Alle Maldive è andata in scena una restaurazione con colpo di Stato
11 Febbraio 2012
Dopo settimane di violenze da parte della popolazione e la rivolta delle forze armate, martedì 7 febbraio si è dimesso il presidente delle Maldive Mohamed Nasheed, 44 anni, ex prigioniero politico, fondatore del Partito Democratico maldiviano ed eletto nelle prime elezioni democratiche del Paese avvenute nel 2008.
Si chiudono così anni di speranza per il vastissimo arcipelago (ben 1.200 isole) dell’Oceano Indiano. Una speranza che era condivisa anche dalla comunità internazionale. Nel 2010 il Newsweek aveva incluso il presidente Nasheed tra i dieci migliori leader mondiali (è considerato un “musulmano moderato”) e l’anno precedente il Time Magazine l’aveva collocato tra gli “eroi dell’ambiente”. Storica la seduta parlamentare sott’acqua, con i ministri in abiti da sub, voluta dall’ormai ex presidente maldiviano per attirare l’attenzione mondiale sui cambiamenti climatici che potrebbero portare alla sparizione del suo meraviglioso arcipelago.
Le proteste sono iniziate tre settimane fa con l’arresto del capo della Corte Penale, il giudice Abdulla Mohamed, fermato a metà Gennaio per aver rilasciato un dissidente politico, Mohamed Jameel Ahmed, reo di aver criticato il governo in televisione. Non solo: Mohammed Jameel Ahmed stava “attivamente complottando contro il presidente”, ha spiegato al Sussidiario.net Luca La Bella, responsabile del desk Asia del Ce.S.I. , il Centro Studi Internazionali.
Il giudice Mohamed il quale aveva ordinato il rilascio di Ahmed, è oggi accusato di aver permesso che “le sue decisioni giudiziarie fossero determinate da affiliazioni politiche e personali”. Esercito e polizia sono stati dispiegati contro la popolazione radunata in piazza della Repubblica nella capitale Malè per chiedere la scarcerazione del magistrato, ma la maggioranza dei poliziotti è passata dalla parte dei manifestanti e sono iniziati gli scontri con l’esercito. Da qui la decisione del presidente Nasheed, annunciata alla Television Maldives (TVM), di andarsene per non provocare ulteriore spargimento di sangue. Un colpo di Stato vero e proprio.
Il paese sta precipitando nel caos, tanto che l’ormai ex presidente, sul cui capo pende un mandato di cattura, ha lanciato un accorato appello: “In poche settimane hanno cancellato anni di lavoro per costruire la democrazia. Salvate le Maldive!”. Finora 250 sostenitori del suo partito sono stati arrestati. Non meno preoccupati alcuni sindaci, come quello di Addu, la seconda città più grande dell’arcipelago. Parlando all’agenzia di stampa France Presse, ha affermato che nel paradiso turistico maldiviano “non c’è più legge né ordine. Sono completamente venute meno”.
Tuttavia tra la popolazione non ci sono soltanto oppositori all’ex presidente. Tra l’altro fino a pochi giorni fa egli era in piazza con i suoi sostenitori. Mohamed Shareef, a capo della sezione del Partito Democratico nell’isola di Thinadhoo, ha affermato alla France Presse che circa 1.000 manifestanti pro-Nasheed, ne hanno chiesto con la violenza il ritorno, saccheggiando la stazione di polizia e dando alla fiamme una corte di giustizia e una sede comunale.
Intanto ha già prestato giuramento il nuovo presidente maldiviano, Mohammed Waheed Hassan. Quest’ultimo ha definito “atti terroristici” le proteste di questi giorni e ha accusato l’ex capo di Stato Nasheed di esserne il “mandante”. Il neopresidente Hassan ha promesso d’impegnarsi a combattere “l’anarchia”. Per fare ciò intende creare un “governo d’unità nazionale”, del quale ha già scelto i ministri dell’Interno e della Difesa.
Luca La Bella del Centro Studi Internazionali ha spiegato le sommosse che si sono consumate in questi giorni che sì, il presidente maldiviano Nasheed era stato rimosso da agenti di polizia che sono passati dalla parte della popolazione in rivolta, ma è emerso che coloro che si sono ribellati, sono fedelissimi dell’ex dittatore Maumoon Abdul Gayoom, che ha governato le Maldive per oltre 30 anni e al quale Nasheed si opponeva. Gayoom, ha detto ancora La Bella, “ha evidentemente ancora molti sostenitori all’interno delle istituzioni e delle varie componenti del governo e delle forze armate”. Lo stesso neopresidente Mohammed Waheed Hassan è un “suo uomo” .
