Quella grande ammucchiata (sulla cittadinanza) tra grillini, piddini e futuristi

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Quella grande ammucchiata (sulla cittadinanza) tra grillini, piddini e futuristi

Quella grande ammucchiata (sulla cittadinanza) tra grillini, piddini e futuristi

26 Gennaio 2012

Populista, reazionario, qualunquista, provinciale, fuori di testa. Dalli a Beppe Grillo che sul suo blog nei giorni scorsi ha osato scrivere: "la cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso". Si tratta di un falso problema che serve a "distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi", dice Grillo, buonisti di sinistra da una parte, leghisti e movimenti xenofobi dall’altra.

Non l’avesse mai fatto. La base del movimento 5 stelle è esplosa in un coro unanime di sdegno  giudicando il suo leader alla stregua di un piccolo Wilders: "Chi ha scritto questo messaggio dovrebbe chiedere scusa e andarsene dal movimento", commenta un grillino stizzito. Un altro rincara la dose: "Più tempo passa, più deludi". Molti pensano alle ricadute che la dichiarazione avrà sul morale della truppa ("le ultime stime erano al 7 per cento, ora scenderanno di brutto"), a dimostrazione di come i militanti ormai ragionino con il pallottoliere elettorale.

Che il comico abbia colto nel segno lo dimostrano non tanto le pugnalate dei supporter quanto il disco della political correctness partito subito al contrattacco. A reagire sono "futuristi" e  piddini, gli epigoni delle tristi "Bossi-Fini" e della "Turco-Napolitano"; per costoro, ebbri di un ideale che fa rima con calcolo elettorale, l’obiettivo è intercettare il voto degli immigrati in Italia. I loro figli? Sono automaticamente cittadini italiani. In tutta Europa funzionerebbe così.

In realtà, prima di lasciare il numero 10 di Downing Street, il premier laburista Gordon Brown tenne un discorso molto duro e senza fronzoli sugli errori commessi durante il blairismo e sulle correzioni da apportare al concetto di cittadinanza inglese, in senso restrittivo e di qualità. Si può obiettare che l’Italia non è la Gran Bretagna costretta a difendersi dai colpi dell’islamizzazione, e bisogna ammettere che anche da noi la cittadinanza va riformata: usando la scuola, la conoscenza della lingua, delle tradizioni e della cultura del Paese in cui si vive, come uno dei metri di integrazione (ci sono anche il lavoro e tanti altri modi per farlo). Questo è quello che pensano Cameron, Merkel, Sarkozy.

Oggi nel nostro Paese, al compimento del diciottesimo anno di età, i figli dei cittadini immigrati diventano italiani. Non suona particolarmente reazionario. Grillo ha senza dubbio una visione capovolta del mondo, lo testimoniano le sue ultime dichiarazioni di solidarietà ai No-Tav della Val di Susa. Ma sulla cittadinanza non è lui il populista. E’ il suo movimento ad esserlo. E non è solo.