Che vinca Hollande o Sarkò, in Francia nel futuro i partiti conteranno di più
19 Aprile 2012
Siamo ai fuochi finali. La Francia è illuminata da razzi, botti, girandole, scie di stelle e fiori cadenti a spaglio, in mille colori. Da queste botte di luci uscirà il prossimo Presidente della Repubblica. Ma non sarà un esito banale per la Francia e per l’Europa.
Nel Paese transalpino, nonostante il sistema maggioritario, vivono e vivacchiano molti partiti; da destra a sinistra, per schematizzare, il Fronte Nazionale, i monarchici, il Nuovo Centro, i radicali ‘semplici’ di Borloo, i cristiani democratici, la maggioranza presidenziale, i centristi di Bayrou, i verdi, i radicali di sinistra, i socialisti, il Movimento di Chevenement, i comunisti nel Fronte della Sinistra, Lotta Operaia, il Nuovo Partito Anticapitalista e così via. Tutti questi partiti e movimenti si presenteranno alle elezioni legislative che si terranno il 10 e 17 giugno, a seguire le presidenziali (22 aprile e il 6 maggio). Il Senato è già nelle mani dei socialisti, con alcune alleanze non troppo imbarazzanti né politicamente determinanti. Ma il neo Presidente non potrà avere contro la Camera, cioè l’Assemblea Nazionale, che legifera.
Molto probabilmente al ballottaggio andranno il socialista Hollande e l’Ump di Sarkozy; ed essi dovranno per due settimane, tra il primo e il secondo turno, trattare con gli altri per averne benemerenze elettorali. Cosa avranno in mano da offrire? Ministeri con trattative di Governo e posti da deputati nelle legislative.
Al Governo, con maggiore o minore peso, ci saranno alcuni esponenti dei partiti ‘minori’, di destra e sinistra, ad eccezione del Fronte Nazionale e dei gruppetti extra parlamentari di sinistra (diversi e ‘rivoluzionari’). Quindi alcuni accordi, almeno programmatici, diverranno palesi; altri, di poltrone, saranno celati (come sempre). In questo senso Bayrou (centro ed europeista) e Mélenchon (comunisti e sinistra socialista, un po’ visionaria), potranno essere determinanti nel programma e nelle poltrone dei due schieramenti.
Ma il termometro degli accordi sarà più caldo e forse più significativo nelle trattative per i deputati. Nel campo di Hollande, Mélenchon vorrà qualche ministro e qualche obiettivo, anche minore, nel programma; ma vorrà soprattutto deputati, la maggior parte dei quali sarà del vecchio Partito Comunista. I verdi vorranno almeno un ministro (non è escluso che sacrifichino la giudice-fiasco Gro Eva Farseth, in Joly, loro candidata), ma soprattutto almeno 15 deputati. I radicali di sinistra potrebbero avere una ventina di deputati. Anche Chevenement, ex leader della sinistra socialista, vorrebbe cinque seggi. Poi ci sono gli equilibri interni creati innanzitutto da Montebourg (nuova sinistra socialista che strizza l’occhiolino alla vecchia sinistra, quella di Mélenchon, passato alla guida dei comunisti) e poi da tutte le parrocchie e parrocchiette degli elefanti e dei tenori del vecchio Partito Socialista.
Nel campo di Sarkozy, il radicale ‘semplice’ Borloo punta anche a 35 parlamentari. Il Nuovo Centro di Moreau vuole almeno un Ministro e la conferma di 23 deputati. Movimenti minori puntano ad un’altra ventina di ‘onorevoli’ all’italiana (per fortuna là continuano a chiamarsi monsieur, anche dopo eletti).
Secondo un’indagine di Le Monde, su 577 deputati da eleggere, 300 potrebbero andare alla ‘Gauche’ e 277 al centro-destra. Ma come è agevole arguire, le presidenziali tra Hollande e Sarkozy saranno fortemente condizionate dalla frammentazione dei partiti che stanno preparando anche le elezioni legislative. E’ vero che Hollande parte con un notevole vantaggio finale dei pronostici (attorno al 55% delle intenzioni di voto), ma è altrettanto vero che gli indecisi sono tuttora attorno al 50% degli elettori potenziali e che sia al centro che a sinistra, egli dovrà trattare con gente che la pensa diversamente e con obiettivi concreti come punti programmatici, posti di governo e deputati nel territorio.
D’altra parte se Sarkozy, vistosi perso, aprisse a Bayrou dandogli ragione sulle critiche passate (non dimentichiamo che egli è stato una costola dell’ex maggioranza sarkozyana) e su programmi e potere futuri, il quadro per l’esito finale potrebbe cambiare. Non solo; i voti della Le Pen sono stati sempre esclusi dall’Assemblea nazionale, con violenza politica e maggioritaria (il Fronte Nazionale, con almeno il 15 % dei voti, è sempre stato escluso dagli accordi sulle elezioni locali a sistema maggioritario e tuttora non ha deputati); se Sarkò facesse un gesto disperato, anche solo simbolico in quella direzione, potrebbe raccattare voti di unionisti di destra, e il programma della Le Pen, semplice e poco ‘partigiano’ rispetto al passato, ben si presterebbe ad essere negoziato (nonostante prevedibili e catastrofici schiamazzi della Gauche).
Quindi gli accordi sulle legislative vedranno la luce in questi giorni, fino al secondo turno delle presidenziali e probabilmente saranno determinanti per l’elezione del Presidente.
La ‘France Forte’ del Presidente della Repubblica, assomiglia sempre più alla Francia debole della quarta repubblica, quella dei partiti e delle fazioni. De Gaulle travolse la partitocrazia, chiamando i francesi alle grandi scelte nazionali e sottomettendo il centro-destra a ordine e disciplina. Mitterand costruì il cosiddetto “programma della gauche” di Governo, senza voli massimalistici, ma portando nel carniere la resa dei comunisti alla logica del potere borghese (da lì a qualche anno li avrebbe semi-distrutti). Ecco, oggi i candidati presidenti non sono riusciti ad unirsi attorno a idee e progetti semplici e forti, capaci di ridurre la frammentazione dei partiti.
Ed ora? Con le legislative sembra di essere tornati anche in Francia, per vie diverse, al mercatino ortofrutticolo rionale, con le bancherelle della politica politichese. Peccato! A meno che con un salto carpiato con triplo giro capovolto e piroetta finale un candidato presidenziale non riesca a costruire un programma unitario e capace di eliminare bancherelle e ricatti, di fazioni, partitini e partitoni. Ma ne avrà capacità e statura?
L’Europa farà bene a guardare attentamente a queste elezioni francesi; possono essere importanti per il suo futuro, tenuto conto che gran parte del confronto politico in corso, anche all’ortomercato delle legislative, riguarda l’Europa, con proposte e scelte assai traumatiche rispetto alla conservazione dell’esistente.