A Bari borghesia e politica devono riscoprire il senso del proprio ruolo
05 Aprile 2012
Bari in questi ultimi tempi è basita, umiliata, nuovamente al centro delle cronache per una serie di scandali, di natura differente, in cui la politica entra come protagonista e ne esce davvero con le ossa rotte. Il ritratto è quello di una città decadente, ripiegata su se stessa. Di una borghesia che ha rinunciato al suo ruolo trainante ed ha paura persino di uscire di casa la sera, di fare una telefonata.
Si è partiti dalla parentopoli al Petruzzelli, poi si è scoperto che la maggiore impresa edile della città, che aveva legato a doppio filo le sue sorti con quelle del sindaco, oltre a fare generosissimi omaggi ittici al primo cittadino, è invischiata in numerose inchieste della Procura della Repubblica (praticamente una per ogni opera importante realizzata), di cui almeno una (quella per i parcheggi di piazza Giulio Cesare), con accuse pesantissime e coinvolgimenti dell’amministrazione cittadina. Si è scoperto che anche nella Provincia amministrata dal centrosinistra le cose non andavano benissimo, con un imprenditore che riusciva a vendere i propri crediti nei confronti dell’ente più volte. Per ultimo, lo scandalo del calcio scommesse. Una squadra di venduti, i capi ultras che minacciavano i giocatori per perdere, una società inesistente. L’autogol su commissione nel derby.
L’elaborazione culturale di questa città rinchiusa nelle università, in qualche club più o meno esclusivo. L’assoluta incapacità di incidere nella vita reale. L’assoluta incapacità di reagire a questo clima asfissiante e decadente di inizio millennio. Quali le cause? Come fare per uscirne e tornare protagonisti? A mio modesto avviso, ma non vuol essere una soluzione, piuttosto una proposta per aprire un dibattito, si tratta di almeno un duplice fattore. Da un lato, la borghesia (professionisti, commercianti, piccoli imprenditori) si è progressivamente impoverita, diventando più facilmente permeabile a certe suggestioni, pur di mantenere “stili di vita” ormai fuori mercato. Dall’altro, la politica è diventata molto più costosa, gestita in modo industriale, inavvicinabile dal bonus pater familias, che non dispone di risorse per misurarsi con pesi massimi. I quali, evidentemente, entrano in politica per difendere ben determinati interessi. In tutto ciò, il ruolo di quelli che avrebbero dovuto fare da filtro, sponsorizzando le persone capaci ma senza mezzi e tenendo lontano chi non agiva per il miglioramento sociale ma solo per quello personale (o di ben precise lobby), è venuto meno. I partiti, nonostante i ricchissimi finanziamenti di cui godono, hanno rinunziato al loro ruolo (a tutti i livelli). E d’altra parte, Bari è l’emblema della totale inesistenza dei partiti sul territorio. I due massimi esponenti politici hanno, da un lato, un partito “cucito addosso” (SEL), dall’altro un ruolo del tutto autonomo rispetto al partito di riferimento (PD), spesso in contrasto se non in conflitto con la direzione nazionale. I due soggetti in questione, fanno liste, giunte, nomine, senza mai dar conto a nessuno. Rispondono a logiche completamente sganciate dai propri partiti. Nelle quali, fatalmente, entrano interessi differenti. Qualcuno potrebbe dire che tale incapacità di incidere dei partiti è dovuta al tramonto delle ideologie, alla personalizzazione dello scontro. In parte, probabilmente, è vero. Ma il borghese che in passato entrava in politica, lo faceva forte di una sua indipendenza di pensiero e di azione determinata, a sua volta, dalla consapevolezza di non avere bisogno della politica ma di voler fare qualcosa per la propria comunità. Tale consapevolezza, adesso, non c’è più. Per arroganza, per ingordigia, per cupidigia, o per semplice necessità.
Come fare per uscirne? Se queste sono le cause, venirne fuori sarà impresa molto dura. Temo che i richiami che si susseguono alla dignità della città e al coraggio della borghesia servano a poco. Soprattutto se si pensa che alle prossime elezioni regionali il numero dei consiglieri sarà di gran lunga inferiore, con conseguente assorbimento di maggiori risorse per le campagne elettorali di ciascuno.
Servirebbe molta più trasparenza nel rapporto tra eletti ed elettori, regole chiare sui conflitti d’interesse, un’economia che riprendesse a correre. Perché, alla fine, tutto dipende da lì: non c’è liquidità, ed allora la gente si industria per andare avanti. I centri di spesa vengono presi d’assalto. L’interesse dei grandi imprenditori per la politica determina la loro stessa sopravvivenza. C’è qualche sussulto a livello di associazionismo cittadino. E’ già una nota positiva. Ma riuscirà ad incidere davvero nelle prossime partite politiche? La speranza di resurrezione di una città che sta attraversando un momento terribile è affidata alla forza delle sue genti migliori e all’aiuto di politici nazionali che hanno lasciato troppo a se stesso questo territorio. Una volta, il Presidente del Consiglio veniva ad aprire la fiera. I segretari nazionali passavano spesso a Bari e in Puglia. Non basta. La città e l’Italia possono sopravvivere a tutto questo solo se si resta uniti contro la tempesta.