“Il ritorno alla lira è concepibile in teoria ma ora non è praticabile”
03 Dicembre 2011
L’arrivo del governo di Mario Monti, l’affermarsi di una cultura della tecnocrazia nazionale imposta dall’alto. La crisi dell’architettura europea. La percorribilità di un ritorno alle valute nazionali. L’Occidentale si è fatto due chiacchere con l’on. Giorgio La Malfa, membro del Gruppo misto alla Camera e docente di economia politica.
Sulla possibilità che l’euro ce la faccia, il deputato Repubblicano non si sbilancia: "E’ difficile stabilire se una nave incagliata potrà mai tornare a solcare i mari. Ci sono troppe variabili da valutare adesso per sapere come andrà a finire".
Quanto alla possibilità che la crisi del debito sovrano europeo possa essere risolta dalla Banca centrale europea attraverso l’assunzione pubblica del ruolo di prestatore di ultima istanza, La Malfa non usa mezzi termini: "Se lo chiede a me la Bce deve essere prestatore di ultima istanza ma non deve dirlo. Comunque il problema non è questo. Il problema dell’Europa e dell’euro – di riflesso anche dell’Italia – è la crescita".
Cominciamo dall’Italia. Il nostro paese ha pagato un prezzo significativo in questa fase della crisi dell’euro. Non crede che sia stato un errore aver permesso che il paese fosse messo in mano alla tecnocrazia del governo Monti?
Guardi la mia posizione l’ho resa pubblica tempo fa. L’Italia avrebbe avuto dotarsi di un governo di unità nazionale. Il governo Monti è un succedaneo della scelta compiuta dai due maggiori partiti italiani, il Pdl e il Pd, i quali hanno deciso di non dare vita a un governo di unità nazionale. Adesso è alto il coro di quelli che parlano di esautoramento della democrazia. In verità se Berlusconi non avesse voluto un governo tecnico avrebbe potuto tranquillamente – visto che aveva in mano la maggioranza almeno al Senato – portare il paese alle elezioni. Non lo ha fatto. E’ stata una scelta eminentemente politica. Non c’è da prendersela troppo con Monti. Se i grandi partiti non hanno voluto assumersi le responsabilità di compiere certe scelte, non si può biasimare troppo l’attuale presidente del Consiglio.
Ciò non toglie che l’Italia esca indebolita da tutta la crisi. L’euro vive una fase catartica che si risolverà positivamente oppure non c’è futuro e si tratta ormai di un progetto fallito?
Guardi è impossibile stabilire cosa accadrà nell’euro zona e se il processo di integrazione europea proseguirà o meno. Nel 2000 pubblicai un libro “L’Europa Legata” in cui mettevo in luce che la moneta unica europea non sarebbe arrivata al 2020. Misi in guardia sulle fragilità sistemiche delle fondamenta dell’unione monetaria europea e scrissi che alla prima seria recessione il sistema internazionale avrebbe finito per sparare sull’unica moneta fragile: l’euro. E’ impossibile comunque predire come a questo punto andrà a finire. In un distico del capitolo sul futuro dell’Europa nel libro di cui le ho detto – e che a breve tornerà alle stampe – citai un verso di un poeta austriaco, Peter Handke: “Sulla durata non si può fare affidamento”. Purtroppo così è – ed è stato – per l’euro.
Le criticità del sistema monetario europeo erano tutte là insomma. Eravate in pochi a dirlo all’epoca. Oggi il coro si è fatto decisamente più folto. Che effetto le fa?
Non mi stupisce che oggi emerga una pletora di persone che soltanto ieri difendeva il progetto europeo così com’era e che oggi – e solo oggi! – riconoscono invece che la costruzione dell’euro sia minacciata da falle strutturali. E’ la stessa diversità che intercorre tra un medico che fa una diagnosi a un paziente malato ma in vita, e un medico legale che registra il decesso.
Comunque mi sembra che lei non voglia rispondere alla mia domanda. L’euro è spacciato o no?
Non è possibile dirlo. E’ molto difficile dire se una nave incagliata potrà o meno riprendere il mare in futuro. Dipende dalla gravità del danno, da quanta acqua imbarca e dai costi per un’eventuale riparazione e dalle condizioni esterne per un intervento. Volendo utilizzare un’altra immagine, se le fondamenta dell’edificio monetario europeo sono fragili, si può tentare di irrobustirle con un’iniezione di cemento, ma non è certo che ciò funzioni e che sia risolutivo.
Un ritorno alle valute nazionali potrebbe essere una soluzione all’attuale crisi monetaria europea?
Non è da escludere che se oggi vi fossero ancora le valute nazionali europee, forse molte economie, tra cui quella italiana, si troverebbero in una condizione migliore. Ma è accademia perché nell’euro stiamo. Ora quando si immagina un ritorno alle monete nazionali europee, c’è da far presente un aspetto centrale che si tende a sottovalutare. L’introduzione dell’euro è stato parte di un processo. Otto anni di lavoro, da quando entrò in vigore il trattato di Maastricht, il primo Novembre del 1993, fino al 1 Gennaio del 2002, quando avvenne il changeover. Il problema è che se l’euro collassa, ciò avviene dalla mattina alla sera. Il problema insomma è la transizione. Dunque un ritorno alle valute nazionali non è programmabile. Sono troppe le variabili che possono sfuggire al controllo. Senza contare i costi esorbitanti che dovremmo sopportare.
Dunque un ritorno alla lira è solo fanta-politica?
Astrattamente è concepibile tornare alle valute nazionali, praticamente non è fattibile. L’entrata nell’euro è stata un po’ come l’entrata delle armate tedesche e austro-ungariche in valle Padana. L’uscita dall’euro assomiglierebbe molto al ritorno in patria di un esercito in rotta.
Che ne pensa di tutto il dibattito in corso in Italia e in Europa sul ruolo della Bce come prestatore di ultima istanza?
Intanto la Germania non ci sta, dunque che vuole, già questo… In secondo luogo sono convinto che la Bce possa essere prestatore di ultima istanza ma non lo deve dire. Se la Bce fosse prestatore di ultima istanza, porterebbe al disastro economico. Il problema dell’Europa è comunque un altro: è la crescita. Per fare crescita la Bce deve abbassare i tassi di interesse e accettare una svalutazione dell’euro rispetto alle altre valute. Questo è la chiave di volta. La crescita.