La doppia trincea del Cav. e l’incognita Milanese

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La doppia trincea del Cav. e l’incognita Milanese

20 Settembre 2011

Doppia trincea: giudiziaria e politica. Il Cav. ci sta dentro e da lì contrattacca i colpi che arrivano da più fronti: il declassamento deciso da Standard&Poor’s, la distonia tra Fmi e Ue sulla credibilità dell’Italia, le inchieste di Bari e Napoli, il processo a Milano col taglio in corsa di nove testi della difesa, le reiterate richieste di dimissioni e passi indietro rilanciate dall’opposizione e pure dalla Marcegaglia. Ancora: il voto segreto di domani alla Camera su Milanese, passaggio delicatissimo e carico di insidie.

Così come accaduto negli Usa con Obama, il governo italiano respinge il declassamento di S&P e in una nota, durissima, di Palazzo Chigi si definiscono le valutazioni dell’agenzia di rating dettate “più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche”. Il premier ribadisce la solidità dell’esecutivo, i numeri della maggioranza in Parlamento e la validità delle misure anti-crisi apprezzate dall’Europa. Concetto che torna nelle parole di Gateano Quagliariello convinto che gli analisti di S&P abbiano “voluto influire sul nostro sistema politico e non certo contestare la capacità e la volontà del Paese di pagare il suo debito. Così reagì il presidente Obama dopo il declassamento dell’America e la stessa cosa vale oggi per l’Italia”.

Per l’opposizione un assist al refrain delle dimissioni, per la Confindustria una nuova occasione per ribadire, come fa la Marcegaglia, che il governo o “fa qualcosa di concreto sulla crescita, oppure deve andare a casa”. Perfino il presidente della Camera Fini, dall’alto del suo ruolo istituzionale che ha sempre messo davanti a tutto e tutti, dice di condividere pienamente l’idea che qualcuno convinca il Cav. a cedere il passo a un nuovo premier. E Casini? Da un lato seppellisce definitivamente qualsiasi scenario di alleanze con Bersani&C; dall’altro ribadisce di non voler fare da crocerossina a “un esecutivo che in questa fase è inaiutabile”,  confermando la pregiudiziale anti-Cav. Una posizione che di fatto taglia la strada a qualsiasi possibilità di dialogo tra centristi e Pdl, anche se la partita non sembra del tutto chiusa. Una convergenza potrebbe già arrivare sul nodo del referendum sulla legge elettorale che all’Udc non piace.

Sul fronte giudiziario la novità sta nel pronunciamento del gip Primavera che dichiara l’incompetenza territoriale della procura di Napoli nell’indagine su Tarantini che tira in ballo il premier come vittima di una presunta estorsione. Di fatto, una svolta in una vicenda che evidenzia ciò che nelle file della maggioranza si sospettava già: una forzatura. E segna un punto a favore di Berlusconi che anche ieri ai suoi ha ribadito la validità della decisione di non presentarsi davanti ai magistrati, sospettando il rischio di una ‘trappola’. Il procuratore capo Lepore ha già detto che trasmetterà gli atti a Roma dove, come ha certificato il gip, il presunto reato si sarebbe consumato. Se da un lato il premier incassa la prima battaglia, dall’altro resta l’amarezza per il modo in cui, a suo dire, i pm napoletani hanno portato avanti l’inchiesta.

Il ragionamento suona più o meno così: adesso che un gip ha ristabilito la correttezza delle cose chi ripaga il danno provocato non solo a me ma soprattutto al Paese in una fase così delicata? Insomma, il premier conferma ciò che va denunciando da diciassette anni: l’uso politico della giustizia da parte di alcuni magistrati. E su questo filone, è facile ritenere che non mollerà. I rumors di Palazzo parlano di un premier tentato dall’idea di spiegare agli italiani ciò che sta accadendo, forse con un messaggio ma c’è chi pensa anche ad una manifestazione, pure se non tutti nel Pdl ne sono convinti.