Tra l’altro i ribelli che supportano Gayoom, provengono dai “settori più conservatori del Paese”, che è al 90% musulmano, anche se sostanzialmente moderato e tollerante (a questo contribuisce senz’altro il contatto coi turisti e il business del turismo stesso, del quale, oltre alla pesca, vivono i Maldiviani) . Insomma, i ribelli contro Nasheed sono integralisti islamici legati al dittatore che l’ha preceduto.
Il responsabile del settore Asia per il Ce.S.I La Bella ha spiegato che, già prima che si insediasse il presidente appena dimessosi e che ora ha fatto perdere le sue tracce (poiché rischia concretamente di essere arrestato), abbiamo iniziato ad assistere al tentativo degli islamisti di dare alle Maldive un volto più “rigorista” dal punto di vista religioso. C’è riluttanza ad accogliere stranieri non musulmani, viene proibito vendere alcolici e cucinare carne di maiale nei villaggi turistici, i cani non possono entrare perché notoriamente considerati impuri dall’islam e naturalmente si vedono in giro sempre più donne velate.
L’ex presidente Nasheed in un’intervista al quotidiano statunitense International Herald Tribune aveva ammesso, sconcertato e avvilito, che gruppi di fanatici islamici e influenti imam premevano perché le ragazze venissero sottoposte a mutilazioni genitali e rimanessero a casa da scuola: “Eravamo una società matriarcale. La nostra eredità ci è stata trasmessa dalle donne”, aveva dichiarato l’ex capo di Stato. “Numerosi abitanti delle Maldive non sono abituati alla visione della donna veicolata da questa nuova corrente dell’islam radicale …“.
Shadiya Ibrahim, militante femminista di lunga data e membro di un gruppo di lavoro recentemente creato per i diritti delle donne, ha dichiarato che alle Maldive “essere donna è difficile oggi. I sapienti religiosi wahabiti predicano con più convinzione di chiunque altro. Utilizzano la religione come strumento. Nessuno può perorare a favore di un atteggiamento più liberale, più positivo verso le donne. Di giorno in giorno, la vita diventa più difficile per le donne in questo paese”.
Le donne sono escluse dai posti di potere (sono solo 5 le parlamentari sui 77 del totale), escluse dal mercato del lavoro e spesso non possono neppure godere di un’istruzione che vada oltre le scuole elementari. Shadiya Ibrahim ha denunciato che ovunque nelle Maldive viene applicata la flagellazione pubblica delle donne adultere secondo la sharia, la legge islamica. Contro 2-3 uomini flagellati, 140 persone che subiscono questa pena sono donne.
Sono in aumento le violenze sessuali, giustificate dai media con il modo in cui era vestita la vittima o il luogo pericoloso in cui si è recata ecc. Le violenze domestiche sono frequenti. Un’indagine nazionale svolta nel 2007 ha stabilito che una donna su tre è stata vittima d’abuso sessuale o fisico. Aneesa Ahmed, presidente del gruppo “Speranza per le donne”, ha fatto sapere che esiste un progetto di legge contro la violenza domestica, ma giace nel Parlamento maldiviano da oltre 14 mesi.
La mentalità generale degli uomini nell’arcipelago è la ben nota: le donne devono stare a casa a fare e curare i figli. Infine Luca La Bella del Centro Studi Internazionali ha spiegato che “le Maldive stanno diventando un centro abbastanza importante di radicalizzazione islamica, e si parla anche di una presenza minima, ma alquanto stabile, di gruppi salafiti”. A conferma di quanto detto, è giunta la notizia che nell’ottobre 2011 un insegnante indiano cattolico di 30 anni, Shijo Kokkattu, trovato in possesso di una Bibbia e di un rosario, è stato arrestato.
Nel paradiso delle Maldive neanche un cristiano può sentirsi al sicuro: qui infatti l’islam è religione di Stato, non c’è libertà di culto ed è noto che l’apostasia dall’islam può essere punita con la morte. La cosiddetta “primavera araba”, che ha portato i Fratelli musulmani e i salafiti al potere in Paesi come la Tunisia, l’Egitto, la Libia e il Marocco (che ora ha un primo ministro estremista), sta mettendo radici anche alle Maldive (che arabe non sono).