Il Cav. ricuce con Monti, bacchetta gli scontenti e punta alla federazione dei moderati

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Il Cav. ricuce con Monti, bacchetta gli scontenti e punta alla federazione dei moderati

16 Maggio 2012

Colazione con Monti, dopocena col partito. Berlusconi non vuole strappi, né col governo né dentro il partito. Ne ha per entrambi, mentre pare sempre più convinto del progetto-moderati, attraverso una federazione che potrebbe muovere i primi passi subito dopo i ballottaggi.

Tre ore a Palazzo Chigi con Alfano e Gianni Letta per rassicurare il premier sul sostegno del suo partito ma non senza accenti critici sulla linea rigorista del governo. Un mese dopo il forfait all’incontro già calendarizzato per non prestare il fianco alle strumentalizzazioni su Giustizia e Rai (temi sui quali si stava avvitando il dibattito politico), Berlusconi vede Monti ristabilendo un filo che nelle ultime settimane si era allentato e per opera di entrambi, con botta e risposta a distanza come l’uscita del premier sulla responsabilità della crisi e i continui messaggi pidiellini sulla necessità di un cambio di passo, pena il voto contrario su alcuni provvedimenti non condivisi.

Il Cav. non ha dato ascolto a La Russa secondo il quale dialogare con Monti a tre giorni dai ballottaggi è un errore. E proprio con l’ala oltranzista aennina discute nel vertice serale a Palazzo Grazioli esortando a non tirare troppo la corda: non è il momento, non gioverebbe al Pdl e soprattutto sarebbe un atto irresponsabile verso il paese in un quadro europeo ancora incerto e complesso, come le ultime notizie dalla Grecia dimostrano. Perché – è stata la ‘reprimenda’ del Prof. al Cav. – l’Italia è ancora sotto osservazione e non è uscita, come pure gli altri paesi dell’Eurozona, dalla ‘fase uno’ della crisi. Acuire lo scontro politico, specie da parte del primo partito di maggioranza in parlamento, significa indebolire l’azione del governo in una fase in cui, invece, serve unità e compattezza per far valere le ragioni del nuovo corso che l’Europa – Germania in testa – deve seguire: rigore sì, ma ora serve la crescita. Il Cav. non è stato solo a sentire e nell’inner circle berlusconiano si racconta di un confronto molto franco con Monti, al quale l’ex premier non ha lesinato critiche e disappunto su alcuni provvedimenti troppo sbilanciati sul rigore e molto poco sulla crescita.

Berlusconi sa bene che nel partito cresce la fronda anti-montiana e certamente non deve aver gradito il segnale che a Monti ma pure a lui hanno mandato alcuni deputati pidiellini che ieri alla Camera non hanno votato o si sono astenuti sulla fiducia posta dal governo al dl sulle commissioni bancarie. Sei no, tredici astenuti. Tra i contrati Crosetto e la Mussolini, mentre a scegliere l’opzione astensione sono stati buona parte dei membri della commissione Giustizia (dopo la bagarre di martedì sul testo del falso in bilancio e le polemiche sul dossier corruzione). Per il resto: 35 deputati Pdl non erano in Aula (compresi sei in missione). Tra no, astensioni e assenti,  per il governo si è trattato del secondo risultato più basso (447 voti a favore) dopo i 420 sì ottenuti a febbraio sul decreto svuota-carceri.

E il fatto che poche ore dopo Berluscni abbia convocato lo stato maggiore del partito fa comprendere come in questa fase, l’intenzione è riportare tutti al senso di responsabilità. In altre parole, a più miti posizioni. Ora non possiamo permetterci una crisi di governo, è il ragionamento del Cav., che vuole limitare al massimo l’effetto-maldipancia, compresa l’idea che circola nei corridoi del Transatlantico secondo la quale proprio gli ex An starebbero valutando iniziative per marcare la differenza dalla linea del partito: e c’è addirittura chi non esclude l’eventualità di gruppi parlamentari autonomi.

A ben guardare, la mossa dei colonnelli aennini che in questi giorni hanno alzato l’asticella dell’insofferenza nei confronti del governo (La Russa ma anche Gasparri e Matteoli)  pare più un modo per far ‘pesare’ il proprio ruolo e rivendicare spazio dentro un partito che, si teme, possa diventare una sorta di Fi allargata. Malumori che si estendono al progetto della casa comune dei moderati e alla possibile intesa con Casini e magari gradualmente anche con i finiani, i rutelliani e a sinistra con pezzi degli ex margheriti. Il punto di fondo è che gli ex An temono di perdere posizioni e dunque spazi all’interno di un contenitore dove confluirebbero altre forze, altri leader, altri desiderata.

Berlusconi e Alfano tengono dritta la barra e continuano a lavorare al centro. L’obiettivo resta la federazione dei moderati, opzione che secondo alcuni pidiellini potrebbe muovere i primi passi già dopo i ballottaggi, anche perché – è il ragionamento del Cav. – dopo la performance deludente del terzo polo alle amministrative è questo il momento giusto per verificare la reale volontà di tutti quelli che, a parole, dicono di volere la stessa cosa. Vale soprattutto per Casini che, però, continua a porre la pregiudiziale centrista: va tutto bene purchè la regia non stia nelle mani di Berlusconi.

Ci sono però altri movimenti da monitorare e sono quelli dei futuristi, rimasti spiazzati dal tweet con cui il leader dell’Udc ha sciolto il terzo polo preferendo quello della Nazione (non si è ancora capito se ancora con Rutelli e Fini). Ieri nel quartier generale futurista è passato un documento ‘emendato’ nella sua parte sostanziale: Fli si scioglie o no? In un primo momento questa ipotesi era stata esclusa, poi il dietrofront che ha fatto infuriare i pasdaran alla Briguglio ed esultare le ‘colombe’ (Della Vedova solo per fare un nome). Si dice che la mossa sarebbe stata ispirata da Fini e non sarebbe casuale: il silenzio del capo di Fli, nonostante le sollecitazioni di molti dei suoi contrari all’idea della federazione a mettersi alla testa del movimento e tornare a fare il leader politico anziché restare sullo scranno più alto di Montecitorio, forse fa intuire che stia lavorando ad un altro progetto, meno futurista e più moderato.

E si dice anche che la luna di miele tra Bocchino e Fini sarebbe ormai agli sgoccioli: col primo che pur di non aderire a una federazione col Pdl guarderebbe con un certo interesse all’area della sinistra e il secondo più convinto che il futuro dei futuristi sia in un nuovo centrodestra.