Da Napoli a Milano: il taglio di nove testi della difesa prima ammessi al processo poi depennati scatena l’ennesima ridda di polemiche. Il legale del premier Niccolò Ghedini parla di processo a senso unico dove a prevalere sono solo le tesi dell’accusa e sul piano politico il centrodestra denuncia la mossa per “arrivare al più presto, a quella che ormai pare una condanna pressoché certa, prima cioè che il processo vada in prescrizione”, cosa che accadrà il 13 gennaio”. La sentenza Mills è attesa tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre. Veleni e sospetti.

Ma il capitolo più insidioso nell’agenda parlamentare, resta il voto di domani su Marco Milanese, ex braccio destro di Tremonti, per il quale i pm chiedono l’arresto. A Montecitorio si voterà con ogni probabilità a scrutinio segreto come sono intenzionati a chiedere Pd e Idv : un passaggio scivoloso, carico di incognite. In Transatlantico il clima è pesante: attesa e incertezza le parole chiave. Nessuno azzarda previsioni, esercizio peraltro complicatissimo visto le variabili che su questa vicenda si potrebbero manifestare in Aula. Intanto c’è da capire cosa farà la Lega.

Bossi per ora si è limitato al voto di coscienza, ma la questione dentro il Carroccio è più complessa di quello che sembra. Con una quarantina di deputati i maroniani di fatto controllano il gruppo parlamentare e sembrano orientati a fare ciò che hanno già fatto con Alfonso Papa. Il punto vero è se Maroni avrà la forza e la volontà di innescare una nuova mina per la stabilità della maggioranza e dell’esecutivo, oppure se rimanderà ad un altro momento la resa dei conti col ‘cerchio magico’ (come peraltro ha fatto in altri casi). Perché è chiaro che se i voti della Lega fossero determinanti (come accaduto con Papa) per spedire in carcere Milanese, la questione provocherebbe un contraccolpo nel centrodestra. E se non è automatico che far arrestare Milanese significhi arrivare alle dimissioni di Tremonti (il coordinatore La Russa lo ha smentito con forza), certamente il ministro dell’Economia ne uscirebbe ulteriormente indebolito.

Ancora: non sono un mistero i malumori nelle file pidielline legati alla manovra (e quindi alle decisioni di Tremonti) e il fatto in sé rappresenta un’incognita difficile da decifrare. Qualcuno, infatti, nel segreto dell’urna potrebbe decidere di mandare un segnale al Cav. Non è un caso se ieri i vertici del gruppo parlamentare hanno ‘sondato’ il polso dei movimentisti, dagli scajoliani agli uomini di Alemanno. La parola d’ordine è coesione. Vale per la Lega (vedi diatribe interne) che oggi deciderà la linea e vale per il Pdl impegnato in queste ore nel ‘serrate i ranghi’.

E che il clima a Montecitorio sia pesante lo dimostra anche un altro fatto, non certo irrilevante: ieri governo e maggioranza sono andati sotto per ben cinque volte su una proposta di legge sugli spazi verdi nei centri urbani. Una norma che non entrerà di certo nei manuali del Parlamento ma che dà chiara l’idea dello stato d’animo con cui si guarda a ciò che accadrà domani, perché – è il ragionamento di fondo – se anche il sì all’arresto di Milanese non pregiudicherà il cammino della legislatura, potrebbe comunque provocare il precipitare della situazione da qui alla sentenza Mills. Congetture, scenari condizionati dall’incertezza del momento.

Considerazioni che il Cav. fa coi suoi, sempre più convinto del fatto che ora l’azione di governo deve concentrarsi su un filone strategico per il paese: la crescita, in linea con l’esortazione di Napolitano.  Il  ‘non mollo, vado avanti’ ai piani alti di Via dell’Umiltà viene letto anche da questa angolatura. A questo si lavora, sui tavoli tecnici aperti al Tesoro ma anche nel vertice di maggioranza che il premier ha convocato per domani a Palazzo Grazioli. Sul tappeto ci sono una serie di provvedimenti per superare lo scoglio di una crescita che va troppo a rilento e che potrebbero essere inseriti nella delega fiscale.

Adesso non c’è più tempo da perdere.