Al via la prima Fiera nazionale del tartufo, identità molisana a tavola

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Al via la prima Fiera nazionale del tartufo, identità molisana a tavola

29 Novembre 2011

Il Molise è una piccola Regione, legata a tradizioni antiche, rurali, genuine. Sono ancora tanti i contadini e gli agricoltori che vivono dei frutti della propria terra e che portano avanti usi e costumi in altre parti d’Italia ormai dimenticati. Ma c’è qualcosa che collega passato e presente, qualcosa che rappresenta un ponte ideale tra il vecchio e il nuovo: il tartufo, il prezioso fungo simbolo della produzione molisana.

Certo, la fama del “bianco” di Alba (in Piemonte) è mondiale, ma è solo questione di promozione del territorio. Quello che è mancato finora al piccolo Molise è un’adeguata campagna di informazione che punti molto sul commercio del tartufo. Pochi sanno, infatti, che gran parte del prodotto venduto come tartufo bianco di Alba (così come quello umbro o toscano) proviene dai terreni molisani. In tempo di crisi economica sarebbe utile tornare a puntare sulle tipicità del territorio, in modo da rilanciare l’economia, i consumi e l’occupazione locale.

Ecco, dunque, l’idea di organizzare a Isernia la prima “Fiera nazionale del tartufo bianco molisano”. Otto giorni interamente dedicati al prezioso fungo, alla sua storia, alle sue virtù in cucina, ai modi di portarlo in tavola. Si tratta della prima importante rassegna sul tema che viene organizzata in Molise. Un po’ tardi forse, ma meglio tardi che mai: si parte il 4 dicembre con l’inaugurazione della fiera alla presenza delle istituzioni, che per l’occasione sono state convocate in massa. Poi al via una serie notevole di appuntamenti fino all’11 dicembre: dai “Laboratori del Gusto”, con lo Slow Food Alto Molise, agli “Incontri culturali” a cura dell’Accademia Italiana della Cucina, passando per “Mangia con noi”, una serie di proposte di ricette con piatti a base di tartufo, lezioni formative per studenti e gruppi di visitatori e degustazioni di vini con l’Associazione Italiana Sommelier del Molise.

Il tartufo rappresenta davvero il biglietto da visita del Molise fuori dai confini regionali. È di pochi giorni fa la notizia del ritrovamento di un pezzo unico (quindi più pregiato) del fungo del peso di 750 grammi, vale a dire delle dimensioni di una palla da bowling e dal prezzo che può tranquillamente superare i 10 mila euro. Lo scorso anno, nel corso di un’asta internazionale del tartufo che si è tenuta al Cavalieri Hilton di Roma, un lotto composto da due tartufi (di cui uno molisano di 350 grammi e uno di 900 trovato nelle campagne toscane) è stato venduto alla cifra record di 330 mila dollari, acquistato da un ricco imprenditore cinese.

Portare in tavola un tartufo bianco è segno di gusto per la buona cucina, con radici che affondano nei millenni. “Sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”, è la perfetta descrizione contenuta nel Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Gli antichi sapevano già apprezzarlo, tanto è vero che una gara gastronomica che si tenne ad Atene nel IV secolo a.C. fu vinta dal “pasticcio tartufato alla Chiromene”, mentre Teofrasto, un secolo dopo, lo incluse nella sua Historia plantarum individuandone, molto poeticamente, l’origine dall’unione della pioggia con il tuono. Così come Plutarco, che lo riteneva la combinazione di acqua, calore e fulmini, figlio di un lampo scagliato da Giove sulla terra o di una folgore del dio Vulcano. I Romani lo apprezzarono molto, considerandolo uno degli ingredienti più ricercati della cucina: Nerone lo definì cibo degli dei e suoi grandi estimatori furono Cicerone, Plutarco, Giovenale, Plinio e Locullo. Il buio della superstizione medievale offuscò la fama del tartufo,che veniva ritenuto velenoso, frutto del diavolo e cibo per le streghe. Il Rinascimento lo rilanciò nelle sue varietà più pregiate, che cominciarono a comparire sulla mensa di re e alti prelati. Dall’800 gli estimatori famosi (Cavour, Lord Byron, Alexandre Dumas) crebbero, portandosi dietro la “pubblicità” delle prelibatezze preparate a base di tartufo. Che, nei secoli, è rimasto famoso anche come afrodisiaco. Pitagora e Galeno sostennero tali proprietà e lo dedicarono ad Afrodite (Venere), dea dell’amore. Mentre fra gli antichi greci l’uso di cibi stimolanti era notevolmente diffuso durante le feste dionisiache. Gli effetti afrodisiaci del tartufo sono attribuibili alla presenza di una sostanza odorosa, il “landrosterione”, che agisce a livello olfattivo in certi animali e nell’uomo, rallentando la produzione di serotonina e quindi sollecitando una certa serenità e calma dei sensi.

Insomma, un frutto della terra da sempre al centro delle buone tavole. Ma non solo. Con questa Fiera nazionale il Molise cerca di spostare i riflettori sulle proprie peculiarità, una mossa di “marketing” del territorio che può rivelarsi azzeccata.