Buona l’idea di un “fondo” dove trattenere le risorse non ancora spese
13 Febbraio 2012
La proposta del presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, sulla istituzione di un "fondo di garanzia" alimentato dalle risorse europee assegnate all’Italia e non ancora spese, per sostenere le aree in difficoltà del paese, è estremamente opportuna. Essa offre al Presidente Monti una possibilità per scongiurare l’ennesimo tentativo di sottrarre fondi all’Italia, non solo al Mezzogiorno. Anche per i "Nordisti" tale ipotesi potrebbe essere salvifica, se solo mettessero da parte la consueta diffidenza.
Durante il consiglio informale del 30 gennaio, il presidente della commissione europea Barroso ha aperto alla possibilità di una riprogrammazione della spesa da parte di stati membri e regioni con riferimento a 82 miliardi di euro di fondi strutturali non ancora spesi, pari a circa un terzo del periodo di programmazione 2007/13. Circa 15 miliardi sono riferibili alla nostra quota di programmazione.
Il problema è che "Fondi non spesi" non significa risorse non impegnate o non programmate. Gli 82 miliardi di euro sono in realtà risorse non ancora investite su specifici progetti, per lo più in quanto le procedure per l’assegnazione sono complesse e si sviluppano per fasi che spesso si concludono solo alla fine del periodo di programmazione. In Italia, inoltre, parte di queste risorse è rappresentata da somme non spese per non sforare il patto di stabilità interno ovvero sospese in conseguenza di verifiche di regolarità nella gestione di esse, come nel caso della Sicilia o della Sardegna. Non è corretto, dunque, considerarle alla stregua di risorse non utilizzate da girare su altre finalità, come pretenderebbe il Commissario Europeo al Bilancio Lewandowski, il quale annuncia l’intenzione di usare il tesoretto di fondi non spesi per coprire il buco di bilancio che già oggi ammonta a circa 11 miliardi di euro. Questa ipotesi rappresenterebbe una perdita secca per il nostro paese.
Quella di Caldoro, dunque, riprendendo la proposta Barroso, aiuta a stoppare sul nascere la via Lewandowski. La ipotizzata riprogrammazione potrebbe essere un passaggio positivo, sempre che essa venga affidata agli stessi stati membri o alle regioni cui erano assegnati i fondi e che non si discosti dagli obiettivi prioritari della politica di coesione: crescita e occupazione.
Oggi, tra l’altro, alla luce della positiva esperienza del 2008, si è posta mano alla revisione delle regole di spesa dei fondi strutturali per promuoverne l’assorbimento e per adattare alcune misure alla difficile contingenza finanziaria. Mentre nel 2008 si prestò maggiore attenzione a misure di semplificazione e trasparenza, nel 2011 l’intervento ha puntato alla modifica del tasso di cofinanziamento per i paesi in procedura di assistenza e a nuove regole per la partecipazione al rischio della Banca Europea per gli Investimenti, allo scopo di supportare il capitale privato impegnato nella realizzazione di progetti di promozione della politica di coesione, guardando anche alla necessita di migliorare gli attuali strumenti finanziari come Jessica o Jeremie, con l’introduzione di garanzie e di venture capital.
A puntare su tale percorso è anche la Commissione Regionale del Parlamento Europeo, che con una interrogazione urgente alla Commssione Europea in discussione a Strasburgo questa settimana, insiste perché non si distolgano i fondi strutturali dalla loro destinazione, ma che essi con l’aiuto delle modifiche di cui ho detto, rimangano nella disponibilità degli stati membri e non vengano distratti per coprire il buco di bilancio.
*Europarlamentare PPE-PDL