Le tensioni con il Kosovo minacciano l’ingresso in Ue della Serbia
28 Novembre 2011
di Lavdrim Lita
Prima gli scontri, poi un’esplosione nel nord di Mitrovica, in Kosovo. Il braccio di ferro per il transito al confine torna a far salire le tensioni fra Serbia e Kosovo. Ventuno militari della Kfor (Forza Nato in Kosovo) sono rimasti feriti negli scontri avvenuti giovedì scorso in corrispondenza di una barricata eretta dai serbi nel nord del Kosovo. Lo ha detto il portavoce della Kfor, Uwe Novitzki. Uno dei militari, investito da un camion, ha riportato ferite più serie, ha aggiunto il portavoce secondo il quale i soldati Nato sono intervenuti per rimuovere una barricata a Dudin Krs, presso Zvecan.
E gli incidenti rischiano di compromettere le chances della Serbia di ottenere lo status di paese candidato alla Ue nel vertice europeo del 9 dicembre. Il 12 ottobre scorso la commissione Ue aveva raccomandato la concessione alla Serbia dello status di paese candidato all’adesione, condizionandola tuttavia alla ripresa del dialogo con Pristina e a un generale miglioramento delle relazioni con il Kosovo. Il dialogo è ripreso l’altro mercoledì scorso, seppur con risultati non esaltanti, ma l’alta tensione che persiste nel nord del Kosovo non aiuta certo Belgrado, che attende con crescente ansia la decisione sulla sua prospettiva europea da parte del consiglio Ue in programma il 9 dicembre.
Come solito, il Kosovo agita la politica Serba. Il capo dello stato serbo, Boris Tadic afferma da sempre che nel proseguimento dei colloqui con Pristina la Serbia non riconoscerà né in modo implicito né in quello esplicito l’indipendenza del Kosovo. Tuttavia Tadic ha sottolineato che a Bruxelles si conducono negoziati tecnici che possono mettere in questione, eccome, la posizione della Serbia attraverso il rischio di un riconoscimento implicito dell’indipendenza di Pristina e ha rilevato che se ne tiene conto nel corso dei colloqui.
La Serbia andrà al voto alla scadenza regolare della legislatura, nella prima meta del 2012. Il presidente Tadic si trova in una posizione politica paradossale in cui deve appoggiare e proteggere il nord del Kosovo, vale a dire quelli che alla prima occasione, alle prossime elezioni, voteranno contro di lui e contro la sua politica. Tuttavia i paradossi che aggravano la soluzione del problema Kosovo, a partire dal fatto che Bruxelles si aspetta che Belgrado faccia quello che non hanno fatto nemmeno tutti i paesi membri dell’Ue, vale a dire riconoscere il Kosovo indipendente, fino al fatto che Boris Tadi lotta per gli interessi della popolazione che "domani voterà contro di lui".
La questione del Kosovo nelle elezioni prossime in Serbia. Il presidente Tadic, nel far proprie le istanze sul Kosovo, neutralizza l’ultradestra nazionalista. L’altra faccia della medaglia, però, è la credibilità internazionale in costante calo. Per esigenze di politica interna, il governo di Tadic fa l’occhiolino ai serbi di Mitrovica inviando loro derrate alimentari e benzina sottocosto, se non gratuitamente. Ora che questi aiuti non arrivano più, i serbi di Kosovo s’infiammano. L’arrivo delle derrate con cui Belgrado alimenta la tensione in Kosovo è stato interrotto dal momento che la polizia albanese ha preso possesso delle dogane. E lo ha fatto in base a un accordo siglato nel settembre scorso tra Belgrado e Pristina sulla questione dei timbri doganali. Timbri recanti la dicitura "Dogane del Kosovo". Un riconoscimento implicito della sovranità albanese, secondo Pristina.