Ecco come Fratelli musulmani e salafiti si sono presi la camera bassa egiziana
23 Gennaio 2012
Supino al banco degli imputati, in attesa di conoscere il suo destino, c’è un vecchio e logoro Mubarak, mentre, tra i banchi della nuova Assemblea del popolo siedono i deputati del partito di Giustizia e Libertà -braccio politico dei Fratelli musulmani- insieme a salafiti e a quattro deputate velate sedute una accanto all’altra. Questa l’immagine del nuovo Egitto a un anno dalle rivolte di piazza Tahrir.
Ieri, per la prima volta l’Egitto post Mubarak ha visto riunirsi un Parlamento eletto democraticamente. Lo spoglio dei risultati del lungo processo elettorale, iniziato lo scorso novembre e frazionato in tre tranche, ha riportato la vittoria del partito Giustizia e Libertà con il 47% dei seggi, seguito dai salafiti di Al-Nur, dai liberali del Wafd e dal Blocco egiziano, nel quale figura il movimento del tycoon di religione copta Naguib Sawiris, minacciato da alcuni gruppi salafiti e denunciato da quattordici avvocati islamici lo scorso luglio perché reo di avere offeso l’Islam dopo aver postato da Twitter un’immagine di Topolino e Minni vestiti con abiti musulmani.
L’Islam ha dunque vinto in Egitto. Prodromo era stato il risultato del referendum del 19 marzo scorso per le modifiche costituzionali: il settantasette per cento degli elettori scelse di non modificare l’articolo 2 nella Carta costituzionale secondo cui “l’islam è la religione dello stato, l’arabo la sua lingua ufficiale, la sharia la fonte principale della sua legislazione”. Ora, l’Assemblea del popolo dovrà anche scegliere i cento membri della costituente incaricata di scrivere la nuova Costituzione. E non è difficile immaginare quale sarà l’imprinting.
Il nuovo Majles a-Shaab, l’Assemblea del popolo (pari alla Camera dei deputati), sarà composto da 498 deputati eletti e da altri 10 nominati direttamente dalla giunta militare, tra i quali troviamo due donne e cinque cristiani copti, in attesa del voto per le elezioni della Shura (il Consiglio consultivo) che si terrà tra il 29 gennaio e il 22 febbraio. Intanto, la Fratellanza Musulmana sembra interessata – d’accordo con i generali secondo il New York Times – ad adottare uno stile alla francese per governare il Parlamento; quindi, un mix di poteri presidenziali e parlamentari, in cui il Majles potrebbe scegliere un primo ministro per dirigere il governo nazionale, mentre un presidente eletto avrà il compito di sovrintendere la politica estera e la sicurezza domestica. Tale divisione dei poteri lascerebbe l’esercito sotto un unico comandante in capo e si eviterebbe che la fratellanza musulmana si occupasse di temi spinosi ed impopolari di politica estera, come i rapporti con Israele ad esempio.
Ma torniamo a quella che per l’Egitto è stata una data storica. Durante l’insediamento del nuovo Parlamento non sono mancati momenti accorati. La cerimonia è iniziata con un minuto di silenzio dedicato ai martiri vittime del vecchio rais; invece, ci sono state tensioni quando i salafiti del partito di Al Nour hanno letto versi del Corano e di rispettare la Costituzione e la legge ma solo "in quello che non viola la legge di Allah" mentre un certo numero di parlamentari, per lo più liberali, indossavano sciarpe gialle con scritto "No ai processi militari per i civili". Una volta calmati gli animi è arrivato il momento della votazione per la presidenza del Parlamento; come “speaker” è stato scelto Saad El Katatni, ex segretario generale di Libertà e Giustizia ed esponente di spicco del partito dei Fratelli musulmani, il quale ha ottenuto 399 voti su 503 voti e uno scroscio di applausi dall’Assemblea.
In cerca di applausi sembra che sia anche il capo del Consiglio militare egiziano Hussein Tantawi. Infatti, in vista dell’ anniversario della rivoluzione ha deciso di graziare 1959 persone arrestate e giudicate colpevoli dalla giustizia militare. Fra queste il noto blogger copto Maikel Nabil, in carcere dall’ aprile scorso con l’ accusa di avere insultato le forze armate. Tantawi che cerca di amicarsi la piazza è seriamente preoccupato per come si presenterà il nuovo Egitto, ancora troppo instabile e in pericolo balcanizzazione se non si troverà un comune denominatore che non sia il Corano. In una recente intervista ha infatti ammesso: "In Egitto ci sono gravi pericoli che non hanno precedenti" e ha poi esortato gli egiziani a essere vigili per contrastare "imminenti complotti e cospirazioni" contro il loro Paese.