Bari capitale europea della cultura? Voltando pagina, è possibile
17 Maggio 2012
di Mary Sellani
E’ ormai a tutti evidente che Bari, da almeno un decennio, è una città spenta, ripiegata su se stessa, sfiduciata, disincantata. Certo, siamo in piena recessione economica, c’è la disoccupazione giovanile, l’oppressione fiscale, le mancate riforme liberali, ma c’è anche una certa eclissi della borghesia, ovvero quel ceto mercantile e imprenditoriale intraprendente, solido, illuminato, che soprattutto nella prima metà del secolo scorso aveva fatto di Bari una città moderna, proiettata verso il futuro, ricca di intelligenze vivaci e pragmatiche. Quello di oggi, al contrario, è un ceto medio per lo più egoista, appiattito sul presente e che pare pensare solo ed esclusivamente ai propri interessi.
Una tale involuzione della città ha causato una perdita sia in termini di identità che di potenzialità, di per sé straordinarie. Collegato a questo stato di cose, è anche il degrado culturale che stride con l’immagine di Bari capoluogo, di città a vocazione metropolitana. Certo, anche per quanto riguarda il settore della cultura e dello spettacolo, bisogna partire da un dato oggettivo: si è inaridito il flusso di denaro pubblico che per decenni si era riversato su musei e teatri, fondazioni e convegni, festival e associazioni, dopo che al Comune di Bari e alla Regione Puglia si è asistito in questi anni ad eccessi e sprechi di ogni tipo, come è stato spesso denunciato. Il che rende necessario, ora, tagliare gli interventi dall’alto per ridistribuirli secondo nuovi criteri.
Bisogna abbandonare, in sostanza, la politica delle sovvenzioni a pioggia e affidarsi a metodi più rigorosi, anche per poter attingere ai fondi europei destinati a progetti culturali di alto livello. Dunque, più qualità meno quantità. Per consentire allo Stato di concentrarsi sulla tutela del patrimonio artistico e storico, che va considerato non come un salvadanaio da svuotare, ma come un giacimento etico e civile; non come un archivio di idee senza tempo, ma come una "materia" che si trasforma continuamente. I monumenti, i musei, il paesaggio, appartengono a tutti, ed è dovere di chi governa conservarli e valorizzarli, aprendosi all’aiuto da parte dei privati con agevolazioni fiscali e altre strategie di sviluppo. Del resto, come sostiene il professor Pier Luigi Sacco, il sistema della produzione culturale è oggi tra i comparti più grandi e redditizi del terziario avanzato, con un fatturato pari al doppio di quello delle aziende automobilistiche. Insomma, il teatro, l’arte d’avanguardia, il cinema, possono essere un efficace strumento per il rilancio di una città.
Un capitolo a parte in questo discorso merita il caso del teatro Petruzzelli, piombato in una spaventosa crisi, tale da richiedere l’intervento di un commissario straordinario, Carlo Fuortes, che proprio oggi nella sua relazione sui conti dell’ente lirico ha parlato di bilancio di "mantenimento" e che per veder risanate realmente le casse bisognerà aspettare almeno un anno. Com’è noto, il Petruzzelli è giunto sull’orlo della bancarotta perché è stato gestito più secondo una logica di consenso e di potere che secondo criteri economici. Ora il Petruzzelli, svanita una certa illusione, ha bisogno di crearsi un futuro, non può più essere “terra di arrembaggio”, per i politici ma anche per i musicisti. Il commissario, espulsi i famigerati mercanti dal tempio, sta proseguendo nel difficile compito di risanare il deficit con una razionale politica della spesa. Insomma, niente più sogni di gloria. Anche se il Petruzzelli ha avuto, questo sì, un passato glorioso. In quel passato non beneficiava degli attuali fiumi di denaro pubblico, eppure era un esemplare “teatro di tradizione” che riusciva anche a sorprendere per il dinamismo della sua progettualità. Non l’ha capito, probabilmente in preda al clientelismo, il CdA che ha caratterizzato l’attività della Fondazione, con l’assenza di una seria politica culturale che invece il Petruzzelli, nella sua specificità, avrebbe dovuto avere. Fin dai suoi primi passi, a questa Fondazione è mancata totalmente un’anima culturale che la motivasse in modo originale e nuovo. Perché tale era stata concepita dai nostri enti locali, come un nuovo progetto di rilancio della città e della regione.
Anche in considerazione della candidatura di Bari a capitale europea della cultura nel 2019, sono tante le proposte che si potrebbero mettere sul piatto per inaugurare una nuova stagione di rilancio della città: ad esempio, un’opera lirica da offrire ai cittadini baresi che restituisca la memoria storica del teatro stesso. La musica e il testo di tale spettacolo (pubblicato e rappresentato nel 1995 in forma di prosa al Kursaal Santalucia per la regia di Armando Pugliese e la direzione artistica di Gigi Proietti) sono di autori baresi già noti al grande pubblico. Nel testo si esalta l’amore per la musica, l’inventiva e la lungimiranza della borghesia barese dell’inizio del Novecento nella rievocazione dei due commercianti di tessuti, Onofrio e Antonio Petruzzelli, che costruirono il politeama con uno impronta europe. Oppure, si potrebbe pensare di preparare, per il 25 aprile 2013 in occasione del bicentenario (1813-2013) della posa della prima pietra del borgo nuovo della città di Bari da parte di Gioacchino Murat, detto “re di teatro”, un grande spettacolo a cielo aperto. O ancora, istituire a Bari un teatro stabile inteso come “servizio pubblico”, seguendo la definizione che ne diede Paolo Grassi, fondatore del Piccolo Teatro di Milano insieme a Giorgio Streheler. Un teatro stabile con uno Statuto concepito su basi nuove, intendendo il termine “stabile” in senso dinamico, né burocratico né museale, ma leggero e creativo, in quanto capace di programmare sia le opere classiche che le novità, tenendo conto della specifica valorizzazione del repertorio drammaturgico pugliese e della ricerca delle tradizioni teatrali locali per la difesa dell’identità culturale della regione. Sretta deovrebbe essere anche la collaborazione con il teatro Pubblico Pugliese, con il suo circuito distributivo di oltre 50 teatri disseminati sul territorio regionale.
Insomma, sono tante le idee che potrebbero contribuire al rilancio di una città che purtroppo, oggi, è più nota per gli scandali che per le sue bellezze culturali e le sue potenzialità artistiche. Terra d’incontro di culture diverse, Bari ha tutte le carte in tavola per tornare ai vecchi splendori e per dare di sé un’immagine diversa da quella che recentemente, purtroppo, è filtrata. E non è solo una questione di estetica: è anche e soprattutto una questione politica ed economica.