Perché l’innalzamento dell’età è giusto

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Perché l’innalzamento dell’età è giusto

11 Luglio 2007

Nel dibattito sulla riforma della previdenza non è stato messo sufficientemente in risalto che l’aumento dell’età pensionabile è opportuno, non solo per l’equilibrio finanziario del sistema, ma anche per accrescere la capacità produttiva del paese. Il capitale umano è il più importante fattore di produzione di un sistema economico e quindi la ricchezza prodotta in un paese è tanto più elevata quanto maggiore è il rapporto tra occupati e popolazione. Se si mantiene inalterata l’età di pensionamento mentre cresce la durata della vita diminuisce il rapporto tra popolazione attiva e popolazione complessiva. A parità di ogni altra condizione ciò determina un impoverimento relativo dell’intera collettività. Da questo punto di vista i numeri per l’Italia sono drammatici, e tra i peggiori del continente europeo. Come messo in luce dal prof. Maré, ordinario di Scienze delle Finanze all’Università della Tuscia ed esperto di demografia in Europa, il nostro paese ha un’aspettativa di vita tra le più elevate del continente, un fatto certamente positivo; allo stesso tempo registra il più basso tasso di fecondità. Ne consegue che il rapporto tra  lavoratori  e pensionati con più di 65 anni  è  tra i più bassi, e destinato a diminuire ulteriormente. Nel 2050, se non si innalza l’età pensionabile, ci saranno solo 2 lavoratori per ogni pensionato, contro i  4 attuali (Cfr. Atti del Convegno: La crisi Demografica in Europa, www.fondazione-rebecchini.it.)

Il paradosso dell’allungamento della vita e della diminuzione della percentuale di popolazione attiva è diffuso in tutti i paesi ricchi, ma è proporzionalmente più accentuato in Europa. Negli Stati Uniti, ad esempio, il tasso di partecipazione alla forza lavoro di individui vicini alla sessantina é superiore del 30 per cento al corrispettivo dato italiano; in Giappone è il triplo di quello registrato in Francia. (Cfr. N. Eberstadt e H. Groth, Una sana, vecchia Europa, IBL Occasional Paper 42,  www.brunoleoni.it). A questo riguardo occorre respingere con vigore il falso argomento che se si aumenta l’età pensionabile si riducono le opportunità di lavoro per i più giovani. Ogni lavoratore occupato genera reddito aggiuntivo, più domanda di beni e servizi, posti di lavoro addizionali. Inoltre nel nostro sistema previdenziale basato sul meccanismo del riparto, per cui la pensione erogata al lavoratore in quiescenza è “pagata” dai contributi dei lavoratori attivi, ogni pensionato in meno attenua il carico fiscale sul resto della collettività il che incentiva l’attività produttiva, gli investimenti e l’occupazione.

Da questo punto di vista i principali sostenitori della riforma pensionistica e dell’innalzamento dell’età pensionabile dovrebbero essere le generazioni più giovani del nostro paese.  Esse hanno tutto da perdere da ulteriori rinvii. Mano a mano che il tempo passa la percentuale di elettori  pensionati o vicini all’età pensionabile aumenta, sempre più rapidamente, rispetto agli elettori giovani. Per la ineluttabile dinamica demografica già in corso, una popolazione giovane ma politicamente meno rilevante si dovrà fare carico di una popolazione anziana e politicamente più influente. Per di più, i giovani di oggi si troveranno a operare in un sistema economico relativamente meno ricco e dinamico del suo potenziale, poiché nel frattempo si è lavorato di meno, e meno ricco e dinamico di quei paesi concorrenti che avranno avuto il coraggio di adottare le opportune politiche per alleggerire il carico fiscale e accrescere la percentuale di popolazione attiva.