Veltroni dinanzi al suo “doppiopettismo”. In realtà al di fuori del semplice scontro l’uscita di Parisi conferma che il costruendo Partito Democratico è sempre più percorso da una guerra strisciante. Uno scenario che potrebbe portare ad una “balcanizzazione” del partito. Ed infatti espressioni come “ancora una volta siamo al vorrei ma non posso. Proprio l’opposto di quello che serve al Paese” oppure “il Walter che serve all’Italia  è uno che espone la sua linea fondata sulle sue convinzioni non un candidato che si propone fin dall’inizio come il candidato di tutti e di nessuno” non solo sono parse molto forti ma confermano che esiste una parte che lavora ad un percorso alternativo nel Pd.

Una strategia che tenta di far saltare il tavolo unitario che molti stanno attovagliando  per Veltroni. Ed infatti l’uscita di Parisi va letta proprio in questo senso: rompere il fronte unanimistico che si sta creando attorno a Veltroni e che porterebbe alla caduta di Prodi e alle elezioni anticipate. Uno scenario già costruito a tavolino e firmato da D’Alema e Marini che come nel ’98 metterebbero alla porta il professore di Bologna. A conferma di questa road map molti segnali. Il dietrofront illustre del ministro Bersani è il primo. Un ritiro eccellente visto che il personaggio da tempo aveva indicato la sua volontà di candidarsi e che al suo fianco era stato designato un nome di peso come il sottosegretario Enrico Letta.

Ma lo spirito d’apparato dell’ex partito comunista ha avuto la meglio spingendo Bersani al ritiro e all’appoggio di Veltroni. Il secondo segnale, oggi, con l’inchiesta di Repubblica.it sui brogli elettorali in Australia. Un’uscita quanto meno inaspettata da un giornale che fin dall’inizio della Legislatura ha fatto del lealismo a questo Governo la sua stella polare. Lanciando più di un salvagente a questa maggioranza. Ed ora invece cavalca l’onda del voto irregolare come fosse Libero o Il Giornale. Segno che c’è stato un cambio di passo, che c’è qualcosa di nuovo. In realtà che il Gruppo Espresso avesse abbandonato i lidi prodiani e che tirasse la volata a Veltroni lo si era capito da tempo. Ma altra cosa è mettersi ora ad accreditare e divulgare la tesi berlusconiana del voto irregolare. In sostanza significa dare una mano a chi lavora per le elezioni anticipate. Già forse nella primavera-estate del prossimo anno. E quale miglior argomento se non un’elezione alle porte per costringere tutti a convergere verso la candidatura veltroniana? Si sa, quando Annibale è alle porte, bisogna turasi il naso e combattere tutti uniti. Ma Parisi e Prodi che hanno il naso fino – politicamente parlando – hanno fiutato l’aria e ora hanno deciso di agire. Non a caso proprio un altro prodiano doc come il sottosegretario Giulio Santagata ha commentato “preoccupato” il ritiro di Bersani spiegando che “bisogna arrivare a primarie vere e all’elezione di un segretario che rappresenti una linea politica chiara del Pd. Mi auguro che qualcuno raccolga la sfida di Veltroni e si candidi”. Tutte tessere di uno stesso mosaico che danno l’immagine di un partito che ancora non è nato ma che già va in sofferenza.

Diviso profondamente tra la linea di Veltroni e quella di  Prodi. Tra chi non vuole consegnarsi mani e piedi legati al patto dalemiani-mariniani e chi prospetta un partito di impronta ulivista e quindi gravitante nell’orbita prodiana. Senza contare poi quei margheritini non allineati al pensiero unico veltroniano che da questo scontro sarebbero i più penalizzati e che potrebbero adesso guardare allo schieramento prodiano come l’unico scoglio al quale aggrapparsi per evitare il naufragio. Ripongono speranza in Enrico Letta, che adesso sta riflettendo su come uscire dall’angolo nel quale la decisione del ministro Bersani lo ha relegato. Si andrà ad uno scontro alle primarie tra Veltroni e Letta? O ad un plebiscito per il sindaco di Roma?

C’è tempo fino al 26 luglio, data ultima per presentare le liste, per capire cosa accadrà, ma un fatto è certo: queste polemiche consegnano agli italiani un partito, quello democratico, nato già vecchio. Tutto fieno in cascina per la Casa delle Libertà.