Nelle nostre radici c’è la soluzione per uscire dalla crisi e tornare a crescere
24 Aprile 2012
A qualche giorno dall’incontro su crisi e bene comune che si è tenuto presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bari, forse è opportuno riannodare il filo della discussione e tracciare alcuni punti fermi emersi dal dibattito, a cui hanno partecipato il presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzolini, il presidente dello Ior (Istituto per le Opere di religione, ndr) Ettore Gotti Tedeschi, l’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, e il consigliere comunale Pdl Filippo Melchiorre.
Un incontro che ha messo insieme due temi antitetici – da una parte, la crisi economica, politica e sociale che il nostro paese con tutta l’Europa sta attraversando, dall’altra il bene comune inteso come benessere della collettività frutto della sintesi tra i diversi interessi individuali – cercando in qualche modo di conciliarli e, soprattutto, di far emergere delle risposte concrete al senso di smarrimento diffuso oggi tra i cittadini.
Ciò che è venuto fuori dal dibattito e su cui forse è utile avviare una riflessione è soprattutto la centralità di certe dinamiche sociali all’interno del contesto di crisi, in primis il lassismo e il pessimismo spesso generati dalle risposte politico-finanziarie, non sempre esaustive, fornite alle istanze provenienti del paese reale: atteggiamenti che anziché catalizzare una risposta positiva rendono più grave e profonda la frattura all’interno della società, dando origine a pericolosi fenomeni di anti-politica. Nell’ottica di una ripartenza economica bisogna rimettere mano, poi, al concetto di produttività, a partire dagli investimenti sulla famiglia quale prima formazione sociale a cui la Costituzione affida lo sviluppo dell’uomo e che costituisce la trama principale del nostro tessuto socio-economico, visto che in Italia è modello di impresa, di quella piccola e media impresa che fa del risparmio presente l’investimento futuro e che rappresenta una fonte di ricchezza stanziata, radicata, ciclica. Ragioni per le quali Gotti Tedeschi ha proposto di ricapitalizzare proprio la piccola e media impresa per fuggire al fenomeno della delocalizzazione delle imprese che tanto incide sulla mancanza di liquidità e di occupazione.
La famiglia si rivela anche lo strumento centrale nell’analisi dell’espressione “bene comune”, quale modello che si contrappone all’individualismo esasperato con il quale viene mistificata e alterata la dimensione stessa della libertà di ciascuno; si tratta di un nucleo indispensabile, d’altra parte, perché è a partire da essa che si può rimettere in moto la crescita demografica da decenni interrotta in Italia e, più in generale, in Europa.
Tali concetti e interrogativi economici non sono sganciati dalla persona umana, su cui si regge l’economia occidentale e la cui concezione è frutto della commistione tra radici giudaico-cristiane, pensiero illuminista, positivismo, costituzionalismo e diretta derivazione del riconoscimento internazionale dei diritti dell’uomo; e proprio questa visione antropocentrica deve essere rinvigorita per contrastare l’avanzata nichilista, la distorsione del rapporto fine-mezzo che serve ad orientare la tecnica, ma che vede adesso la presa di autonomia morale di mezzi quali la medicina, l’economia, che si proclamano entità autonome prendendo il più delle volte decisioni svincolate da precisi valori di riferimento. La distorsione di questo rapporto ha tradito il progresso, inteso come raggiungimento di un accrescimento non solo materiale, ma anche spirituale e intellettuale, rendendoci tutti più poveri nel possesso, nella fede e nel pensiero.
Ecco, dunque, che l’importanza della politica in questo momento di svolta epocale del modo di intendere l’Occidente risiede proprio nella riscoperta dei valori fondanti, che rappresentano il filo con cui riannodare i due concetti antitetici di crisi e bene comune. Solo così si può arrivare alla realizzazione concreta dell’interesse collettivo superando l’attuale fase di stallo. Recuperando i principi non negoziabili che sono alla base del nostro agire individuale e sociale non si fa soltanto cultura, ma si pongono anche le basi di una politica per lo sviluppo. Che è esattamente ciò di cui il nostro paese, come del resto tutta l’Europa, ha bisogno per uscire dalla crisi e inaugurare una nuova stagione.