L’autocritica sulla Libia servirà alla Nato per non ripetere gli stessi errori

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’autocritica sulla Libia servirà alla Nato per non ripetere gli stessi errori

21 Aprile 2012

Si è svolto tra mercoledì 18 e giovedì 19 Aprile a Bruxelles, il vertice di preparazione al summit di Chicago del 20 e 21 Maggio tra i ministri degli Esteri e della Difesa della Nato. L’incontro di Bruxelles si è principalmente incentrato sul ruolo dell’Alleanza atlantica nel teatro afghano, una volta portato a compimento il processo di transizione. Il Segretario Generale Rasmussen ha tenuto a ribadire che la Nato, dopo il 2014, non avrà alcun ruolo di combattimento. A proseguire, invece, sarà la missione d’addestramento delle forze di sicurezza locali.

Rasmussen si è altresì detto fiducioso riguardo la possibilità di una reale e completa transizione entro la data prevista: “La reazione competente e professionale dell’esercito e della polizia afghani all’offensiva di primavera dei talebani contro luoghi simbolo a Kabul e in quattro province – ha dichiarato il Segretario – fa dire alla Nato che le forze afghane possono ormai fare fronte alle sfide della sicurezza. Sono fiducioso che potremo completare la fase di transizione entro il 2014. Nel 2011, inoltre, gli attacchi dei talebani sono calati del 10% rispetto al 2010. Siamo sulla strada giusta  – ha concluso Rasmussen – e stiamo facendo progressi per rendere l’Afghanistan autosufficiente”.

Non solo Afghanistan. Tralasciando per un attimo il ‘pantano’ della Siria, occorre analizzare approfonditamente quanto emerso in un rapporto di 300 pagine, anch’esso in discussione il mese prossimo a Chicago, in merito all’intervento militare dell’Alleanza atlantica in Libia, a seguito dell’emanazione della Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Si tratta di un rapporto ripreso da un articolo de The New York Times del 14 Aprile scorso (‘Nato sees flaws in air campaign against Qaddafi’), a firma Eric Schmitt.

Un’autocritica in piena regola. Errori di valutazione sotto gli occhi di tutti, nonostante l’intervento in terra libica fosse stato definito dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama alla stregua di “un modello”. E’ il rapporto ‘confidenziale’ della Nato ‘Joint Analysis and Lessons Learned Center’, invece, a tracciare un quadro della campagna di Libia diametralmente opposto: difetti di pianificazione, assenza di analisti specializzati, scarsa preparazione e conduzione delle operazioni, alto numero di vittime civili nel corso dei bombardamenti, mancata assistenza ai profughi che tentarono di salvarsi in mare e, infine, l’ eccessivo affidamento dell’Alleanza nei confronti dell’expertise militare statunitense. La totalità delle 7.700 bombe e missili teleguidati, infatti, nonchè la maggior parte degli aerei specializzati che condussero le missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione, furono forniti dall’esercito americano. Prova, se ancora ce ne fosse bisogno, dell’assoluta dipendenza della Nato dagli Stati Uniti.

L’Alleanza ha immediatamente cercato di ovviare a questo genere di critiche, attraverso l’acquisto di un autonomo sistema di sorveglianza aria – terra, propedeutico all’individuazione e al raggiungimento delle forze ostili in teatro di guerra; inoltre, presso l’aeroporto militare siciliano di Sigonella, verrà istituito un nuovo ‘hub’ per gli aerei dedicati allo spionaggio elettronico, inclusi i droni Predator e Global Hawk. Si tratta di un accordo siglato dai ministri della Difesa della Nato e volto a realizzare un nuovo sistema di controllo aereo: il cosiddetto Alliance Ground Surveillance, in grado di fornire sempre e comunque una dettagliata ‘fotografia’ della situazione di terra.

Solo sfiorato, nel rapporto, l’affaire siriano. Tanto per ribadire un concetto più volte enunciato: un’eventuale ‘campagna di Siria’ solleverebbe delle sfide ancor più impegnative di quella libica. Il regime di Bashar al Assad può contare su d’un formidabile e sofisticatissimo sistema aereo di difesa russo, indistruttibile se non dopo alcune settimane di attacchi. Senza contare un’opposizione (quella siriana) molto più frammentata rispetto a quella libica. Gli sforzi degli alleati di coordinarsi con i ribelli sarebbero molto più difficili. Il rapporto, quindi, parrebbe almeno per ora escludere un qualsiasi tipo di intervento armato in Siria. Con buona pace del senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, più volte schieratosi a favore di un’azione della Comunità internazionale tesa ad armare i ribelli.

Per quanto concerne la Libia, invece, vanno ricordate le parole dell’Ammiraglio americano, James G.Stavridis: “La Nato impara sempre le lezioni dalle operazioni che compie. Lo faremo anche per la Libia”. Siamo pronti a credergli e a fidarci. L’Occidente non può permettersi di farsi trovare nuovamente impreparato. Ne andrebbe del suo prestigio e degli assetti geo-politici (e strategici) mondiali.